I genitori con figli LGBT polacchi scrivono al papa: i nostri vescovi “istigano all’odio e alla violenza”
Articolo di Eletta Cucuzza pubblicato sul settimanale Adista Notizie n° 35 del 10 ottobre 2020, pag.2
E’ un atto di denuncia contro l’episcopato polacco la lettera che “My, Rodzice” (Noi genitori), associazione polacca di genitori con figli LGBT e i loro amici, con il supporto dei genitori dell’associazione sorella italiana Agedo (Associazione di Genitori, parenti, amiche e amici di persone lesbiche, gay, bisessuali, trans), ha fatto giungere a papa Francesco.
La pesantezza della denuncia non e nei termini usati o in uno stile retorico, totalmente assente, ma nel resoconto dei gravi fatti di discriminazione (v. Adista Notizie n. 32/20 e Adista online del 19/9), fino all’istigazione all’odio e alla violenza, che vedono in prima fila i vescovi.
«Siamo seriamente preoccupati – scrivono in apertura nella lunga lettera – per le azioni della maggioranza dei rappresentanti della Chiesa cattolica nel nostro Paese. Dall’inizio del 2019, con il consenso e con il sostegno dell’Episcopato, si e intensificata la campagna di propaganda che molti sacerdoti conducono contro le minoranze non eteronormative, contro i nostri figli. L’arcivescovo Marek Jdraszewski ha accusato le persone Lgbt di essere una minaccia alla civiltà. Nei suoi discorsi, il metropolita ha definito i nostri figli “un errore antropologico” e “una piaga arcobaleno”, ha dichiarato che non riflettono il piano di creazione di Dio».
«La Chiesa istituzionale in Polonia – continuano di genitori di persone Lgbt – sostiene campagne e attività di propaganda, durante le quali l’omosessualità viene erroneamente e ingiustamente equiparata alla pedofilia. Viene definita “il male”. A parte singoli sacerdoti, nessuno nella Chiesa si oppone. Ai preti che cercano di difendere le persone non eteronormative, confutando le accuse ingiuste, viene imposto il silenzio.
Si tratta di azioni deliberate e intenzionali – precisano –. Alcuni consigli comunali dichiarano i propri comuni “zone libere da Lgbt”, nonostante l’assenza di alcun valore legale di quest’azione. Questi atteggiamenti sono ispirati, sostenuti ed elogiati dalla maggior parte dei pastori e dai vescovi locali».
«L’esperienza di esclusione delle minoranze – osservano i firmatari – ha una “tradizione” lunga, sanguinosa e vergognosa in Europa». Ora, in Polonia, «la maggior parte dei sacerdoti fomenta il risentimento, trasmette false informazioni ai fedeli, mistifica fonti scientifiche e manipola la conoscenza».
«Il giorno 20 luglio 2019 – raccontano entrando nella descrizione di gravi episodi – durante la marcia a Biaystok, i partecipanti alla manifestazione pacifica sono stati insultati, spinti, picchiati e sputati addosso. Sono stati colpiti da pietre, pentole, petardi e bottiglie piene di urina». «La narrazione di accuse e incitamento all’odio si e intensificata, quando due giovani hanno cercato di portare una bomba alla marcia dell’uguaglianza di Lublino con l’intenzione di farla esplodere. La coppia e stata fermata dalla polizia prima della marcia, la coppia ha dichiarato di aver agito in difesa della fede».
La situazione e tanto più grave perché «questi eventi sono stati preceduti da un appello ai fedeli dell’arcivescovo di Bialystok, monsignor Tadeusz Wojda, nel quale ha invocato una difesa attiva della fede, dei valori della famiglia cristiana, contro la depravazione secondo lui rappresentata dall’esistenza dei nostri figli, da lui chiamati devianti.
Nella sua lettera l’arcivescovo ha fatto riferimento all’articolo della Costituzione della Repubblica Polacca, in cui si afferma che “tutti hanno il diritto di chiedere che le autorità pubbliche proteggano un bambino dalla violenza, dalla crudeltà, dallo sfruttamento e dalla demoralizzazione”, cosi privando i nostri bambini di questa protezione».
«L’appello dell’Arcivescovo Wojda – raccontano ancora – e stato causa diretta di atti di aggressione senza precedenti contro noi, i nostri amici e le nostre famiglie. Molti degli aggressori presenti alla Marcia per l’Uguaglianza di Bia?ystok indossavano magliette con la scritta “Esercito di Dio”. (…). Anche dopo questa inimmaginabile dimostrazione di odio e aggressività, non abbiamo ricevuto scuse come genitori, famiglie, fedeli della Chiesa e cittadini dello stato. (…).
L’episcopato polacco sembra indifferente a questi atti di violenza, non si fa sentire e non condanna la violenza». I firmatari fanno i nomi dei vescovi persecutori: «Mirosaw Milewski, Jan Tyrawa, Ignacy Dec, Romuald Kaminski, Jan Piotrowski, Jozef Michalik, Wiesaw Smigiel, Piotr Libera, Sawoj Leszek Godze Stanisaw Gadecki, ma molti altri seguono il loro malsano esempio. Tutti i vescovi di Varsavia, in posizione congiunta, si sono opposti all’istituzionalizzazione dei diritti delle persone Lgbt+, lodando la discriminazione».
Non solo «il linguaggio che usano e il linguaggio dell’odio», osservano, ma «le azioni della Chiesa istituzionale in Polonia colpiscono noi ed ingannano i fedeli che, nel senso di rettitudine, verità e per difendere la loro fede, commettono azioni malvagie».
«Ci rivolgiamo a Vostra Santità – concludono – con questa richiesta di aiuto».