Il cinema gay in Italia negli anni ottanta: il ‘riflusso’
Scheda di Luciano Ragusa con cui ha parlato al Guado di Milano sull’immagine che il cinema italiano degli anni ottanta dava delle persone LGBT il 10 Aprile del 2016
Se gli anni settanta sono stati contrassegnati da un forte tentativo collettivo di sovvertire, più o meno lecitamente, ogni ordine costituito, il decennio successivo, si presenta immediatamente con una identità e uno spirito smaccatamente diversi: nel 1980 viene pubblicato un libro intitolato Tramonto dell’ideologia, del filosofo dal passato comunista Lucio Colletti che, fin dal titolo, propone la tesi del fallimento del marxismo leninismo e apre la strada a uno scenario in cui non si fa più riferimento alla lotta di classe, ma alle aspirazioni degli individui singoli, slegati da ideologie politiche particolari.
Un evento che viene spesso citato per dare un’immagine plastica del cambiamento è la “marcia dei quarantamila”, formata in prevalenza da quadri e dirigenti FIAT, che il 14 Ottobre del 1980 sfilarono per Torino in segno di protesta contro i picchetti sindacali che, da trentacinque giorni, impedivano loro di entrare in fabbrica. La manifestazione spinse il sindacato a chiudere la vertenza con un accordo favorevole alla FIAT.
Il cambiamento, storiograficamente connotato come ‘riflusso’, rappresentava non solo un allontanamento degli italiani dalla politica, ma il rifiuto di considerare la politica stessa come perno attorno al quale far ruotare il resto della propria esistenza. Se nel decennio precedente lo slogan era: «il privato è politico», negli anni ottanta la voglia di estrapolare il proprio vissuto, il proprio tempo libero e di viverlo senza preoccuparsi di quello che ci sta intorno diventa la nuova tendenza.
Inoltre, come dimostra la marcia dei quarantamila, si rompe definitivamente quel legame, che sembrava indissolubile, tra il lavoro e il sindacato, che, non a caso, dopo quell’evento, ha patito un ridimensionamento del proprio ruolo nella dialettica tra politica e mondo del lavoro. Del resto una nuova classe sociale stava maturando consapevolezza della propria forza: i salariati e gli autonomi del ceto medio i cui interessi non coincidevano con quelli di chi lavorava in catena di montaggio.
Gli anni ottanta, si caratterizzano dunque per una forte spinta individualistica che coinvolgerà tutta la società italiana, compresi il mondo della politica, dell’economia, dell’industria: il nuovo modello è il self made man, l’uomo che dal nulla riesce a creare un impero, oppure colui che. per capacità decisionale, si assume la responsabilità di dipanare situazioni precarie.
Un nome che aderisce perfettamente a questo nuovo modello antropologico è quello di Bettino Craxi, segretario del Partito Socialista Italiano nonché Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987. Lui, più di chiunque altro, sembrava essere l’uomo politico in grado di traghettare l’Italia verso un nuovo boom economico: il taglio della “scala mobile” (che metteva i salari al riparo dall’inflazione, indicizzandoli in maniera automatica all’aumento del costo della vita) portò, durante il suo mandato, al dimezzamento dell’inflazione, anche se lo strappo definitivo la CGIL (il sindacato di sinistra) e con il Partito Comunista che dei Socialisti avrebbe dovuto essere l’alleato naturale.
Un altra figura che incarna perfettamente il nuovo modello antropologico a cui si fa riferimento negli anni novanta è Silvio Berlusconi, la cui scalata alle TV locali gli consentirà (grazie anche all’appoggio di Craxi) di costruire una catena di network che sarebbe diventata l’unico competitor diretto della televisione di stato.
A questi due personaggio principali vanno aggiunti anche uomini come Cesare Romiti, e Carlo De Benedetti: il primo, amministratore delegato della Fiat che incarna in Italia quella figura di manager di successo che proveniva dagli Stati Uniti; il secondo l’imprenditore che ha fatto della sua posizione in Olivetti il trampolino per portare avanti molteplici iniziative in diversi settori di business.
Il nuovo modo di essere non tardò a divenire una questione estetica, dal quale uscì vincitore l’intero mondo delle maestranze artigianali che si premurò di vestire gli yuppies: Armani, Valentino, Ferré, Trussardi, Krizia, Fiorucci, furono gli stilisti che, grazie al nuovo clima, aumentarono a dismisura la propria fama e il proprio fatturati, producendo abiti e accessori che diventarono dei veri e propri status simbol dell’intero mondo occidentale.
