I luterani svedesi di fronte al matrimonio gay
In Svezia la questione del matrimonio gay civile è stata regolata nella primavera scorsa con l’adozione di un nuovo principio: il matrimonio tra due persone è ormai “sessualmente neutro”.
Agli occhi del legislatore non vi è dunque più alcuna differenza tra una coppia eterosessuale, omo- o transessuale.
Teologia. C’è però un problema: cosa fare delle Chiese? In Svezia non c’è una separazione molto netta tra le Chiese e lo Stato.
Praticamente tutte le Chiese e le altre comunità religiose del paese possono per esempio sposare legalmente delle coppie senza che esse debbano prima passare dal municipio. In cambio, le Chiese devono rispettare la legge.
Cosa che per loro sarà difficile se lo Stato impone loro di sposare delle coppie omosessuali che ne fanno richiesta.
La stragrande maggioranza delle Chiese ritengono infatti che il matrimonio, per ragioni teologiche, sia riservato a coppie eterosessuali.
Questa è certamente la posizione della Chiesa cattolica romana, e di tutte le Chiese evangeliche, che raggruppano circa il 10% del cristiani battezzati, ma probabilmente fino al 50% di coloro che si proclamano “praticanti” in Svezia.
Per queste Chiese il problema è già risolto: nessun matrimonio per gli omosessuali. Esse preferiscono dunque rinunciare al diritto di sposare le persone piuttosto che far evolvere la loro teologia riguardo a questo aspetto.
Magnanimamente il legislatore ha finito per tener conto di questo caso di coscienza ed ha semplicemente chiesto alle Chiese ( e alle loro federazioni) di prendere una esplicita decisione al riguardo.
Così il loro diritto di sposare esclusivamente coppie eterosessuali non verrà toccato. Ma il dilemma è particolarmente sensibile per la grande Chiesa luterana di Svezia, una delle prime e più numerose comunità luterane al mondo coi suoi quasi cinque milioni di membri battezzati.
Qui ci si interessa solo di teologia, sia pur liberale. Storicamente legata allo Stato fino al 2000, questa Chiesa dipende da un vero parlamento che viene eletto democraticamente in elezioni nazionali dominate dai partiti politici tradizionali (socialdemocratici, destra liberale, centristi, ecc.).
Questo parlamento a sua volta elegge il proprio direttivo, del quale fanno parte i 14 vescovi del Paese, ma anche uomini e donne politici.
Ed è questo parlamento che prenderà la decisione finale durante le sue prossime sedute dal 22 al 25 settembre e dal 20 al 23 ottobre.
Dato che in Svezia tutti i partiti politici, fatta eccezione per piccole formazioni di cristiano-democratici e dell’estrema destra, sono favorevoli al matrimonio gay, è possibile annunciare in anticipo il risultato: sarà sì.
I vescovi da parte loro hanno dato il loro parere il 26 agosto. Riuniti nel Consiglio per la dottrina, in maggioranza hanno deciso per i matrimoni “sessualmente neutri”.
Otto vescovi, tra i quali l’arcivescovo di Uppsala, Anders Wejryd, pongono l’accento sull’importanza della complementarietà delle due persone di una coppia.
Secondo loro questa necessaria complementarietà non dipende dal sesso. Ma cinque vescovi si sono dichiarati totalmente contrari a questa idea.
Divisioni. Al di là degli evidenti problemi teologici – nella Bibbia le coppie sono costituite da un uomo e da una donna che, se possibile, allevano del figli – questi vescovi lamentano sia l’assenza di dialogo su questo punto con le altre Chiese (tutte ostili al matrimonio gay), sia l’importante rischio di una scissione.
Inoltre pongono questa domanda: “E’ giusto che una decisione dello Stato debba determinare il contenuto di qualcosa che concerne la fede, la confessione e l’ordine della Chiesa di Svezia?”
Questa questione molto laica, ricorrente in seno a questa Chiesa, non era mai stata espressa da tanti vescovi in modo così forte. L’arcivescovo Wejryd respinge questi timori.
Per lui a livello teologico la discussione sarebbe ormai chiusa. Il documento da lui firmato si compone di 2400 parole in cinque pagine.
E’ stato elaborato in pochi giorni e somiglia molto ad un articolo di discussione ideologica con numerosi riferimenti giuridici.
Il testo della minoranza dissidente è invece tre volte più lungo e richiama essenzialmente dei problemi teologici. Evidentemente questa diatriba all’interno della Chiesa di Svezia è ben lungi dall’essere risolta.
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