Ha senso nella chiesa cattolica chiedere alle persone LGBT di non amare?
Testo di Jerry Furlong tratto da “Let’s Talk About Homosexuality – Putting a Human Face on Homosexuality“, parte 3, edito da Fortunate Families USA (Genitori cattolici con figli LGBT), liberamente tradotto da Silvia Lanzi
La nostra ultima storia riflette un po’ dell’esperienza di Andrew Sullivan, cattolico e gay. Sullivan, inglese, ha studiato alla Oxford University, ha preso un dottorato ad Harvard e ha scritto, come giornalista e come autore, su molti temi, incluso il pensiero cattolico e la vita gay. È anche editorialista di “The New Republic”. I suoi commenti fanno parte di un’intervista dell’8 maggio 1993 della rivista “America”. Citeremo le sue considerazioni, nel contesto di un articolo scritto dal Thomas Gumbleton, vescovo ausiliario, ora in pensione, dell’arcidiocesi di Detroit. [2]
La storia di Andrew Sullivan raccontata dal Vescovo Gumbleton
Per approfondire la nostra conoscenza dell’amore omosessuale, dobbiamo ascoltare le esperienze delle persone gay che lottano per diventare pienamente ciò che ognuno è chiamato ad essere. Come i teologi moralisti hanno iniziato ad usare le intuizioni del matrimonio per sviluppare una guida per chi vive fuori dall’amore maritale, così gli stessi teologi devono iniziare a prendere spunto dall’esperienza di chi è chiamato ad integrare la propria omosessualità nella sua vita in modo assolutamente propositivo. Ancora una volta penso ad Andrew Sullivan, cattolico e gay. La sua esperienza è parecchio illuminante e serve come esempio concreto di quello che vorrei suggerire.
Essere gay non riguarda solo il sesso in quanto tale. È fondamentalmente qualcosa che riguarda la più profonda identità emotiva della persona. Riguarda il modo in cui uno ama e come questo lo fa diventare un essere umano completo.
Nella mia vita, le conseguenze morali del rifiuto di permettere a me stesso di amare un altro essere umano sono state disastrose. Mi hanno reso permanentemente frustrato, pieno di rabbia e duro. Questo stato di cose si è riversato in altri ambiti della mia vita. Una volta rimosso questo blocco emotivo, ho potuto migliorare il mio intero equilibrio morale, proprio come l’equilibrio morale di una singola persona si può migliorare in un vasto ambito e in molti modi con il matrimonio, perché esso è dà una sorta di stabilità e di sicurezza, una roccia su cui costruire la propria vita morale ed emotiva. Negare ciò alle persone gay non è solo sbagliato e incoerente dal punto di vista cristiano. In generale, distrugge incredibilmente anche la qualità della loro vita.
Così ci chiediamo: ha senso una cosa così? Ha senso insegnare alle persone ad evitare l’amore e le relazioni intime, quando il risultato è una frustrazione permanente? Rabbia? Durezza? Questo è stato il risultato. Ha influenzato tutta la sua vita, compreso il rapporto con la sua famiglia, con i suoi amici e così via. Questa è stata la sua esperienza del tentativo di vivere nel modo in cui la Chiesa gli ha insegnato. Non è stato salutare, non era vivificante. Gli è stato chiesto della contraddizione tra cercare di essere cattolico e cercare di essere omosessuale e sessualmente attivo:
C’è una contraddizione basilare. Lo concedo, almeno ad un certo livello. Ad un altro no – e in realtà lo confronto con il mio primo ragazzo, anche lui cattolico. Quando un giorno abbiamo avuto una discussione lui ha detto: “Credi davvero che quello che stiamo facendo sia sbagliato? Perché, se lo credi, non posso andare avanti così. O vuoi davvero contestare l’insegnamento della Chiesa, oppure lasciala”.
E certamente sono stato costretto a dire che non ci credevo, e, ad un certo livello, davvero non credo che l’amore di una persona per l’altra e l’impegno reciproco, nel costrutto emozionale che ci dà l’omosessualità – so, nel profondo del mio cuore, che non può essere sbagliato. So che ci sono molte cose nella vita omosessuale che possono essere sbagliate – proprio come succede nella vita degli eterosessuali.
Ci sono molte cose nella mia vita sessuale ed emotiva che credo non siano spiritualmente pure. Essa è gravida di pericoli morali, ma al suo livello più intimo mi colpisce come assolutamente inconcepibile – e mi baso sulla mia stessa esperienza morale e su un tentativo reale ed onesto di capire questa esperienza – che sia sbagliata.Ho fatto coming-out proprio nel modo che pensate voi. Non ho davvero espresso alcuna emozione omosessuale, amicizia o relazione fino a poco più di vent’anni, in parte a causa dell’educazione strettamente religiosa che ho avuto, e del mio impegno di fede. Non è qualcosa che mi è capitata improvvisamente, ci ho lottato enormemente.
Ma non appena ho esplorato la possibilità del contatto umano con il mio costrutto sessuale ed emotivo, in altre parole, non appena ho permesso a me stesso di amare qualcuno – tutte le cose che la Chiesa mi aveva insegnato sul mio disordine intrinseco sono sembrate così evidentemente sbagliate che non le ho più considerate un problema. Perché il mio senso morale era travolgente, perché sentivo, attraverso l’esperienza di amare qualcuno o di avere la possibilità di farlo, un senso enorme della presenza di Dio – per la prima volta in vita mia.
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2 Thomas J. Gumbleton, A Call to Listen: The Church’ s Pastoral and Theological Response to Gays and Lesbians. da “Sexual Diversity and Catholicism: Toward the Development of Moral Theology,” Patricia Beattie Jung, con Joseph Andrew Coray, Editors, (Liturgical Press, Collegeville, MN. 2001.)
Testo originale: Week:3 Putting a Human Face on Homosexuality (PDF)