I cristiani LGBT in Italia. Una storia lunga 40 anni
Intervista di Andrea Rubera* a Matteo Mennini pubblicata su Adista Segni Nuovi n°5 del 6 febbraio 2021, pp.6-7
Non tutti sanno che nel 2020, anno che ricorderemo soprattutto per la pandemia Covid-19, ricorre un anniversario importante per le persone cristiane LGBT: i 40 anni dall’organizzazione del primo campo su «Fede e omosessualità» presso il centro ecumenico valdese di Agape, in provincia di Torino. Da lì a poco i gruppi di cristiani omosessuali e transessuali cominciarono a gemmare in varie città: Milano, Roma, Bologna, Torino, Catania…
Diversi gli spiriti che animavano i singoli gruppi: dal desiderio di visibilità e partecipazione a quello di riservatezza ed anonimato. In ogni esperienza, però, un tratto comune: la necessità di riconciliare due aspetti importanti della propria identità: fede e orientamento sessuale/identità di genere.
A distanza di 40 anni, nasce l’opportunità di tracciare, con rigore metodologico, il cammino di persone e gruppi e di riconoscere il valore di queste esperienze per l’intera comunità dei credenti: un importante e inedito progetto di ricerca affidato da Cammini di Speranza a Matteo Mennini (storico del Cristianesimo del Dipartimento Studi Umanistici dell’Università Roma Tre), con il supporto economico dei fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese.
La ricerca è al punto di partenza e abbiamo l’opportunità di chiedere a Matteo Mennini di parlarcene e di comprendere le direttrici lungo cui si muoverà.
Come ti sei avvicinato a questo progetto di ricerca? Quale è stata la molla?
Quando fai ricerca storica, conosci gli interrogativi da cui parti, ma non sai dove essi ti porteranno. Posso dire, infatti, che mi ritrovo oggi a occuparmi della storia dei cristiani LGBT perché ci sono arrivato “di ricerca in ricerca”, seguendo varie piste, spesso non battute, del cristianesimo contemporaneo.
Studiando le questioni e i fermenti che dal Concilio Vaticano II in poi innervarono i settori più inquieti e dinamici del cattolicesimo europeo, ho approfondito l’esperienza di alcuni gruppi che negli anni settanta divennero espressione di una rinnovata domanda di autenticità religiosa e spirituale, in molti casi transnazionale, veicolata nei linguaggi della contestazione alle Chiese cristiane, in particolare a quella cattolica. Ho iniziato quindi a interessarmi alle vicende di alcuni gruppi di cristiani LGBT in Europa, fino a constatare che in Italia le prime esperienze nascevano in ritardo rispetto ad altri Paesi. Gli interrogativi nati da queste prime riflessioni sono confluiti in un dialogo aperto e costruttivo con l’Associazione Cammini di Speranza che ha deciso di proporre il progetto di questa ricerca al bando 2020 dell’Otto per Mille della Tavola Valdese. L’esito positivo di questa richiesta ha innescato l’avvio del lavoro storico.
Cosa, secondo te, può portare come contributo alla comunità cristiana nel suo complesso raccontare la storia dei cristiani LGBT in Italia?
Mi pare che di fede e omosessualità si parli sempre di più: sono numerose le pubblicazioni che in ambito teologico e pastorale riempiono le collane editoriali e in ambito cattolico è indiscusso che ci sia un incremento di attenzione in questa direzione. Deciso è l’accento messo sull’accompagnamento pastorale dei credenti omosessuali e sulle problematiche derivanti dall’omosessualità di candidati al sacerdozio o alla vita consacrata. Un lavoro critico, a partire dalle fonti storiche, non vuole essere un contributo alla “problematica” pastorale o dottrinale, ma vuole interrogare l’esperienza religiosa delle donne e degli uomini che, da oltre 40 anni, hanno iniziato a dire la loro omosessualità non solo come “questione” posta alla Chiese, ma come “risorsa” dentro le comunità cristiane, rivolgendo una domanda di autenticità evangelica, con maturità, sul “sagrato” e non più dentro il “confessionale”.
Comprendere le fasi e gli snodi della loro storia significa anche riconoscerli portatori di una propria “tradizione”, generata dalla fedeltà e dalla fede vissuta: nell’ottica di una soteriologia storico-relazionale (che sembra essere la “cifra” teologica di papa Francesco), per cui, come il peccato, anche la salvezza è radicata nell’esperienza storica, si potrà non ascoltare cosa hanno da dire (e da insegnare) questi cristiani alla propria comunità?
Il tuo progetto di ricerca sta iniziando adesso. Immagino tu sia ancora alla ricerca di fonti.
