I “dubia” Vaticani sulla benedizione dell’amore omosessuale sollevano più dubbi di quanti ne risolvano
Riflessioni della teologa Mary E. Hunt* pubblicate sul sito cattolico Religion Dispatches (Stati Uniti) il 16 marzo 2021, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Fate attenzione alle Idi di marzo, il giorno in cui Giulio Cesare scese nel regno dei morti, nel 44 a.C.: questo è anche il giorno in cui è stato dato in pasto al pubblico il “Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede” in risposta al dubium riguardante la benedizione delle coppie dello stesso sesso. C’è voluto il tempo occorso a Bruto per affondare la spada, ovvero meno di mezzo minuto, perché la dichiarazione vaticana venisse criticata da più parti.
La Congregazione, con la sua dichiarazione, intende rispondere a un suo dubbio se la Chiesa Cattolica potrebbe (va letto “dovrebbe”) benedire le unioni tra persone dello stesso sesso. La risposta è netta e senza equivoci: No.
Il Responsum porta la data del 22 febbraio 2021 e la firma del cardinale Luis F. Ladaria, prefetto della Congregazione, e dell’arcivescovo segretario Giacomo Morandi; il testo ha ricevuto l’esplicita approvazione di papa Francesco, verso il quale si sono nutrite molte speranze.
Il resto del breve documento consiste in Note esplicative, ovvero note a margine di altri documenti vaticani, e di un Commento, nel caso qualcuno pensasse che il loro No non sia un vero No.
Facciamo un passo indietro: alcuni vescovi tedeschi, ma non solo loro, da tempo parlavano di benedire le coppie omosessuali. Sapevano bene che non si poteva parlare di matrimonio, ma sapevano anche che molti cattolici desiderano un qualche tipo di riconoscimento della bontà dell’amore omoaffettivo, e che sono pronti ad andare altrove se a casa loro non potranno ottenerlo. Senza nulla togliere alla buona volontà dei tedeschi, le quote di mercato delle varie Chiese contano eccome.
Monsignor Georg Bätzing, presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, compie un understatement affermando che “non ci sono risposte semplici” alla questione sul tappeto, e aggiunge che il documento vaticano riflette la dottrina attuale e ufficiale. È vero, certo: ma non riflette la prassi invalsa.
Nel cattolicesimo per prima viene sempre la prassi; poi spesso arriva una condanna molto pesante, poi, piano piano, spuntano dei documenti che confermano ciò che era già in atto.
Ovviamente questo processo può richiedere decenni, se non secoli, ma è sempre stato così. Questo piccolo episodio teologico può essere il presagio di qualcosa che verrà.
In molte parti del mondo cattolico già si benedicono le unioni omosessuali: è un genio che è uscito dalla lampada alcuni anni fa. Forse ora che hanno levato le barricate, in Vaticano si pentono di non essersene rimasti in silenzio.
Ho sentito tantissimi racconti di bravi parroci che hanno benedetto Bob e Bill, Olivia e Cristina, Jacques e Georges.
Ancora più comuni dei sacerdoti (che spesso sono troppo timorosi per benedire) sono i laici, o anche intere parrocchie che si riuniscono per celebrare la bontà delle coppie che amano.
Alcune di queste celebrazioni [delle coppie che amano] sono in realtà matrimoni sacramentali, a cui si allude con trepidazione nel documento vaticano. Attenzione: la cerimonia di benedizione delle coppie dello stesso sesso “costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale”. È vero, essa non imita il Sacramento dell’Ordine (Ordinazione) né quello della Penitenza (Confessione), grazie a Dio: l’amore serio e impegnato, è amore serio e impegnato.
La dichiarazione della Congregazione si focalizza in modo rigido sulla cerimonia di benedizione, che non è un sacramento ma un “sacramentale”. La differenza tra i due, come viene delineata in maniera maldestra nel documento, è che il sacramentale rinvia al sacramento, quindi anche il sacramentale deve essere negato alle coppie omosessuali.
Se, Dio non voglia, una coppia omosessuale dovesse venire benedetta (con una comunità che prega per essa e con essa), potrebbe accadere che le persone benedette possano essere vagamente simili alle persone eterosessuali che si sposano: non solo, qualcuno potrebbe anche dire loro che possono sposarsi!
