I vescovi italiani e le paure sulla Fiducia Supplicans
Riflessioni di Massimo Battaglio
L’altro giorno, un mio amico è andato da un suo amico il quale è amico del vescovo della sua diocesi, nel senso che è un tipo che lavora in curia. Gli ha proposto di organizzare un momento pubblico di approfondimento su Fiducia Supplicans. La risposta dell’amico del mio amico è stata: “per carità, non è il momento. I vescovi italiani stanno litigando come matti“.
Me lo aspettavo. Il silenzio seguito al documento papale sulla benedizione alle coppie irregolari o LGBT+ da parte dei vescovi italiani non può essere interpretato diversamente: sono rimasti storditi e stanno litigando. Mi immagino su cosa.
Pare che, da una parte, ci siano quelli entusiasti, come mons. Staglianò vescovo di Crotone e dall’altra gli apocalittici, sempre attentissimi a cogliere il Papa in fallo per altri motivi. In mezzo ci sono le decine di neutralisti, quelli che preferiscono non sbottonarsi mai per non far torto a nessuno.
Devo dire che questi ultimi, in questo caso e limitatamente a esso, hanno quasi la mia comprensione. Se, per esempio, guardiamo su youtube tutti i video che si sono prodotti contro Fiducia Supplicans, abbiamo l’impressione che tutta la cattolicità nostrana sia scandalizzata come non mai. C’è effettivamente da spaventarsi. Se poi diamo retta a chi parla di “interi episcopati contrari” che tacciano papa Francesco di “eresia”, un po’ di paura non può che prenderci.
Se infine stiamo a guardare quali siano ancora oggi i numeri dell’omofobia nel nostro Paese, non possiamo che convenire che il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede sarà difficile da digerire per molti, cattolici per primi.
Mi viene però da rispondere: è possibile che un vescovo, persona che dovrebbe saper vedere le cose dall’alto, si lasci impressionare da queste cose?
Youtube non è lo specchio dell’universo. E’ un luogo virtuale dove ciascuno può dire la sua; basta che si organizzi. Ed è del tutto normale che chi si sente contrario a qualche cosa – qualunque cosa – si organizzi maggiormente rispetto a chi è a favore. Questi ultimi non hanno bisogno di youtube per protestare, semplicemente perchè non hanno nulla di cui protestare. E dunque non fanno rumore, pur essendo la stragrande maggioranza. Del pari, è perfettamente normale che i media più tradizionali diano risalto ai contestatori, perchè fa notizia. Che notizia sarebbe quella che dice che sono quasi tutti d’accordo?
Lo stesso ragionamento dovrebbe valere per chi si spaventa di coloro che brandiscono il fatto che “intere conferenze episcopali dell’Africa” hanno immediatamente levato gli scudi. Su questo punto però, mi arrabbio un po’ di più, non con gli spaventati ma con gli spaventatori. Perché queste cose andrebbero comunicate con un po’ più di onestà intellettuale.
Ho già detto in un altro articolo, che le “conferenze episcopali” contrarie sono in tutto quattordici sulle centoquindici mondiali e, di esse, undici sono di Paesi africani dove il cattolicesimo è in minoranza mentre le altre tre sono quelle dell’Ungheria, della Polonia e dell’Ucraina. A esse si aggiungono alcuni vescovi sparsi qua e là, generalmente residenti in Paesi che non sono proprio specchi di democrazia. Bisogna aggiungere che i loro pronunciamenti sono avvenuti nel giro di pochissimi giorni e solo per bocca dei loro presidenti. Nessuna conferenza espiscopale è stata in realtà riunita per discutere l’argomento. In sostanza: non sapremo mai cosa pensano veramente i vescovi né tantomeno i cristiani cattolici di quei Paesi, di questo documento tenuemente favorevole alle coppie omosessuali.
Allora, perchè i vescovi italiani sono così timorosi? Avevano forse qualche candidato africano da proporre al prossimo conclave? Malignità per malignità… O temono magari di perdere fedeli omofobi ma tanto pii? O ancora, li spaventa una eventuale reazione pericolosa da parte dell’attuale maggioranza politica, la quale, bene o male, si professa cattolica? Va’ a sapere.