Ho avuto modo, in occasione di due conferenze che ho tenuto a inizio 2020, di prendere visione dell’abbondante documentazione contenuta nell’archivio del Centro Studi e Documentazione Ferruccio Castellano, finora conservato presso la biblioteca del Gruppo Abele a Torino. Si tratta di una raccolta di documenti che consente di studiare approfonditamente i primi 20 anni della storia dei gruppi di cristiani LGBT, seguendo di fatto il percorso storico del gruppo torinese “Davide e Gionata”. Molto altro materiale, com’è noto, è disponibile in rete e in questo senso preziosissimo è il lavoro svolto da gionata.org, il portale su fede e omosessualità, che recentemente ha promosso la digitalizzazione del materiale di altri gruppi.
Ho iniziato a dialogare con alcuni dei protagonisti della storia dei vari gruppi, sia tra coloro che sono ancora parte del “movimento”, sia con chi non vi partecipa più e ognuno ha messo a disposizione, oltre la propria testimonianza, documenti, testi, foto… È nata quindi l’idea, sempre nell’ambito del progetto finanziato dall’Otto per Mille della Tavola Valdese, di provare a raccogliere e valorizzare tutto questo materiale, costituendo un fondo archivistico digitale della storia dei gruppi di cristiani LGBT.
L’invito, pertanto, che speriamo venga diffuso in modo capillare, è a contribuire a questo scopo, inviando materiali di vario genere, compresi, a titolo esemplificativo, ritagli di giornali, verbali di riunioni, locandine, manifesti, corrispondenze private. Abbiamo aperto una casella di posta elettronica che servirà proprio a questo scopo: storiacristianilgbt@gmail.com. Scriveteci.
Dalle tue prime evidenze, quali sono gli elementi che caratterizzano la storia dei cristiani LGBT in Italia?
Va detto che si tratta di una storia plurale, come lo è il cristianesimo italiano. Nella fase iniziale, con la nascita delle prime esperienze, si assiste a un diffuso disorientamento di tutte le Chiese di fronte alle inquietudini dei primi omosessuali che cercavano uno spazio proprio, non solo come “emarginati” da includere, ma come credenti maturi che contestavano le prime prese di posizione dottrinali (siamo agli inizi del pontificato di Giovanni Paolo II).
Una data chiave in tal senso fu il 1983, quando accaddero due fatti che ebbero ripercussioni decisive: il caso di Fabrizio Oppo a cui fu inizialmente negato il battesimo nella chiesa battista di Cagliari a fronte del suo “coming out” e il suicidio del giovane cattolico Ferruccio Castellano che era stato il promotore delle prime esperienze.
Mentre il mondo evangelico fu portato, dal “caso Oppo”, a mettersi in discussione e ad avviare un dibattito che avrebbe poi condotto a una progressiva integrazione, almeno nelle Chiese riformate storiche, dei credenti omosessuali, la morte di Castellano ebbe un impatto traumatico sui gruppi, che svilupparono un carattere “catacombale”, di cui le principali caratteristiche erano l’ascolto reciproco, a volte mediato dalla presenza di un sacerdote, e, spesso, la tutela dell’anonimato.
Un’inversione di rotta cominciò a verificarsi con la fine degli anni Ottanta grazie ai tentativi di coordinare i diversi gruppi e ad alcune significative esperienze che iniziarono a nascere nel sud Italia. Progressivamente, iniziò a svilupparsi un’altra dimensione, accanto a quella “catacombale”: dalla metà degli anni Novanta alcuni gruppi (e i loro leader) ripresero l’intuizione degli inizi, ponendosi come luoghi di rivendicazione dell’esperienza di fede delle persone omosessuali e portatori di una spiritualità che negli anni ha maturato significative esperienze ecumeniche soprattutto nella promozione di momenti di sensibilizzazione contro l’omofobia.
Quali pensi siano i prossimi passi di questa storia?
Da osservatore esterno mi colpisce l’affacciarsi di nuovi soggetti sulla scena dei gruppi di cristiani LGBT: molte recenti esperienze sono nate intorno a gruppi di giovani cristiani omosessuali, altre con i genitori credenti che hanno figli omosessuali. Queste forme di rinnovamento della partecipazione sono un sintomo di “salute” per queste realtà, ma non poche sono le sfide che esse pongono al “movimento”.
Altri passi credo debbano farlo le comunità cristiane, e in particolare la Chiesa cattolica: ad una ormai consolidata esperienza ecumenica all’interno dei gruppi, non corrisponde una condivisa visione sul tema dell’omosessualità da parte delle Chiese. Temi come la benedizione delle coppie omosessuali non possono restare a lungo questioni che dividono; infatti il riconoscimento di un “amore” all’interno di una relazione dovrebbe trovare una rispondenza sempre più significativa.
* Andrea Rubera è portavoce di Cammini di Speranza