Da un punto di vista culturale, gli anni ottanta provocarono un terremoto di cui ancora sentiamo le scosse: costatato il crollo delle ideologie di cui la caduta del muro di Berlino, avvenuta nel 1989, rappresenta l’immagine più evocativa, scrittori, filosofi e intellettuali cominciarono a produrre un pensiero in cui le certezze che si ritenevano inossidabili si scioglievano come neve al sole come capita al signor Palomar (1983) di Italo Calvino che, dopo aver preso atto della complessità del mondo e della sua incapacità di interpretarlo con stilemi ormai desueti, si rifugia nella comprensione di ogni piccolo gesto quotidiano individuale e mette da parte tutti i tentativi di trovare spiegazioni più universali. Il caso di Calvino è esemplare, perché coinvolge uno scrittore che aveva fatto della militanza e del rigore ideologico il criterio di riferimento di tutta la sua esistenza.
Altri scrittori, meno segnati dal loro passato, in realtà, riescono a trasferire ancora meglio l’inquietudine del non senso nei propri romanzi, proponendo un linguaggio nuovo, perfettamente aderente al mare magnum della cultura pop che, come si diceva allora, caratterizzava il post moderno: basti citare per tutti Pier Vittorio Tondelli il cui primo romanzo Altri libertini (1980) venne posto sotto sequestro per via di un linguaggio esplicito e delle scene di sesso che venivano raccontate.
Per quanto concerne la filosofia il 1983 vede la pubblicazione de Il pensiero debole, una raccolta di saggi di Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti, in cui si teorizza la rinuncia alla verità e si prende atto della caducità dell’uomo e della sua incapacità di non sbagliare e si arriva a una conclusione che capovolge i criteri di riferimento del passato: «É la verità che deve essere fatta per l’uomo e non viceversa».
Fuori dai palazzi e dal mondo della cultura, i cittadini non persero tempo a fare propri i cambiamenti: la voglia di individualismo, anche nelle sue forme edonistiche e narcisistiche, si diffuse rapidamente, trasformando l’italiano medio in un perfetto consumatore non solo di elettrodomestici, come avveniva già dagli anni sessanta, ma anche di tutto quel mondo fatto di tempo libero e di prodotti tecnologici che si stava affacciando in quegli anni.
Gli italiani cominciarono a pensare al proprio corpo, offrendo a se stessi momenti di svago e di socializzazione nelle palestre, vero luogo cult degli anni ottanta. Gli attori di successo diventano Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger con il loro fisico palestrato e scultoreo. Madonna, Michael Jackson, i Duran Duran, gli Spandau Ballet sono invece gli interpreti più in voga (da ascoltare con l’immancabile walkman) e trasformano la produzione musicale in un vero fenomeno di immagine. In Italia sono invece Eros Ramazzotti, Luca Carboni e Vasco Rossi a fare breccia nei gusti delle nuove generazioni, proponendo testi inclini al nichilismo, in cui fanno capolino l’abuso di alcol e di eroina che sono i veri spauracchi della società, insieme ai primi segnali di una malattia nuova e misteriosa che si chiamava AIDS.
Cambia il modo di vestire dei giovani, suddivisi in ‘paninari’, con Monclere, Timberland, jeans di Armani d’ordinanza; ‘metallari’, con giubbotti dai nomi altisonanti come bomber o chiodo e scarpe con rinforzi d’acciaio; ‘dark’, ‘new wave’ e chi più ne ha più ne metta in un’organizzazione per tribù dove i gusti musicali prendo il posto delle idee politiche.
Comincia a cambiare anche il modo di mangiare: nelle grandi città si diffondono il fast food, non luoghi in cui si consumano velocemente pasti fatti di hamburger, patatine fritte e Coca Cola. E, anche se l’odierna capillare diffusione dei Mcdonald era di là da venire, in quegli anni questo nuovo modo di mangiare veniva percepito come un progresso.
Ma l’elemento che, più di ogni altro, avrebbe caratterizzato gli anni ottanta, è il nuovo rapporto che si venne a creare tra la televisione e il suo pubblico. Se già gli anni sessanta, come scriveva Umberto Eco, gli italiani si erano divisi tra apocalittici e integrati davanti al nuovo medium televisivo, la nascita delle televisioni private inasprì ferocemente questo dibattito anche perché le televisioni private avevano iniziato a intrattenere un rapporto particolare con i propri spettatori, condizionandone i gusti, i consumi e gli orientamenti. E così iniziarono a farsi strada alcune domande che riguardavano il mezzo televisivo.
