I gay e le lesbiche vittime dell’era nazista
Testo tratto dal sito dell’Holocaust Teacher Resource Center (Stati Uniti), liberamente tradotto da Silvia Lanzi
I nazisti hanno condannato gli omosessuali come “socialmente aberranti”: questo rientrava nel tentativo di purificare la società e di propagare una “razza ariana superiore”. Subito dopo essere salito al potere il 30 gennaio del 1933, Hitler bandì tutte le organizzazioni gay e lesbiche. Gruppi di camice brune fecero incursioni nelle associazioni e i luoghi di incontro degli omosessuali. Grandemente indebolita e affossata, questa subcultura era fiorita nella libertà relativa degli anni Venti, nei pub e nei caffè di Berlino, Monaco, Breme e di altre città.
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Gli omosessuali: vittime dell’era nazista (1933-1945)*
Il 6 maggio 1933 (i nazisti) perquisirono l’Istituto di scienze sessuali di Berlino. Quattro giorni dopo, nell’ambito di un grande falò pubblico di libri “non-tedeschi”, vennero presi centinaia di libri dalla biblioteca dell’istituto e gettati in un grosso rogo. L’istituto era stato fondato nel 1919 dal dottor. Magnus Hirschfeld (1868 -1935). Promuoveva ricerche e dibattiti su temi quali i problemi coniugali, le malattie trasmissibili sessualmente e le leggi riguardanti la violenza sessuale, l’aborto e l’omosessualità, l’autore di molti lavori, Hirschfeld, lui stesso omosessuale, si impegnò attivamente per trent’anni per riformare le leggi che criminalizzavano l’omosessualità.
Nel 1933 per caso Hirschfeld si trovava in Francia dove rimase fino alla sua morte. Nel 1934 venne creata una speciale divisione della Gestapo (la polizia segreta di stato) contro gli omosessuali. Una delle prime cose fatte fu ordinare alla polizia le “liste rosa” da tutta la Germania. La polizia aveva compilato queste liste di uomini sospettati di essere gay già dal 1900.
Il 1 settembre 1935, si iniziò ad applicare una versione emendata e più severa del Paragrafo 175 del codice penale formulato originariamente nel 1871, punendo un ampio spettro di comportamenti “osceni e lascivi” tra uomini. Nel 1935 il leader nazista Heinrich Himmler creò un Ufficio Centrale del Reich per Combattere l’Omosessualità e l’Aborto: quest’ufficio speciale (II S) era una sottosezione dell’Executive Department II della Gestapo.
Il legame tra omosessualità e aborto riflette la politica del regime nazista tesa a promuovere un più massiccio incremento delle nascite nella popolazione “ariana”.
Himmler parlò di questi argomenti il 18 febbraio del 1937 a Bad Tölz davanti ad un gruppo di alti ufficiali delle SS; sui pericoli che sia l’omosessualità che l’aborto potevano infliggere alla natalità tedesca.
Grazie alla revisione del Paragrafo 175 e alla creazione dell’Ufficio Speciale II S, il numero delle persecuzioni aumentò nettamente, raggiungendo il culmine negli anni 1937-1939. Durante il regime nazista, in questi anni ci furono metà delle condanne contro le attività omosessuali.
La polizia organizzò retate nei luoghi di incontro degli omosessuali, compilò gli elenchi con gli indirizzi degli uomini arrestati per trovare altri sospetti, e creò reti di informatori per compilare liste di nomi e compiere arresti.
Si stima che, nel 1928, ci fossero 1,2 milioni di gay in Germania. Tra il 1933-45 si pensa che furono arrestati circa 100.000 persone con l’accusa di essere gay e di questi, 50.000 furono ufficialmente tacciati di omosessualità.
La maggior parte di questi uomini vennero incarcerati in prigioni “normali”, e, si stima, tra i 5.000 e i 15.000 vennero internati in campi di concentramento. Probabilmente non si saprà mai quanti di questi “17Sers” di cui sopra (la cui stima varia dai 5.000 ai 15.000), morirono nei campi di concentramento. Le ricerche storiche ad oggi sono piuttosto limitate. Uno dei più accreditati studiosi, Ruediger Lautmann, crede che il tasso di mortalità dei “17Sers” nei campi fosse almeno del sessanta per cento.
Tutti I prigionieri dei campi indossavano marchi di diversa forma e colore, che permetteva alle guardie e ai funzionari dei campi di riconoscere a che categoria appartenevano. Le uniformi degli uomini internati come omosessuali portavano diversi segni identificativi,compresi un grande cerchio nero e un largo “175” disegnato sul retro della giacca. Più tardi fece la sua apparizione una pezza rosa triangolare (rosa Winkel). Le condizioni dei campi generalmente erano severe per tutti gli internati, molti dei quali morirono di fame, malattia, deperimento fisico, esposizione al freddo e trattamenti brutali.
Molti sopravvissuti hanno testimoniato che gli uomini con il triangolo rosa spesso venivano trattati in modo particolarmente severo dalle guardie e dagli altri internati a causa dei pregiudizi diffusi sull’omosessuali. Com’era vero per altre categorie di prigionieri, anche alcuni omosessuali furono vittime di esperimenti medici, compresa la castrazione.
