I cattolici americani ricominciano a costruire ponti dopo la strage gay di Orlando
Articolo di Bob Shine pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), il 25 luglio 2016
Si devono ancora costruire molti ponti quando si tratta delle persone LGBT e delle loro famiglie nella Chiesa cattolica. Dove possono trovare degli esempi cattolici positivi, specialmente dopo la strage di Orlando che ha fatto quarantanove morti e più di cinquantatré feriti?
Laici e religiosi hanno offerto modelli validi di come si possa fare opera di riconciliazione. Per esempio le religiose della congregazione Sisters of St. Agnes a Fond du Lac, in Wisconsin (USA) hanno organizzato una veglia poco dopo la strage di Orlando. Suor Sally Brickner ha dichiarato al Fond du Lac Reporter che centocinquanta partecipanti “sentono davvero che la discriminazione è un errore… i crimini d’odio sono un errore”. La veglia è stata la più attesa tra quelle che le religiose hanno organizzato per diverse cause, rivelando la profonda necessità di quest’azione da parte di un gruppo cattolico.
L’incidente di Orlando e la risposta data dalle religiose aiuta a mettere in luce due parrocchie del Wisconsin che offrono un ministero di accoglienza. per le persone LGBT. Lo stesso articolo che parla della veglia delle religiose, illustra anche il ministero settimanale intrapreso dalle parrocchie cattoliche che accolgono le persone LGTB.
All’Holy Family Catholic Community a Fond du Lac, il gruppo All God’s Family si riunisce ogni due mesi. Qui, accompagnati da frate Ryan Preuss, gay, lesbiche e le loro famiglie condividono le loro storie e discutono su come potersi impegnare nell’insegnamento della Chiesa cattolica. Barbara Lent, coordinatrice del gruppo, ha spiegato al Reporter: “Tutti sono uguali… è solo chi ami. Si dovrebbe avere davvero il diritto di amare chi si vuole. A volte [i cambiamenti] richiedono tempo, ma non si deve demordere’”
Il Good Shepherd Catholic Church a Menomonee Falls (USA) ospita il Gay and Straight in Christ, del quale la fondatrice Ann Castiglione ha detto: “È importante che tutti siano accolti nella nostra chiesa. [Le persone LGBT non] si sentono accolte, così dobbiamo cercare di fare qualcosa nel nostro piccolo angolo di mondo‘”.
Francis DeBernardo, direttore esecutivo di New Ways Ministry, ha spiegato al giornalista i motivi che stanno dietro questi gruppi: “Il sostegno cattolico alle persone LGBT c’è perché chi li sostiene è cattolico, non a dispetto di questo”.
Comunque DeBernardo ha criticato quei vescovi che “sono molto negativi nel loro approccio alle tematiche LGBT”. La maggioranza delle risposte dei vescovi statunitensi sulla strage gay di Orlando hanno messo a dura prova proprio la pazienza delle persone LGBT, che affermano invece di voler trattare con “rispetto, compassione e sensibilità”. Solo una manciata di vescovi degli Stati Uniti ha riconosciuto che è stato preso di mira un locale gay, e anche di meno hanno ammesso la complicità della Chiesa nell’incoraggiare i pregiudizi contro la comunità LGBT.
Nel suo editoriale sulla strage il National Catholic Reporter (un settimanale cattolico americano) ha dichiarato: “Il massacro di Orlando è stato un crimine d’odio atroce, un momento che grida all’oltraggio morale, affinché il mondo si renda conto dell’orribile realtà. Ciò che la comunità cattolica ha avuto dal presidente della sua Conferenza Episcopale degli Stati Uniti sono state tre frasi di ipocrita aria fritta, a parte l’uso del termine ‘violenza’, che avrebbe potuto riferirsi a un disastro naturale o aereo…
È bello avere qualche membro della gerarchia senza peli sulla lingua che capisce che l’intolleranza genera disprezzo e violenza, ma non dobbiamo aspettare che parlino i vescovi. I laici li stanno guidando su questo argomento e con una voce forte e persistente, possiamo e dobbiamo impegnarci contro la discriminazione basata sulla sessualità e sul genere nella nostra società e nella nostra Chiesa”.
