I cattolici omosessuali e la Diocesi di Cremona. La sfida del gruppo ‘Alle querce di Mamre’
Articolo di Filippo Gilardi tratto da ‘Noi genitori e figli’, supplemento ad Avvenire del 28 febbraio 2010, pp.19-20
“Magari non sempre sei d’accordo con quello che dice, ma le parole di una madre ti interrogano. Per questo ci mettiamo in ascolto”. E Sergio, impiegato di biblioteca, a esprimere il senso di appartenenza alla madre Chiesa di chi, come lui, vive la condizione di credente omosessuale e il desiderio di “fate pace” con questa Chiesa “da cui spesso ci sentiamo rifiutati o allontanati”.
Così nasce la proposta di Alle querce di Mamre, l’idea di un gruppo diocesano per l’accompagnamento spirituale di persone omosessuali che affonda le radici in un incontro tra il vescovo di Cremona Dante Lafranconi e un gruppo di amici.
Il dialogo inizia nel 2005 e, dopo qualche incontro di conoscenza. nel 2007 monsignor Lafranconi riceve una lettera a 5 firme “Perché non un gruppo diocesano di omosessuali credenti?”.
Qualcosa di nuovo: una realtà diocesana “che non nasce da un gruppo di cristiani in autogestione e neppure dall’iniziativa isolata di un sacerdote, ma come espressione della cura pastorale della diocesi”.
Il 23 dicembre 2007 il gruppo Alle querce di Mamre si riunisce per la prima volta in curia; da quel giorno inizia il cammino di questa piccola comunità che, sotto la guida di don Antonio Facchinetti, delegato episcopale, si incontra una volta al mese per pregare, discutere, raccontarsi.
Sono circa una decina, tutti uomini; la compagnia è affiatata, seppure eterogenea: “Non esiste un pensiero unico dei gruppo”, spiega Sergio.
Ci sono insegnanti, funzionari pubblici ed educatori; c’è chi vive una relazione omosessuale stabile e chi invece ha scelto la castità; qualcuno è stato sposato, ha figli; diversi sono impegnati in parrocchia o nel volontariato.
Ad accomunare tutti — osserva don Facchinetti — “una storia segnata da acute sofferenze e da un senso di esclusione.
Ma anche il desiderio di stare nella Chiesa e di permettere ad altri di non passare per calvario di emarginazione e di rottura che hanno vissuto loro”. “Il dilaniamento — così lo chiama Sergio — tra il nostro essere omosessuali e la nostra fede”.
La vecchia canonica di Villarocca ha uno spazio esterno accogliente, predispone alla preghiera e alla riflessione. D’inverno, invece, si scelgono altre sedi per trovarsi e parlare.
“C’è un clima positivo — osserva don Antonio. Tra i partecipanti c’è grande stima e un legame intenso di amicizia”.
Si comincia dall’ascolto della Parola di Dio con la lettura di un brano del Vangelo; il sacerdote guida la lectio divina e apre il dialogo.
Ci si scambiano riflessioni, qualcuno condivide la propria esperienza, tutti trovano uno spazio per esprimersi. “Il nostro è un gruppo aperto. Ognuno viene ascoltato, anche se le posizioni sono diverse”.
Per questo riveste grande importanza la guida di don Facchinetti, che orienta la discussione con la bussola del magistero della Chiesa: “Il rischio di una fede fai-da-te esiste per tutti, non solo per gli omosessuali – commenta il delegato diocesano – tuttavia in questa situazione particolare è necessaria estrema chiarezza.
Ci chiediamo qual è il bene di queste persone e ci poniamo dinanzi a loro senza presunzione ma anche senza ambiguità: nell’accoglienza e nelle comprensione, ma senza scusare comportamenti e atteggiamenti contrari alla morale cattolica in tema di sessualità”.
Un equilibrio non facile, che richiede una maturazione in un cammino di fede: “Il progetto sta muovendo i primi passi — spiega il delegato del vescovo -. Per il momento affrontiamo un discorso strettamente spirituale nella prospettiva dell’antropologia cristiana.
Andando avanti, poi, approfondiremo in maniera più esplicita il rapporto tra la Sacra Scrittura e la condizione omosessuale, senza svilire lo spessore del dato biblico, anche in quegli aspetti che possono essere scomodi”.
Un impegno e una sfida delicata, ma assunta in maniera decisa dalla diocesi di Cremona. Sergio è fiero del gruppo: “Ne esistono tanti altri in Italia; alcuni hanno uno stile più duro e rivendicativo, altri, come il nostro, sono più aperti all’ascolto e al dialogo. Come si fa con una madre, in piena libertà”. E con fiducia nell’iniziativa del vescovo e nel suo delegato don Antonio.
“Alle querce di Mamre” – come per Abramo nell’episodio della Genesi che dà il nome al gruppo – è la storia di un incontro oltre le sofferenze, di un desiderio di sentirsi accolti e di una disponibilità ad accogliere in piena fedeltà al magistero della Chiesa. La storia di un cammino che, alla luce della carità e della verità della Parola, può superare le rotture e le sofferenze.
“La fede – scrivevano i cinque ispiratori della proposta – e non l’omosessualità dovrebbe essere il collante di questo gruppo”.
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