I giovani della FGEI alla scoperta del cammino del Progetto Evangelici LGBT
Dialogo del gruppo di lavoro della rubrica “Giovedì Queer” della Federazione Giovanile Evangelica in Italia con Paolo, volontario del Progetto Evangelici
GiovedìQueer è un progetto emerso dal XXI Congresso della FGEI (Federazione Giovanile Evangelica in Italia), un percorso che prosegue ogni terzo giovedì del mese, che si propone di sensibilizzare e informare rispetto alle tematiche LGBTQI+ attraverso la produzione e la diffusione di materiale e la promozione di iniziative a tema.
Ecco perchè “Giovedì Queer” ha voluto intervistare a Paolo, uno dei volontari del Progetto Evangelici del Progetto Gionata
GiovedìQueer: Il portale di Gionata è per la maggior parte curato da persone cattoliche, come è nata e che sviluppi ha avuto la tua collaborazione come evangelico?
Paolo: Da cristiano evangelico omosessuale, proveniente da chiese pentecostali completamente chiuse, a un certo punto ho cominciato a cercare delle fonti per approfondire le tematiche LGBTQIA+, ed è lì che mi sono imbattuto in Gionata. Trovare un sito che tratta tematiche riguardanti Cristianesimo e omosessualità da circa quindici anni, con una mole importante di articoli e approfondimenti, ha fatto sì che non mi importasse nulla se dall’altra parte ci fossero cattolici o evangelici; in quel momento mi importava soltanto di cercare delle risposte alle mie domande.
Dopo un primo ritiro fatto con i ragazzi del Progetto Giovani Cristiani LGBT, ho iniziato a chiedermi quante persone come me ci fossero, nascoste e in cerca di risposte; da qui l’idea di raccontarmi in una testimonianza che parlasse della mia esperienza, e allo stesso tempo descrivesse come noi omosessuali viviamo questa condizione all’interno delle nostre comunità.
Il portale Gionata da sempre collabora con teolog* Valdesi, quindi tra i vari articoli mi ha sempre fatto piacere trovarne una piccola parte dedicata al mondo evangelico. Con la consapevolezza del lavoro svolto in oltre vent’anni all’interno delle chiese del protestantesimo storico, il Progetto Evangelici all’interno di Gionata è nato al fine di creare una rete di cristiani evangelici aperti al confronto, assetati di verità, che vogliano analizzare i testi biblici in un’ottica diversa, ascoltare testimonianze ed esperienze vissute da credenti omosessuali.
La collaborazione e lo scambio ecumenico, se c’è stato, quale e quanto arricchimento ha portato a te come persona e quanto secondo te ai lettori evangelici?
Paolo: Posso dire che personalmente mi sono avvicinato a Gionata e alle iniziative del Progetto Giovani Cristiani LGBT con totale apertura, anche se non è sempre facile farlo, soprattutto quando si tratta di condividere modalità liturgiche molto differenti. Da sempre mi è stato insegnato però, a saper cercare i punti in comune, a spostare l’attenzione sulla condivisione e il confronto sul nocciolo del Cristianesimo: la Parola di Dio e la fede condivisa per lo stesso Padre Celeste. Questo approccio ecumenico per me è stato fonte di crescita spirituale, quanto lo sia stato anche per i lettori dipende soltanto da quanto essi siano aperti all’ecumenismo.
Qual è la situazione circa l’accoglienza delle persone LGBTQIA+ nelle chiese pentecostali o comunque del protestantesimo non storico?
Paolo: La situazione non è tra le più rosee. L’omosessualità è sempre vista come una condizione di peccato e perversione, quindi, per quanto amorevolmente possano accoglierti, arriverà sempre il momento in cui ti spiegheranno che con la conversione il Signore ti può cambiare e può cambiare i tuoi pensieri peccaminosi. Nessuno spazio all’amore quindi in un amore omosessuale, secondo la visione delle chiese evangeliche protestanti.
Devo dire che probabilmente qualcosa sta cambiando nell’accoglienza, ci sono tentativi per non far sentire a disagio chi si approccia per le prime volte alle nostre chiese, ma la sostanza non cambia se non cambia anche il messaggio di amore universale di Dio, e non si arriva a comprendere l’amore presente in una relazione tra persone LGBTQIA+.
In tutto questo c’è da considerare anche tutta quella fetta di credenti che scoprono la propria omosessualità dopo la conversione, costretti a negare a sé stessi la propria condizione, alimentando inutilmente sofferenze e lotte spirituali che spesso li portano ad allontanarsi dalla chiesa, perché si sentono continuamente giudicati e nel peccato.