Quanto influivano programmi appetibili ma infarciti di una batteria di spot sulla mente delle persone? La televisione continuava ad essere specchio della realtà o diventava essa stessa produttrice di fatti definibili reali? L’utilizzo forsennato del telecomando non segmentava a sua volta la capacità di esprimere giudizi lineari? A ciascuno le proprie risposte.
Per saperne di più
Colarizi Simona, Storia politica della Repubblica. 1943-2006, Bari, Laterza, 2007.
Gervasoni Marco, Storia d’Italia degli anni ottanta, Marsilio, Venezia, 2010.
Grasso Aldo, Storia della televisione italiana, Garzanti, Milano, 2004.
Mack Smith Denis, Storia d’Italia, Bari, Laterza, VII ed. 2008.
Il cinema negli anni ottanta
Il cinema di questo decennio è caratterizzato soprattutto dal successo planetario, dei film d’azione: in perfetta sintonia con il nuovo corso reaganiano, Hollywood presenta al pubblico film interpretati dai attori come Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger. Sono innumerevoli gli action movie che i due inanellano: dalle saghe, come quelle di Rocky, di Rambo o di Conan il babaro, a film del calibro di Terminator, diretto da James Cameron, Predator, Cobra e Sorvegliato speciale.
Tutti i generi cinematografici, anche in virtù delle nuove tecnologie che permettono di produrre più facilmente degli effetti speciali, vengono rivisitati: dalla fantascienza all’horror, dalle spy story alle nuove produzioni Walt Disney: Blade Runner e Alien di Ridley Scott, sono film entrati nell’immaginario collettivo a tal punto da condizionare nei decenni successivi lo sviluppo del genere fantascientifico; ma anche E.T. di Steven Spielberg e i seguel di Guerre stellari, sono indimenticabili.
A metà degli anni ottanta diventa un mito l’automobile ideata da Doc nello strepitoso successo della trilogia di Ritorno al futuro, diretta da Robert Zemeckis e anche le trasformazioni di Jeff Goldblum nel film La mosca di David Cronenberg lasciano il segno.
Negli anni ottanta esplode il genere horror, sia nella sua versione d’autore, come il magnifico Shining di Stanley Kubrik, che nelle versioni più commerciali come i sequel del film di Wes Craven Nightmare.
Sempre negli anni ottanta si sviluppa un genere che offre, soprattutto a un pubblico molto giovane, un nuovo filone in cui avventura e fantascienza si intrecciano: è il caso de La storia infinita, diretto da Wolfgang Petersen e tratto da un meraviglioso romanzo di Michael Ende, oppure di Goonies di Richard Donner, per non dimenticare Gremlins, diretto da Joe Dante, o i tre episodi della saga Indiana Jones, diretta da Steven Spielberg.
Altri film di successo sono Arma letale che, insieme a Med Max, vede nascere l’astro di Mel Gibson, mentre Bruce Willis e Kurt Russel diventano antieroi popolari grazie a Trappola di cristallo e a Fuga da New York e Tom Cruise interpreta il pilota di un caccia nel film Top Gun di Tony Scott.
Se si passa al genere comico ci si imbatte in registi come Mel Brooks, David Zucker e Jim Abrahams e in film come: L’aereo più pazzo del mondo, Balle spaziali, Scuola di polizia, Una pallottola spuntata, La pazza storia del mondo e Top secret.
Un’ occhiata non superficiale va data alla commedia drammatica, in grado di produrre film entrati di nella storia del cinema: Sul lago dorato di Mark Rydell (che anche grazie all’interpretazione di attori come Katharine Hepburn, Henry Fonda e Jane Fonda ha avuto un successo indiscusso); Voglia di tenerezza di James L. Brooks (recitato meravigliosamente da Shirley MacLaine, da Jack Nicholson e da Debra Ginger); Il mio piede sinistro, diretto da Jim Sheridan, con un Daniel Day-Lewis da Oscar; La mia Africa di Sydney Pollack, con due interpreti eccelsi come Meryl Streep e Robert Redford; Gandhi, diretto da Richard Attenborough (con Ben Kingsley nella parte del Mahatma Gandhi); A spasso con Daisy di Bruce Beresford (interpretato da Morgan Freeman e Jessica Tandy); Figli di un Dio minore, film di Randa Haines con William Hurt e Marlee Matlin; Amadeus di Milos Forman, con Tom Hulce nella parte di Mozart; Gli intoccabili, diretto da Brian De Palma, che annovera tra gli interpreti Robert De Niro, Sean Connery, Kevin Costner e Andy Garcia; Stand by me, di Rob Reiner con un giovanissimo River Phoenix;; Elephant man, diretto da David Lynch, con Anthony Hopkins, Anne Bancroft e John Hurt; L’attimo fuggente di Peter Weir, con un grande Robin Williams; 9 settimane e mezzo, diretto da Adrian Lyne e interpretato da Mickey Rourke e Kim Basinger; Il nome della rosa in cui Jean-Jacques Annaud ha trasposto il romanzo di Umberto Eco, con Sean Connery nei panni del protagonista; non ultimo Rain man, diretto da Barry Levinson, con Dustin Hoffman e Tom Cruise.