Questo colpo di genio teologico, perciò, serve a chiudere in anticipo questa porta socchiusa prima che si apra troppo: chiudere la possibilità del sacramentale (la benedizione) prima che arrivi il sacramento (il matrimonio), ma ahimè, è troppo tardi.
Torniamo a Roma: molte comunità già celebrano benedizioni e matrimoni per le coppie omosessuali, a volte definendoli matrimoni cattolici e sacramenti, perché in realtà lo sono.
Secondo il lessico cattolico contemporaneo, un sacramento è un’occasione in cui una comunità eleva un’esperienza della quotidianità umana e le conferisce una dimensione pubblica in quanto santa.
Per esempio, un neonato non “diventa” cristiano attraverso il Sacramento del Battesimo: il fatto che divenga parte della comunità cristiana viene sottolineato durante la cerimonia battesimale (che è un sacramento) perché tutti possano accoglierlo e dire il loro Sì.
Avviene la stessa cosa con l’Ordinazione. Non sono le parole magiche proferite da un vescovo a fare un prete: l’impegno preso verso il ministero, dimostrato dall’ordinando, viene riconosciuto e confermato nel Sacramento dell’Ordinazione.
Ecco perché, secondo la dottrina cattolica, i ministri del Sacramento del Matrimonio sono le due persone che stipulano un patto vicendevole, non il sacerdote, che ne è testimone alla stregua della comunità riunita, chiamata Chiesa. Anche nel campo religioso, come in quello civile, tra il matrimonio eterosessuale e quello omosessuale non c’è che un breve passo.
Tanto più pietosi appaiono i contorcimenti etici vaticani nel documento in questione, il quale afferma che la Chiesa può benedire “singole persone con inclinazione omosessuale” che vivano secondo i dettami cattolici, vale a dire, nel celibato. Ma anche se dovessero tali persone trovare l’amore, la felicità, qualcuno con cui passare la vita, le forze per creare una famiglia e fare comunità, anche se dovessero tali persone, e le persone da loro amate, vivere una vita sana, buona, naturale, santa, degna di essere festeggiata e protetta, la risposta di questo dubbio documento sarebbe “Negativa”.
Per fortuna, la Chiesa Cattolica istituzionale è solo una piccola (e molto malandata) parte della comunità cattolica, che è molto più grande e ha molto più buon senso e sagacia etica. Il pensiero del popolo cattolico è molto più generoso, e più pronto a benedire, di quanto non lo siano molti prelati vaticani.
Nel frattempo, è confortante sapere che molti, inclusi alcuni sacerdoti e diaconi, stanno emergendo per offrire i loro servizi pastorali alle coppie dello stesso sesso.
Grazie ai media che hanno rilanciato questo “dubbio”, i servizi offerti da gruppi come DignityUSA, New Ways Ministry e il Global Network of Rainbow Catholics sono ora al centro dell’attenzione. Inoltre, altre denominazioni cristiane in giro per il mondo stanno facendo sapere di essere disponibili a benedire le coppie cattoliche, che la Chiesa Cattolica lo accetti o meno.
La mia ipotesi è che al Responsum abbiano lavorato alcuni di quei buoni queer che stanno in Vaticano. Sanno bene che, quando l’istituzione pubblica una dichiarazione elaborata, la quale afferma che Dio “non benedice né può benedire il peccato”, nonostante i moltissimi esempi di coppie omosessuali che vivono vite esemplari, è destinata ad essere cordialmente rigettata: “mancata ricezione”, come la chiamano i teologi.
Proprio com’è accaduto con la condanna al controllo delle nascite, ciò che non viene ricevuto è la base per la futura prassi normativa della Chiesa, e sarà così per le unioni omosessuali, i matrimoni, perfino i divorzi. In Vaticano si dubita un po’ troppo.
* Mary E. Hunt è teologa femminista, cofondatrice e codirettrice dell’Alleanza delle Donne per la Teologia, l’Etica e il Rituale (Women’s Alliance for Theology, Ethics and Ritual, WATER), la cui sede si trova a Silver Spring, nel Maryland (USA). Hunt, cattolica attiva nel movimento che propugna una maggiore partecipazione delle donne alla vita della Chiesa, tiene conferenze e scrive libri sulla teologia e l’etica, con una particolare attenzione alla teologia della liberazione.
Testo originale: THE VATICAN ‘DOUBTS’ SAME-SEX LOVE, BUT MORE DOUBT THE VATICAN