Giovanni Paolo II. Luci e ombre di un Papa nell’anniversario della morte
In questi giorni ricorre l’anniversario della morte di un uomo, papa Giovanni Paolo II, che in vita venne considerato da molti un grande della fede e un ‘innovatore’ nelle dinamiche della Chiesa cattolica.
Beatificato a tempo di record, è in procinto di essere proclamato santo, bruciando le tappe come mai era successo per altri nella storia della Chiesa.
Ce lo possiamo chiedere soprattutto in riferimento alle recenti critiche che l’attuale papa sta subendo da parte della stampa internazionale. La sensazione è che si stia compiendo una campagna mediatica distorcente. Giovanni Paolo II è il santo, l’uomo buono, nessuno osa toccarlo, mentre Ratzinger non piace altrettanto nemmeno tra i cattolici praticanti, tanto da essere attaccabile dai media in un modo quasi dissacrante.
Wojtyla a ben vedere fu un grande accentratore, mise nei posti chiave e nelle diocesi persone che ritenne essere buoni ‘politici’ e fedeli esecutori, Martini fu uno dei pochi che resistette alle ‘epurazioni’, di cui certo non si parlò granché sui giornali e Ratzinger era appunto la sua coscienza, l’alter-ego che suggeriva certe modalità.
Wojtyla, da bravo comunicatore, mostrò di sé l’uomo buono, aperto al dialogo con le altre religioni (ma per esempio non accettò mai di far parte del Consiglio Ecumenico delle Chiese, perché le altre chiese e religioni restano ‘fuori’ dalla piena salvezza, come dichiara la DOMINUS JESUS) e nella sua fase di declino anche fisico, quella croce (bastone pastorale) che strinse sempre tra le mani e alla quale si appoggiava per camminare nei momenti ufficiali, fu uno strumento di promozione della sua immagine formidabile. La commozione di tutti nel vederlo, anche in quell’ultimo tentativo di saluto dalla sua finestra in piazza S. Pietro, ne è un segno evidente. Il mondo si fermò per essere col papa.
E’ indiscutibile la sua fede autentica, fu certamente un testimone profondo e un maestro di abnegazione. Ma la sua visione della Chiesa fece indietreggiare le dinamiche curiali e la dimensione di apertura verso la modernità di cui un’ecclesia a parole ‘universale’ aveva ed ha bisogno.
Se ci interroghiamo poi sull’ambito della morale e della considerazione verso le scelte diverse sessuali le dichiarazioni di Wojtyla furono ad esempio (angelus 9 luglio 2000): «A nome della Chiesa di Roma non posso non esprimere amarezza per l’affronto recato al Grande Giubileo dell’anno duemila (a proposito del Gay-Pride tenutosi il giorno prima) e per l’offesa ai valori cristiani di una città che è tanto cara al cuore dei cattolici di tutto il mondo.
La Chiesa non può tacere la verità, perché verrebbe meno alla fedeltà verso Dio Creatore e non aiuterebbe a discernere ciò che è bene da ciò che è male. Nel merito del giudizio morale che la Chiesa cattolica dà della pratica omosessuale, vorrei limitarmi a leggere quanto dice il catechismo della Chiesa cattolica, il quale, dopo aver rilevato che gli atti di omosessualità sono contrari alla legge naturale, così si esprime: “Un numero non trascurabile di uomini e donne presenta tendenze omosessuali, profondamente radicate”.
Questa inclinazione oggettivamente disordinata costituisce per la maggior parte di loro, una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione, nella castità».
Nel frattempo, gennaio 2003, ordinò la sospensione di un personaggio come don Franco Barbero, per aver dichiarato che “l’omosessualità è un dono, al pari dell’eterosessualità”.
Giovanni Paolo II ha inoltre approvato il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede “Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali”, che opera una distinzione fra tendenza omosessuale e atti omosessuali.
La tendenza o inclinazione omosessuale, finché non si manifesta in atti, non è in sé peccato, anche se rimane un’inclinazione verso un comportamento intrinsecamente disordinato.
La tendenza omosessuale è una tendenza ad agire in modo disordinato rispetto alle finalità del proprio corpo: si tratta di un disordine evidente fra il pensiero e la realtà e tradurre la tendenza omosessuale in atto omosessuale significa aggravare questa situazione di disordine.
L’atto omosessuale, d’altra parte, è un atto contro natura e pertanto immorale, ed ogni attività immorale, impedisce la propria realizzazione e felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio.
Non vuole questo essere un insulto alla memoria del grande pontefice che traghettò la Chiesa cattolica tra i due millenni, ma piuttosto la ricerca di una verità più profonda che vada al di là dei facili sentimentalismi e non resti imprigionata nei giochi mediatici.
Ai posteri, come sempre, l’ardua sentenza, a noi il dovere di approfondire col senso profondo della fede, oltre le idolatrie.