I cattolici, la bibbia e l’accoglienza delle persone omosessuali
Trascrizione dell’intervento di Don Ermis Segatti* alla trasmissione Otto e Mezzo in onda su la7 il 21 novembre 2007, trascrizione di Mauro del Gruppo Narciso e Boccadoro
Alcuni mesi fa scoppiava il caso di Alberto Ruggin, un giovane gay credente che,dopo aver dichiarato la propria omosessulità in tv veniva invitato a lasciare i suoi incarichi in parrocchia. Soppiava così un caso mediatico su quale “accoglienza c’è nella chiesa per le persone omosessuali”. La trasmissione televisiva Otto e Mezzo in onda su La7 nella puntata del 21 novembre 2007 si occupava del caso. Dopo aver già pubblicato la la prima parte della discussione avutasi in studio, pubblichiamo la trascrizione della parte finale dell’intervento di don Ermis Segatti di Torino che, riflettendo sul tema, accenna ad alcuni concetti che ci paiono interessanti.
Giuliano Ferrara: Don Segatti, che bilancio trae da questa chiacchierata senza troppe pretese che stiamo facendo intorno a un caso e a un problema, come quello posto da Alberto Ruggin (N.d.r. il giovane gay credente che poneva con forza il problema dell’accoglienza dei credenti omosessessuali nella chiesa cattolica)?
Ermis Segatti: Traggo una, non una conclusione, ma una riflessione, cioè traggo la riflessione che sarebbe veramente il caso di riprendere molte delle cose che sono emerse e di sottoporle ad una attenzione e direi ad una forma di approfondimento umano e spirituale che probabilmente il tempo di una trasmissione non consente.
Ma volevo, a scanso di alcuni equivoci, leggere il n°2358 del catechismo della chiesa cattolica, il quale recita, a chiarificazione di alcune cose che sono state dette, che “un numero” – leggo testualmente – “un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale. Essa costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolte con rispetto, compassione, delicatezza, e a loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”.
Poi di lì in là comincia un problema vero all’interno della comunità ecclesiale, che verte sia circa ciò che si discuteva prima, della pubblicizzazione del rapporto con una comunità, dell’uso dei media, e via discorrendo.
Ma sempre presupponendo che non siamo nell’ambito di una condizione che deve essere ingiustamente discriminata. Quindi non siamo mai in termini di discriminazione, qualora sia acclarato che una persona si trova nella condizione omosessuale.
Giuliano Ferrara: Gielo domando, don Segatti, senza spirito polemico: ma lei cosa pensa dell’accusa di superbia, che mi è sembrato un passaggio interessante di questa conversazione, fatta da Langone a Alberto e che Alberto ha respinto e che Zan adesso anche lui ha criticato, diciamo, “noi abbiamo bisogno di visibilità e di dichiaraci tali perché questo ci consente di vivere più sereni”. Cosa pensa di quell’accusa di superbia?
Ermis Segatti: Io direi piuttosto che avrei scelto un’altra strada, fossi stato in lui, ma – ripeto – mi mancano molte conoscenze delle circostanze di luogo e anche di rapporti tra le persone in quella parrocchia, in quella diocesi, e così via. Io direi che avrebbe fatto meglio a cercare in qualche modo di raggiungere con la comunità e con il parroco prima di tutto, quanto fosse stato mai possibile, una chiarificazione senza metterlo di fronte drasticamente ad una potenza di visibilità quale quella che fornisce oggi la televisione, che può anche in qualche modo creare delle difficoltà in una comunità perché – ripeto – c’è un compito che è quello di aiutare le persone che leggono ancora l’omosessualità come malattia, come colpa e peccato, perché questa tradizione è una tradizione che ha lunghe radici, rispetto a cui – credo – anche la lettura della Bibbia ha molto da insegnare, perché la lettura della Bibbia è anche legata alla capacità che noi abbiamo di conoscere noi stessi nel corso del tempo e della storia.
E se si appura, come si è appurato – poniamo – che è la Terra che gira attorno al Sole e non il Sole attorno alla Terra, possiamo così appurare molte cose dell’umanità che non conoscevamo prima, rispetto a cui la vera fedeltà alla Scrittura è di rispondere all’uomo che si conosce, non a quello che non si conosce ancora.
Chissà quali saranno le provocazioni che verranno dalla conoscenza di noi stessi nel futuro, rispetto a cui la Bibbia ci dà uno spirito di rapporto fondamentale, non ci dà la lettera della soluzione, perché la lettera può essere anche ingannatrice, potremmo trovare – poniamo – nella Bibbia che addirittura è consentita la schiavitù, che addirittura è consentita la poligamia, e allora insegneremmo solo sulla lettera e non capisco perché mai allora si operò così, non posso capire come mai oggi io debbo operare diversamente perché ho dei problemi che sono di mia spettanza in questo XXI secolo, che non hanno quelli della società sprovveduta di garanzie del VII, VIII, IX, X, XI, XX secolo avanti Cristo.
Giuliano Ferrara: grazie don Segatti, grazie molte.
* Ermis Segatti, classe 1937, è un presbitero torinese, è stato docente di Storia del Cristianesimo e di Teologie Extraeuropee presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale – sezione parallela di Torino. Si interessa anche di Nuove Teologie. È stato referente fino al 2012 dell’Arcidiocesi di Torino per l’Università e la Cultura. Dall’anno accademico 2014-2015 è insegnante di questioni di teologia morale e pratica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.