Un’ultima annotazione riguarda i film antimilitaristi di grandi registi come Oliver Stone che, con Nato il 4 luglio, interpretato da Tom Cruise e con Platoon, che vede Charly Sheen nei panni di una recluta, offre il suo punto di vista sulla guerra in Vietnam. Con questo genere si è poi misurato anche Stanley Kubrik, regalando al pubblico il capolavoro Full Metal Jacket, con Vincent D’Onofrio e Matthew Modine.
Il cinema italiano
In Italia, Francia, Giappone, Gran Bretagna, gli anni ottanta rappresentano invece il decennio della crisi, in cui sia gli incassi al botteghino che il numero di film prodotti arrivano al loro minimo storico (basti pensare che, in Italia, nel 1985 verranno prodotti solo 80 film). I motivi di questa crisi sono molteplici e comprendono la nascita delle TV commerciali che privano i cinema del loro pubblico abituale o l’invasione dei blockbuster americani che invadono pesantemente le sale di tutto il mondo. Negli anni ottanta si estingue la commedia all’italiana d’autore anche se ci sono alcuni sussulti con Amici miei atto II e Il Marchese del Grillo di Mario Monicelli, oppure con Café express di Nanni Loy (in cui Nino Manfredi regala una delle sue migliori interpretazioni), o ancora con La famiglia e Che ora è di Ettore Scola.
Dal canto suo Federico Fellini prosegue la sua ricerca surrealista e onirica nei film con E la nave va, con La città delle donne e, soprattutto, con Ginger e Fred dove viene proposta una satira feroce della cultura del consumismo e del mondo delle TV private che Fellini detestava specialmente per la cattiva abitudine, che avevano introdotto, di interrompere i film con gli spot pubblicitari.
E questa frammentazione è un altro motivo della crisi che il cinema italiano attraversa negli anno ottanta. In generale gli autori non riuscivano a capire che il linguaggio era cambiato e che nuove strade andavano battute per continuare a incidere sulla realtà utilizzando l’immaginario cinematografico.
Gli anni ottanta sono anche il decennio dei fratelli Vanzina, che inaugurano la loro sfilza di film disimpegnati che avrebbero poi portato ai cinepanettoni. Il successo delle loro opere è il frutto di un nuovo linguaggio che invece di contestare l’evoluzione della cultura e della società, lo cavalcano senza preoccuparsi di fare un discorso ‘impegnato’. Sono gli anni di Carlo Verdone e dei suoi film di maggior successo, ma sono anche gli anni di tanti B movie in cui si muovono Lino Banfi, Diego Abatantuono e Tomas Milian.
In controtendenza sono da segnalare alcuni film importanti: C’era una volta in america in cui Sergio Leone riesce ad avvalersi di un cast straniero eccezionale; La tragedia di un uomo ridicolo (con un Ugo Tognazzi da Palma d’Oro a Cannes), e L’ultimo imperatore girati da un Bernardo Bertolucci (di cui abbiamo parlato nella scheda relativa agli anni cinquanta) che viene ormai considerato molto di più che un regista italiano.
Sempre negli anni ottanta debuttano alcuni registi da Oscar, come Gabriele Salvatores che, nel 1989, gira Marrakech express e che due anni dopo vincerà l’Oscar con Mediterraneo, e Giuseppe Tornatore, già all’Oscar nel 1988 con Nuovo Cinema Paradiso.
Il regista che però ha saputo spiegare meglio la crisi degli anni ottanta è stato senz’altro Nanni Moretti con i suoi numerosi film: Sogni d’oro del 1981 (Leone d’Argento Gran Premio della giuria a Venezia), Bianca (1984), La messa è finita del 1985 (Orso d’Argento al festival di Berlino), Palombella rossa (1989).
Prima di chiudere questa lunga carrellata occorre ricordare quel raffinato rappresentante dell’esistenzialismo napoletano che fu Massimo Troisi, che apre gli anni ottanta con Ricomincio da tre (1981) e che li chiude con Marcello Mastroianni, interpretando il film Che ora è? di Ettore Scola (1989). Insieme a Roberto Benigni, Carlo Verdoni e Renzo Arbore (con i suoi film surreali), Troisi rappresenta il momento comico più riuscito di tutti gli anni ottanta.