Resta però il fatto che un documento magisteriale non si rigetta, né si raggira, né tantomeno si nasconde sotto il tappeto. E non ci si fa nemmeno forti del comunicato in cui lo stesso ex Sant’Uffizio sembrava ridimensionare la cosa: primo perché la sua intenzione non era affatto di ridimensionare ma di fermare le sterili polemiche, secondo perché un comunicato stampa non è dottrina. Ripeto: un comunicato stampa non è dottrina! Il magistero non si fa coi twitt.
Chi pensa di poter raggirare Fiducia Supplicans (per esempio proponendo benedizioni serali di dieci secondi in casa parrocchiale) o contestarla radicalmente (per esempio con proclami come quelli polacchi) e contemporaneamente conservare la propria cattedra di vescovo, sbaglia di grosso. Potrà fare le sue osservazioni, le sue controdeduzioni ma, per favore, non si arroghi il diritto di non applicarla. Nella Chiesa, non funziona così. Altrimenti, cosa avremmo dovuto fare noi quando, a suo tempo, Ratzinger approvò quella famigerata “lettera ai vescovi sulla cura pastorale delle persone omosessuali”? Stracciare i nostri atti di cresima e fondare una nostra Chiesa?
Il dibattito nella Chiesa c’è sempre stato e fa bene, quando si svolge nelle forme dovute. Per esempio, quando Benedetto XVI promulgò il motu proprio “Summorum Pontificum” in cui estendeva al massimo la facoltà di celebrare la messa “in forma straordinaria” (cioè secondo il rito tridentino), molti fecero rilevare preoccupazioni, pericoli e veri e propri errori. Nel 2021, papa Francesco, constatato che quelle preoccupazioni erano fondate e quei pericoli si stavano verificando, si è mosso nella direzione opposta con un altro motu proprio: “Tradizionis Custodes”. Ciò è stato possibile proprio grazie a un dibattito vivo. Ma nessuno di coloro che criticavano Benedetto XVI si è mai sognato di minacciare scismi o di gridare all’eresia.
Ora, con Fiducia Supplicans, i vescovi italiani dovrebbero fare la stessa cosa: promuovere una discussione franca ma serena in spirito di comunione, favorendone il più possibile la conoscenza tra i fedeli e la solerte recezione. Se non lo fanno, andrà a finire che qualcuno sospetterà che ci sia del marcio.
E basta vedere chi sono i capi-bastone della critica più efferata, per capire che il marcio, molto probabilmente, c’è proprio. Abbiamo il solito Burke, quello a cui il Papa ha appena tagliato lo stipendio perché andava a spenderlo in iniziative contro la sua persona. Poi c’è il card. Sarah, quello che pubblicava propri libri contro Bergoglio spacciandoli per scritti di Benedetto XVI. Segue Viganò, che ha approfittato dell’occasione per andarsene con gli ex-lefebvriani, cioè con quelli che superarono Lefebvre da destra (come se fosse possibile). E dietro c’è la schiera dei quarantaquattro gatti che non vedevano l’ora di andarsene passando per più cattolici dei cattolici.
Se questi soggetti fossero animati da un banale sacro fuoco per la tradizione, non ci sarebbe molto da temere. Il problema nasce quando si osservano le alleanze che stringono a livello politico ed economico: le destre statunitensi (alla vigilia delle primarie) e quelle europee, gli “oligarchi” russi, i piccoli dittatori africani (nemmeno cristiani, a essere precisi).
Far passare sotto silenzio Fiducia Supplicans non sarebbe una novità. Lo stesso è stato fatto con la “Laudato Si'” (mi si trovi un vescovo di allora, a parte Zuppi, che abbia fatto qualcosa di concreto per attuarla) e con “Fratelli tutti”, che abbiamo conosciuto più dai i media che attraverso i nostri preti. Ma sarebbe un errore, grossolano e controproducente. Finirebbe per lasciarci credere che i vescovi italiani, in fondo in fondo, stanno dalla parte non dell’Africa ma di un monsignore anti-bergogliano, anti-covid, antivaccinista, anti-tutto: Carlo Maria Viganò. E quanto bisogna che sia sporca la coscienza la coscienza di un vescovo, perché accetti di essere tenuto in ostaggio da personaggi del genere?