I gay credenti non più peccatori ma persone
Articolo di Delia Vaccarello tratto da “l’Unità” del 25 settembre 2013, pag.18
Cresce la speranza. I credenti omosessuali in giugno hanno scritto una lettera a papa Francesco, chiedendo di essere considerati persone e non «categorie», auspicando un cambiamento nella Chiesa affinché si apra all’accoglienza di gay e lesbiche. E l’11 luglio, attraverso la segreteria di Stato vaticana, è arrivata una risposta.
A Bergoglio, dunque, oltre alle lettere degli omosessuali di Buenos Aires che si dicevano feriti per la condanna della Chiesa, è giunta anche una missiva firmata da molti gay credenti italiani.
«L’apertura del Papa ai gay era già contenuta in questa novità – dichiara Innocenzo Pontillo di Progetto Gionata – a Ratzinger avevamo scritto due volte ma invano con Papa Francesco per la prima volta ci è stato risposto.
Nel testo si legge che il Papa ha apprezzato la nostra lettera definendola un gesto di “spontanea confidenza” e che ci assicura un saluto benedicente».
Giorni fa il Papa ha rilasciato la lunga intervista a Civiltà Cattolica confermando il nuovo passo. La sottolineatura fatta dal Pontefice nel corso dell’intervista dà sollievo ai gay credenti: non più categorie, non peccatori o individui contro natura, ma «persone».
Chiare le parole del Papa a Civiltà Cattolica: «Una volta una persona, in maniera provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con un’altra domanda: “Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”. Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo».
Ancora: «Se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla». Anche perché «Dio ci ha reso liberi». «Nella lettera che abbiamo inviato chiedevamo gesti concreti – aggiunge Pontillo -. mettendo l’accento sulla sofferenza della pratica
quotidiana di gay e lesbiche relegati in una sorta di esilio dentro la Chiesa. Nelle parole del Papa ci
riconosciamo, sentiamo finalmente qualcosa di cristiano. Abbiamo osservato tante volte quanto è importante che i vescovi e i sacerdoti conoscano le persone omosessuali perché si smetta di giudicare in astratto. E Papa Francesco dimostra di conoscerci».
Più volte si è detto che una parola del Pontefice di rispetto per il mistero di ogni essere umano, una parola che in questo contesto facesse esplicito riferimento agli omosessuali, avrebbe avuto un grande potere nella lotta all’omofobia. L’atteggiamento della Chiesa, infatti, «influenza» antropologicamente la società intera, non solo la comunità dei credenti. Adesso le parole sono arrivate.
«Riteniamo che possano avere un effetto benefico sulle ragazze e i ragazzi che vivono con timore e ansie la propria omosessualità, spesso a causa dell’omofobia interiorizzata e sociale, e che fino ad ora avevano ascoltato dalle istituzioni cattoliche di frequente parole di esclusione e condanna – dichiarano gay e lesbiche di Nuova Proposta – .
Ci piace immaginare che tanti genitori ancora chiusi per la paura di una diversità non compresa dei loro figli, avranno ascoltato le parole del papa con un sussulto al cuore che, forse, permetterà loro di riaprire un dialogo, superare i timori, ritrovare legami di affetto».
I gay credenti auspicano che il nuovo atteggiamento si espanda a cascata raggiungendo le sacche di dannoso conservatorismo difficili da sdradicare. E di tale oscurantismo fornisce un esempio il seminario estivo riportato dall’agenzia Adista e organizzato dal gruppo Lot-Regina della Pace dal titolo «Adamo, Eva, dove siete?» tenutosi ad Angolo Terme (Bs) in Val Camonica. Sessione rivolta «a tutti gli uomini e le donne che vogliono intraprendere un cammino di guarigione interiore della propria sfera emotiva, relazionale e sessuale» ovvero guarire dall’omosessualità. Base «scientifica», le «teorie riparative» dello psicologo clinico statunitense Joseph Nicolosi bocciate negli Usa nonché dagli ordini dei psicologi italiani.
Riuscirà Bergoglio a far trionfare il Vangelo? «Il Papa dice che prima vengono le persone e poi le regole. Che la Chiesa non si comporti piú come uno Stato è un bel cambiamento – osserva Giovanni Bachelet – Certo esagera chi saluta come grande novità le parole del Papa, ma è pur vero che quando la Chiesa usa “la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore”, come disse Giovanni XXIII aprendo il Concilio nel 1962, rinasce in molti la gioia e la speranza. Del resto che “il sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato” è scritto nel Vangelo. La novità del Papa, come tutte le grandi rivoluzioni della Chiesa, è il ritorno a Gesù».