Il cinema gay in Italia
La contrazione consistente subita dalla filmografia italiana negli anni ottanta ha coinvolto anche il processo di apertura che era in corso nel cinema più propriamente gay. Rispetto al decennio precedente, in cui il coraggio nell’abbattere i tabù e nello sperimentare nuovi linguaggi aveva avuto un’accelerazione, gli anni novanta portano a una riduzione sia del numero che della qualità dei film a che parlano di omosessualità.
Oltre alla crisi generale del cinema la cosa è senz’altro imputabile anche alla scomparsa di due registi del calibro di Pier Paolo Pasolini nel 1975 e di Luchino Visconti nel 1976 che, con le loro pellicole hanno saputo trasmettere al pubblico la loro sensibilità omoerotica.
Certamente, gli omosessuali rappresentati in questo decennio non camminano più a braccetto con il vizio, non sono uomini di potere che abusano della propria posizione sociale per dar sfogo alle loro voglie, né tantomeno sono sadici patentati che cercano di sfogare le loro voglie.
Ci si avvia ad una normalizzazione, malgrado un certo cinema, specie la commedia, continui a mettere in scena “checche isteriche” dal carattere macchiettistico. Un esempio è quello che capita nell’episodio Un uomo, un uomo e…evviva, una donna! del film Culo e camicia che Pasquale Festa Campanile in cui la relazione tra Renato Pozzetto e Leopoldo Mastelloni è un solo un’antologia di batttute trite e ritrite. Allo stesso modo in Caruso Pascoski, di padre polacco di Francesco Nuti (1988), un paziente ritenuto omosessuale dal proprio analista arriva a rubargli la moglie che verrà riconquistata grazie a un’antologia delle solite battute da avanspettacolo. Diversa è infine la situazione che si presenta in Delitto al Blue Gay, un giallo diretto da Sergio Corbucci nel 1987, dove Tomas Milian è chiamato a trovare il colpevole di un omicidio consumato in un ambiente gay descritto con toni che vanno decisamente sopra le righe.
Anche nel cinema d’autore ci sono momenti in cui si stringe l’occhio agli stereotipi sugli omosessuali: in due film di Liliana Cavani (La pelle del1981 e Interno berlinese del 1985) e in un film di Salvatore Samperi (La bonne del 1986) la presenza di personaggi omosessuali sembra essere motivata da intenti voyeristici legati al desiderio di aggiungere alla narrazione un elemento piccante per fare cassetta.
Il caso più sorprendente è comunque quello che riguarda il film Gli occhiali d’oro che, nel 1987, Giuliano Montaldo, ha tratto dal romanzo di Giorgio Bassani dove il continuo lavoro di introspezione compiuto nel romanzo da Athos Fadicati, nel film viene banalizzato e non si apre mai all’idea che, tra i protagonisti, possa esserci un contatto fisico.
Più interessante è invece Quartetto Basileus, girato da Fabio Carpi nel 1981 in cui i tre musicisti superstiti, dopo la morte del quarto membro di un quartetto d’archi, si confrontano sulle rispettive solitudini, una delle quali risulta poi essere la conseguenza di un’omosessualità soffocata da molti decenni. Così come apprezzabile è un episodio di Quartiere, girato da Silvano Agosti nel 1987, dove due vecchi compagni di scuola vivono un amore appassionato che viene interrotto dalla scelta che uno dei due fa di sposarsi e che finisce tragicamente con il suicidio dell’altro protagonista.
Due film di buona qualità sono anche Amori in corso (1989) di Giuseppe Bertolucci e Mary per sempre (1989), di Marco Risi. Il primo racconta la storia di due ragazze che, per motivi di studio, si ritrovano a vivere per qualche giorno in un casolare e, tra il detto e il non detto, scoprono di avere un’attrazione reciproca. Il secondo, tratto dal romanzo Meri per sempre di Aurelio Grimaldi che, nel raccontare la sua esperienza di insegnante in un carcere minorile, offre al lettore un bellissimo ritratto di Meri, una travestita che riesce a vivere con coraggio la propria condizione, adattandosi alle leggi spietate che dominano la vita carceraria.
Un’ultima annotazione va fatta per ricordare che, nel 1985, nasce a Torino Da Sodoma a Hollywood, la prima rassegna italiana dedicata al cinema LGBT: probabilmente,, allora, né Giovanni Minerba né Ottavio Mai, che di quell’iniziativa furono i promotori, immaginavano il successo internazionale che avrebbe avuto la loro creatura.