Il benvenuto di Isaia nella comunità dei credenti agli eunuchi e agli stranieri
Testo di Austen Hartke tratto da “Transforming: The Bible and the Lives of Transgender Christians” (Trasformazioni. La Bibbia e le vite dei cristiani transgender), editore Westminster John Knox Press, 2018, 225 pagine), capitolo 7.3, liberamente tradotto da Diana di Torino, revisione di Giovanna di Parma
Iniziai a camminare attraverso il campus dirigendomi verso le spesse porte di legno della biblioteca e mi resi conto che, indipendentemente dal fatto che gli eunuchi e gli stranieri fossero accettati come sacerdoti, Isaia aveva pronunciato un’incredibile parola di benvenuto nei confronti di due gruppi che non si sarebbero mai aspettati di venir inclusi nella nuova Israele. Con solo otto versetti Dio aveva dato loro sia la certezza di far parte del futuro di Israele sia un posto all’interno della comunità.
Il giorno prima avevo letto un articolo che suggeriva che Isaia stava tentando di affrontare lo stigma contro gli israeliti che non avevano figli. C.E. Hammock, l’autore dell’articolo, spiegava che gli israeliti che non avevano figli erano considerati sleali nei confronti della comunità e dell’alleanza con Dio.
Suggerisce, inoltre, che questo potrebbe essere stato il motivo dietro i versetti che sembrano criminalizzare gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso. La percezione della mancanza di figli come una slealtà nei confronti della comunità quasi certamente è aumentata nel periodo in cui Israele stava cercando di ricostruire e ripopolare la sua patria dopo l’enorme perdita di vite nel periodo della cattività.
Dio ha posto rimedio a questa situazione con un dono offerto all’eunuco che abbracciava la loro identità e gli forniva un mezzo per ritornare nella comunità israelita. In opposizione al taglio fisico e sociale che l’eunuco aveva sperimentato, Dio gli conferiva un nome che, dice Hammock, “avrebbe funzionato allo stesso modo dei bambini. Per l’eunuco una vita senza prole è una vita senza benedizione, esattamente lo stesso problema di Abramo in Genesi 15:2”.
Improvvisamente, mentre pensavo alla parola “benedizione” e alla storia di Abramo e Sara, nella mia mente scattò qualcosa. Smisi di camminare per un minuto, guardando le nuvole che si muovevano lentamente nel cielo azzurro. Ciò che Dio stava dando agli eunuchi, attraverso le parole di Isaia, non era solo un posto nella società e non era solo speranza per il futuro.
Dando agli eunuchi gli stessi doni offerti ad Abramo e Sara – un nome, un’eredità, una famiglia, un’accoglienza e una benedizione – Dio stava consapevolmente associando le due storie nella mente delle persone – una storia che costituiva un precedente fondato sulla grazia divina.
Quella era la storia che avevo bisogno di sentire. Avevo bisogno di sapere che i miei problemi erano come quelli dell’eunuco, come quelli di Abramo e Sara, e che tutte queste complicazioni erano state superate dal grande amore di Dio.
Mentre camminavo per la biblioteca quel giorno, sentivo come se tutti i pezzi si stessero finalmente combinando insieme. Ma ero sicuro che il quadro completo avrebbe fatto la differenza? Come si è visto, il nuovo Israele dei tempi di Isaia non era pronto ad accogliere pienamente gli eunuchi, nonostante le parole di Dio. Le comunità cristiane di cui facevo parte erano diverse?
Ho iniziato la terapia ormonale a novembre 2014, un anno dopo aver scoperto Isaia 56. All’epoca avevo finito la tesi, mi ero laureato e avevo fatto coming out coi miei amici e la mia famiglia. Alcuni la stavano prendendo meglio di altri.
Una sera, mentre parlavo al telefono con mio padre, lui iniziò a chiedermi come avevo compreso la mia identità di genere. Nel passato quando discutevamo di questi argomenti, mi sembrava di parlare in lingue differenti. In un certo senso penso che fosse vero.
Le mie definizioni di termini come sesso e genere erano diverse dalle sue, in parte a causa del gap generazionale. A un certo punto si fermò e sentii che nel silenzio stava raccogliendo le idee. Alla fine mi chiese: “Da un punto di vista teologico come fai a capire di essere transgender?”
Nessuno mi aveva mai posto prima questa domanda così sfacciatamente. Ho tentato di riassumere in un paio di frasi i miei pensieri sugli eunuchi nell’antichità, ma quando abbiamo riattaccato, ho capito che le cose non erano andate molto bene. Sono andato a letto continuando a rimuginare su quella domanda: c’erano così tante cose che avrei voluto dire!
Volevo dirgli che tramite Isaia Dio mi aveva dato un senso di appartenenza, che non potevo scrollarmi di dosso. Credevo che, dichiarando accettabili i non binari, Dio mi aveva reso accettabile. Volevo dirgli che quando avevo letto che gli eunuchi sarebbero stati pieni di gioia nella casa di preghiera di Dio, mi ero convinto che le persone transgender non erano destinate solo a sopravvivere nelle comunità cristiane, ma a prosperare.
C’erano diversi testi biblici che mi hanno aiutato a capire la confluenza tra la mia identità di genere e la mia fede, ma è stato Isaia 56:1-8 che mi ha aiutato a comprendere l’importanza di una storia condivisa. Sebbene gli eunuchi non si trovassero esattamente nelle stesse circostanze dei loro antenati Abramo e Sara, la benedizione che ricevettero era abbastanza simile da poter fare riferimento a quella antica.
Allo stesso modo, la mia vita non rispecchiava esattamente quella degli eunuchi israeliti, ma gli ostacoli che abbiamo dovuto affrontare richiedevano una risoluzione simile che ha unito le nostre esperienze.
È quella combinazione di sostegno e storia condivisa che può dare ai cristiani transgender il coraggio di ritagliarsi uno spazio in una chiesa globale che spesso li ignora o li perseguita. Sapere di appartenere a un Dio che raduna gli emarginati e comanda di aprire le porte a chi sta fuori dai cancelli: questo è il tipo di amore che porta alla liberazione.
Dio non ha chiesto agli eunuchi di seguire le norme sociali precedenti, di piegarsi per adattarsi al popolo di Israele assumendo ruoli di genere. Dio, invece, ha invitato la comunità a trasformarsi per diventare completamente diversa da come era prima.
Nei mesi straordinari che seguirono mi furono offerte diverse opportunità di pregare con altri cristiani queer in comunità che rappresentavano un esempio per la differenza di genere, razza, classe e nazionalità.
Ogni volta che mi guardavo intorno in quel mare di facce tutte diverse, tutte speranzose, tutte grate di poter stare insieme, pensavo: “Questo deve essere qualcosa di simile alla visione di Isaia. Questo assomiglia a una casa di preghiera aperta a tutti”.