Non è troppo tardi perché altri vescovi si impegnino positivamente con le persone LGBT e le loro famiglie, nella Chiesa e fuori. Dennis Sullivan vescovo cattolico di Camden ha scritto sul Catholic Herald a proposito della strage di Orlando: “Con un cuore dilaniato dalle morti, ho il dubbio che le vittime siano state colpite proprio per il loro orientamento sessuale. Nessun essere umano dovrebbe sopportare l’odio degli altri. L’odio è un affronto a Dio”.
“Come cristiani siamo soggetti alla Legge di Cristo, ‘Amatevi l’un l’altro come io vi ho amato’. Questo è il suo comandamento nuovo. ‘L’un l’altro’ include le persone gay. Un cattolico che dimostra odio nei confronti di una persona – per il suo orientamento sessuale, la sua religione o il colore della sua pelle – ha bisogno di cercare il perdono di Dio. Da dove viene quest’odio? E perché le persone omosessuali ne sono troppo frequentemente le vittime?”
“I nostri fratelli e le nostre sorelle LGBT sono ancora più somiglianti all’immagine di Dio di quanto lo sia io. Il loro orientamento sessuale non li diminuisce agli occhi di Dio. Come persona amata dai propri parenti e dai propri amici omosessuali, e che ugualmente li ama, ho paura che anche loro potrebbero essere vittime di quest’odio”.
In una lettera ai cattolici che si sono radunati per pregare per Orlando, l’arcivescovo J. Michael Miller di Vancouver (USA) ha espresso una tristezza particolare perché le vittime sono state “prese di mira perché identificate con la comunità LGBT”.
La lezione sul costruire ponti dopo Orlando potrebbe essere che le azioni, oggi, sono molto più importanti delle parole, se la Chiesa volesse essere davvero vicino alle persone LGBT.
Concetto ribadito da Caitlin Opperman, una studentessa queer Latina alla Georgetown University di Washington, che ha scritto sul giornale del campus The Hoya: “Non possiamo dimenticare che il Pulse era un locale LGBT. Non possiamo dimenticare che era una notte Latina. Non possiamo dimenticare che sono stati i latini, e più in particolare i portoricani, a fare le spese maggiori di questa tragedia. Non possiamo permettere che le persone usino questo massacro per indulgere all’islamofobia. Non possiamo stare in silenzio sul problema del controllo delle armi. Dobbiamo riconoscere che il maschilismo è tossico. Dobbiamo capire, e accettare, che la gente queer di colore ha bisogno di spazi sicuri. Ma più di ogni altra cosa, abbiamo bisogno di agire. Il silenzio e l’inazione perpetuano la violenza contro i membri della mia comunità e contro altri gruppi oppressi. Stiamo vivendo con la paura addosso. Abbiamo bisogno di qualcosa in più che pensieri e preghiere.
“Alle quarantanove splendide persone queer le cui vite sono state prese il 12 luglio, que en paz descansen [riposate in pace]. Spero che dovunque voi siate, continuerete a ballare”.
L’editoriale del National Catholic Reporter sottolinea che i laici devono aprire la strada, se i leader della Chiesa rimangono silenziosi. L’editorialista scrive che i cattolici non “devono aspettare una direttiva o un’approvazione dall’alto per sapere cosa fare in questa circostanza estrema”. “La comunità cattolica riconosce un crimine dell’odio quando ne vede uno e deve fare tutto ciò che può per promuovere comprensione e tolleranza… tenendo bene a mente che la tradizione della Chiesa per la giustizia sociale e il costante impegno cristiano per il bene comune, potrebbe avere un’eccezionale influenza nel cambiare lo status quo. Insieme, possiamo dire no alla violenza della cultura delle armi. Possiamo dire di sì alla giustizia di genere e all’accoglienza”.
Come avete risposto sì, voi o la vostra comunità cristiana, alla giustizia e all’accoglienza dopo la strage gay di Orlando? Siete stati testimoni della costruzione di ponti tra le persone LGBT e i responsabili ecclesiastici? Fatecelo sapere.
Testo originale: Catholics Recommit to Bridge Building after Orlando Tragedy