I pasti queer di Gesù nel Vangelo di Luca
Riflessioni bibliche* di Robert E. Goss pubblicate sul blog Diversidad Cristiana (Uruguay) il 7 luglio 2010, liberamente tradotte da Z. Dub
Ospitalità. Le persone “queer” piace condividere snack e feste. I nostri pasti “queer” – sia che si tratti di “pioggia” spontanea o di eleganti banchetti – sono un mezzo di conversazione, che inizia e prosegue i rapporti sociali. Cibo e comportamento mentre si mangia sono parte di un complesso culturale; svolgono funzioni sociali e culturali, oltre a soddisfare i bisogni nutrizionali.
Costruiscono ed esprimono relazioni sociali e valori culturali; la loro forma può imitare i valori familiari, oppure esprimere visioni alternative di relazioni e famiglie. I pranzi gay sono spesso aperti a coppie, bambini, amici, amici di amici ed ex coppie. John McNeill osserva che l’ospitalità è una virtù “queer”, citando Henri Nouwen e la sua definizione di “virtù che ci permette di rompere la ristrettezza delle nostre paure e aprire la nostra casa all’estraneo, con la consapevolezza che la salvezza viene a noi sotto forma di un viaggiatore stanco”(McNeill 1988: 97); per McNeill l’ospitalità queer si esprime nella parabola del Buon Samaritano, in cui il Samaritano è una “drag queen che aiuta ad alzarsi un ferito sulla 42esima strada di New York mentre vede passare un prete cattolico e un assistente sociale” (McNeill 1988: 96).
Ma andiamo oltre ciò che fa McNeill. Immaginiamo che questo ferito sia un cardinale cattolico o un televangelista come Pat Robertson.
La sorpresa arriva dall’amore mostrato verso qualcuno che ha attivamente perseguitato la comunità queer e installato un clima di violenza sociale. Comunica lo shock intenzionale della parabola del Samaritano e il comandamento di Gesù sull’amore per i nostri nemici.
Il regno di Dio è radicalmente inclusivo e Gesù raccomanda al suo pubblico di imitare il compassionevole samaritano, odiato e disprezzato da tutti in quell’epoca. L’ospitalità queer, allo stesso modo, trova Dio presente nello straniero, nel nemico, nel leader religioso omofobo.
I pasti sono le metafore di Gesù per parlare del regno di Dio, che esprimono l’inclusività di Dio; le regole di Gesù sull’ospitalità sono profondamente “queer”, parlano delle abitudini e dei valori ebraici sul cibo per mostrare il regno di Dio.
Gesù amava celebrare e in questo si oppone al ministero di Giovanni Battista: “È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Luca 7:33-34).
Gesù è associato con i pubblicani e i peccatori (Luca 7:50; 11:4; 15:7-10; 18:9-14; 19:1-10); i pasti sono feste fuori luogo per gli ebrei, con i loro rigidi ordini del giorno di santità/purezza, perché violano la santità/purezza dell’etichetta e suggeriscono qualcosa di nuovo, con delle relazioni al di là dei limiti. Il perdono che Dio dà ai peccatori sovverte il sistema del Tempio, che offre sacrifici di riconciliazione con Dio.
Quali sono le regole dell’ospitalità nei pasti di Gesù? Egli rende “queer” le regole dell’etichetta, descrivendo chi non invitare: amici, parenti, ricchi vicini e chiunque possa restituire il favore dell’invito (14:12). Gli ospiti vengono sostituiti da coloro che nessuno desidera: i poveri, gli storpi, gli zoppi e i ciechi (14:13-14).
La lista degli invitati si ripete nella parabola della Grande Cena, in cui l’ospite chiede al servo di andare in piazza e invitare le persone emarginate al banchetto (14:21). Qui Gesù colpisce anche alcuni ospiti “queer”, invitando non le superstar, ma quelli con corpi meno perfetti e le “nullità queer”. Il padrone non invita per essere ricambiato, né per migliorare il suo status sociale.
L’ordine sociale è rovesciato nel regno di Dio, poiché i pasti festivi di Gesù dividono le famiglie, mettono i loro membri in luoghi diversi e invitano ogni tipo di persona sospetta, gli esclusi socialmente, chi svolge “queer”. Gli estranei diventano così “interni” e viceversa. Questi pasti esprimono metaforicamente l’invito promiscuo di Dio, la grazia e la compassione per tutti e l’inversione della gerarchia.
Per Dominic Crossan, i pasti di Gesù creano una visione egualitaria del regno di Dio: “Il regno di Gesù, delle nullità e degli indesiderabili, qui e ora, è sicuramente egualitario e, come tale, rende le distinzioni sessuali e sociali, politiche e religiose completamente irrilevanti e anacronistiche […] Ma la radicale mancanza di differenziazione sociale rimane una sfida a tutte le specificazioni, interpretazioni e aggiornamenti del Regno proclamato”.
*I passi biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI.
Testo originale: El Evangelio de Lucas según la Biblia Queer – Entrega 4-