I metodisti americani rischiano di spaccarsi sul matrimonio omosessuale
Articolo di Julie Zauzmer* e Sarah Pulliam Bailey** pubblicato sul sito del quotidiano Washington Post (Stati Uniti) il 22 febbraio 2019, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Negli ultimi anni la profonda spaccatura in seno alla Chiesa Metodista Unita (United Methodist Church, UMC) sulle questioni sessuali ha indotto molti a utilizzare una parola che non si sentiva dai tempi delle lezioni di storia europea al liceo: “scisma”. E proprio uno scisma (una spaccatura della Chiesa a causa di differenze irriconciliabili) a tratti è parso imminente. Un incontro straordinario dei vertici della Chiesa (che conta 12 milioni di membri) cercherà di raggiungere un accordo per tenere unita la denominazione e anche per decidere la posizione ufficiale sulle tematiche LGBT.
“È molto difficile essere Chiesa allo stesso modo a Monrovia in Liberia, a San Francisco [in California], ad Austin in Texas, a Peoria nell’Illinois e a Montgomery in Alabama” dice il vescovo della Florida Kenneth Carter, uno dei tre moderatori della commissione che sta preparando delle proposte fin dal 2016: “Da un punto di vista politico, siamo una Chiesa che conta tra i suoi membri Hillary Clinton e Laura Bush, James Comey [ex direttore dell’FBI, n.d.t.] e Jeff Sessions [senatore repubblicano molto conservatore, consigliere di Donald Trump, n.d.t.]… Che tipo di unità possiamo raggiungere? O forse avremmo bisogno di qualche tipo di separazione?”.
La Chiesa Metodista Unita è il terzo gruppo religioso del Paese in termini di membri, la più grande tra le Chiese protestanti storiche. Molti pastori metodisti vorrebbero celebrare matrimoni omosessuali e già vengono consacrati pastori donne e persone omosessuali. Vedono i pastori di altre denominazioni del protestantesimo storico, come la Chiesa Presbiteriana, la Chiesa Evangelica Luterana e quella Episcopale, che già da lungo tempo celebrano unioni omosessuali e li considerano molto più avanti di loro, ma le questioni legate alla sessualità rimangono un forte elemento di divisione tra i pastori e i fedeli in tutti gli Stati Uniti. Inoltre, la Chiesa Metodista Unita non è solo americana, ma globale. Circa un terzo delle comunità si trova in Africa, dove la Chiesa cresce molto rapidamente e dove i leader non vogliono solitamente far parte di una Chesa che accetta l’omosessualità.
Come tenere tutto questo insieme? A St. Louis più di 800 pastori e laici voteranno su molte questioni, inclusa forse la fine dell’”Unita” nel nome della denominazione, che risale a 50 anni fa. “Quando sono realista, mi rendo conto che la nostra denominazione probabilmente si spaccherà. È l’opzione più probabile” dice il reverendo Frank Schaefer, personaggio chiave del dibattito. Schaefer, padre di tre figli gay, è stato messo sotto procedimento disciplinare dalla Chiesa per aver celebrato il matrimonio di suo figlio; è stato licenziato dal vescovo della Pennsylvania, poi assunto dalla comunità di Santa Barbara, in California, sotto un altro vescovo: “Stiamo sprecando risorse nella discussione e nel farci del male. È come un matrimonio sbagliato: a volte è meglio rompere e andare avanti”.
Una delle opzioni, sostenuta da Schaefer, è permettere a ciascuna comunità locale di decidere in sostanziale autonomia se assumere o meno pastori e pastore omosessuali e celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso. La reverenda Stefanie Bennett, pastora a New York della più antica congregazione metodista unita, dice che la maggior parte dei 100 membri della sua chiesa spera che questa opzione passi: “Sarebbero abbattuti” se la denominazione si spaccasse, ma lei crede che ci sia bisogno di cambiare l’atteggiamento verso i membri LGBT: “La Chiesa non è stata una buona rappresentante di Gesù, visto il modo in cui ha trattato le persone LGBTQI”.
Una seconda opzione, chiamata l’”opzione tradizionale”, è in continuità con la posizione ufficiale della Chiesa contro l’omosessualità e vuole rafforzare le sanzioni contro i pastori e le pastore che vanno contro questa posizione. Mark Tooley, nato metodista e direttore del gruppo Institute on Religion and Democracy, spera che passi questa opzione. Secondo lui, un piccolo gruppo di comunità progressiste se ne andrà, ma il 95% rimarrà. È dubbio che la denominazione debba seguire il destino di altre Chiese protestanti storiche, che stanno conoscendo un forte declino. Secondo Tooley gli Africani costituiranno la maggioranza nella denominazione tra una decina d’anni, spingendo il metodismo verso una posizione teologicamente più conservatrice: “La nostra denominazione sta cambiando enormemente”.
Una terza opzione consisterebbe nel dividere la Chiesa in tre denominazioni distinte, ma collegate tra loro: una che accoglie le persone LGBT, una che condanna l’omosessualità e una che darebbe a ogni pastore libera scelta sul tema: “Questo vorrebbe dire la separazione che molta gente desidera. Alcune risorse sarebbero in comune, ma ognuna avrebbe i suoi vescovi e il suo budget. Sarebbe una specie di collegamento a maglie lente” dice il vescovo Carter.
I partecipanti al congresso di St. Louis potranno modificare queste proposte e suggerirne altre. Un’altra opzione viene portata avanti da alcuni progressisti, che la definiscono “il piano semplice”: rimuovere completamente tutte le frasi contro l’omosessualità dal libro delle discipline della Chiesa: “È una proposta basata sui diritti civili, quindi non voglio denigrarla. Dice: ‘Ma perché [il matrimonio omosessuale] dovrebbe andare bene a Washington e non in una zona molto conservatrice? Le persone di quella zona dovrebbero essere protette’. È una proposta molto potente” dice Carter.
Per la prima volta dal 1970 la Chiesa ha convocato una sessione speciale su un singolo tema, al di fuori delle sessioni regolari quadriennali: quell’anno il tema era l’unione con un’altra denominazione, questa volta si deciderà se scindersi.
* Julie Zauzmer è laureata in inglese a Harvard. Si occupa di religione, fede e spiritualità; in precedenza si occupava di cronaca locale per il Wahington Post e il Philadelphia Inquirer. Parla latino e francese.
** Sarah Pulliam Bailey gestisce Acts of Faith, il blog sulla religione del Washington Post. I suoi articoli parlano di come la fede si interseca con tutto: la politica, la cultura, l’istruzione, il matrimonio omosessuale, la povertà, l’aborto e l’ambiente. Prima di arrivare al Washington Post era corrispondente da New York dell’agenzia Religion News Service e redattrice online del mensile Christianity Today. Durante il periodo universitario è stata redattrice del giornale degli studenti del Wheaton College e ha fatto esperienza in quattro quotidiani.
Testo originale: Will the nation’s third-largest church split up over LGBT debate? Leaders try to reach an answer.