Al campo di concentramento di Buchenwald, il medico delle SS Carl Vaernet fece delle operazioni per convertire gli uomini all’eterosessualità: l’inserimento chirurgico di capsule che rilasciavano l’ormone maschile del testosterone. Queste procedure riflettevano il desiderio di Himmler e di altri di una soluzione medica dell’omosessualità.
La maggior parte delle vittime omosessuali furono uomini; le lesbiche non furono soggette ad una persecuzione sistematica. Mentre I bar lesbici venivano chiusi, la polizia arrestava le lesbiche come “asociali” o “prostitute”. Una donna, Henny Schermann, venne arrestata nel 1940 a Francoforte ed etichettata come “lesbica licenziosa” sulla sua foto segnaletica; ma era anche una “ebrea apolide”, una causa sufficiente per la deportazione.
Venne uccisa con il gas nell’ospedale psichiatrico di Bernburg (un centro di “euthanasia” tedesco) nel 1942 insieme ad altri internati ebrei del campo di concentramento di Ravensbrück selezionati per lo sterminio.
L’omosessualità fuori dalla Germania (compresa l’Austria e altri territory annessi) non era un argomento che interessasse in particular modo all’ideologia o alla politica nazista; la preoccupazione era focalizzata sull’impatto dell’omosessualità sul vigore e la natalità della popolazione ariana. Durante gli anni della guerra, dal 1939 al 1945, i nazisti sostanzialmente non si preoccuparono dell’omosessualità nei territori occupati dalla Germania.
Di conseguenza, la maggior parte degli omosessuali arrestati a causa del Paragrafo 175, erano tedeschi o austriaci. Diversamente dagli ebrei, gli uomini arrestati in quanto omosessuali, non vennero deportati sistematicamente in ghetti in Europa dell’est appositamente predisposti dai nazisti. E nemmeno vennero deportati in massa gruppi di prigionieri omosessuali nei campi di sterminio nazisti in Polonia.
È degno di nota che le autorità naziste utilizzarono l’accusa di omosessualità per screditare e minare gli oppositori politici. Le accuse di omosessualità tra i leader della SA (la polizia paramilitare nazista) furono tra le principali giustificazioni per la sanguinosa purga che il capo delle SA Ernst Röhm fece nel giugno 1934.
Il leader nazista Hermann Göring accusò di comportamenti omosessuali – che non avevano però alcun fondamento il comandante supremo Von Fritsch, un oppositore della politica militare di Hitler all’inizio del 1938 per estrometterlo dalla sua carica.
Da ultimo, la propaganda del 1935 e due processi farsa, nel 1936 e nel 1937 riguardanti la crescente omosessualità tra il clero contribuì a colpire duramente il potere della Chiesa cattolica romana in Germania, un istituzione che molti ufficiali nazisti consideravano il loro nemico potenziale più potente.
Dopo la Guerra, i prigionieri omosessuali dei campi di concentramento non furono riconosciuti come vittime della persecuzione nazista e venne rifiutato ogni risarcimento. Durante il governo degli alleati in Germania, alcuni omosessuali furono costretti a scontare interamente le pene a cui erano stati condannati, nonostante il tempo passato nei campi di concentramento.
La versione del 1935 del paragrafo 175 rimase in vigore nella Repubblica Federale (Germania Ovest) fino al 1969, così, molto oltre la liberazione gli omosessuali continuarono a temere di essere arrestati e messi in prigione.
La ricerca sulla persecuzione nazista degli omosessuali venne impedita dalla criminalizzazione e dalla stigmatizzazione sociale degli omosessuali in Europa e negli Stati Uniti nei decenni successivi all’Olocausto. Molti sopravvissuti erano spaventati e avevano paura a raccontare le loro storie.
Ultimamente, soprattutto in Germania, sono state pubblicate nuove ricerche su queste “vittime dimenticate” e alcuni sopravvissuti hanno rotto il silenzio per raccontare le loro storie.
Letture raccomandate (in inglese)
– Burleigh, Michael, and Wolfgang Wippermann. The Racial State Germany 1933-1945 (Cambridge, England, 1991).
– Heger, Heinz. The Men with the Pink Triangle (Boston, 1994).
– Isherwood, Christopher. Christopher and His Kind (New York, 19761.
– Lautmann, Ruediger. “Gay Prisoners in Concentration Camps as Compared with Jehovah’s Witnesses and Political Prisoners,” in Michael Berenbaum, ed., A Mosaic of Victims: Non-Jews – – Persecuted and Murdered by the Nazis (New York. 1990), pp. 200-221
– Plant, Richard. The Pink Triangle: The Nazi War against Homosexuals (New York, 1986).
– Wolff, Charlotte. Magnus Hirschfeld: A Portrait of a Pioneer in Sexology (London, 1986).
Materiali sulla persecuzione nazista degli omosessuali nel sito web dell’United States Holocaust Memorial Museum (Washington, Stati Uniti)
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* Il testo di questa pagina web è stato originariamente pubblicato dal United States Holocaust Memorial Museum (Washington, Stati Uniti), in un opuscolo intitolato “Homosexuals: victims of the Nazi era” (Gli omosessuali: vittime dell’era nazista)” ed è stato pubblicato con il consenso del museo stesso.
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Testo originale: Homosexuals: victims of the Nazi era