Il cambiamento nella società e nella Chiesa da cui scaturisce la pastorale LGBT+
Testo pubblicato sul sito della Enciclopedia Digital Theologica Latinoamericana (Brasile), liberamente tradotto da Claudia Iuzzolino, parte prima
Papa Francesco nel 2013, una volta tornato a Roma dal Brasile, pronunciò una frase di grande impatto: “Se una persona è gay, cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla? […] Non si possono emarginare le persone per questo”.
Lo stesso anno convocò il Sinodo dei Vescovi per affrontare il tema della famiglia e delle sue attuali sfide, e nel questionario preparatorio, inviato a tutte le diocesi del mondo, si domandava quali servizi pastorali si potessero offrire alle persone che hanno scelto di vivere relazioni omosessuali, e nel caso di adozione di figli, che cosa si potesse fare per potergli trasmettere la fede.
La Chiesa Cattolica sta vivendo un periodo di rinnovamento pastorale, promosso dal Papa attraverso l’invito a dirigersi verso le “periferie esistenziali”, ad andare incontro ai poveri e a coloro che soffrono di ingiustizie, conflitti e mancanze. È necessario aprirsi alle novità che Dio apporta nella nostra vita, che ci realizzano e che ci danno la vera allegria e serenità, perché Dio ci ama e vuole solo il nostro bene. Ciò che Francesco critica è una Chiesa chiusa in se stessa, trincerata in strutture obsolete e non accoglienti e chiusa ai nuovi sentieri che Dio le mostra. L’azione dello Spirito Santo eleva gli sguardi dei fedeli verso l’orizzonte, dirigendoli verso quelle periferie.
Uno dei dati più rilevanti del mondo odierno è l’ampia visibilità della comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, travestiti e transessuali). C’è bisogno di fare chiarezza sui termini: i travestiti sono persone che ricoprono un ruolo femminile, ma non si identificano né come uomini né come donne; i transessuali sono persone che non si identificano con il sesso che è stato loro attribuito alla nascita, bensì con quello opposto.
Esistono gli uomini trans, che rivendicano il riconoscimento sociale e legale come uomini, e le donne trans, che rivendicano il riconoscimento sociale e legale come donne. Sia i travestiti che i transessuali sono transgender, cioè persone che non si identificano con il sesso che è stato loro attribuito alla nascita; il contrario sono le persone cisgender, cioè persone che si identificano con il sesso che è stato loro attribuito alla nascita.
In passato, molte di queste persone vivevano ai margini della società o nell’anonimato. Un gran numero di gay e lesbiche si nascondeva nei matrimoni tradizionali costituiti da unioni eterosessuali, e alcuni formavano ghetti privati come forma di difesa. Al contrario, oggigiorno la comunità LGBT organizza numerose manifestazioni, è presente in film e telefilm, cerca riconoscimento, esige rispetto e richiede gli stessi diritti e doveri degli altri cittadini. Questa comunità è ovunque; chi non ne fa parte ha parenti stretti o lontani che ne fanno parte, in maniera velata o evidente che sia, così come vicini o colleghi di lavoro.
L’ampia visibilità evidenzia anche i problemi che l’affliggono; infatti, c’è una forte avversione contro gli omosessuali, chiamata omofobia, e contro i travestiti e i transessuali, chiamata transfobia. Quest’avversione produce diverse forme di violenza fisica, verbale e simbolica contro di loro: esistono genitori che dicono “Preferisco un figlio morto a un figlio gay”, e tra le parolacce più offensive che esistono, spesso sono tirati in ballo l’essere omosessuali o il sesso anale, comune soprattutto nell’omoerotismo maschile (nel senso che viene visto come un insulto). Spesso quando si dice che qualcuno è “uomo” o “donna” si fa riferimento all’essere eterosessuale, come se le persone omosessuali fossero meno mascoline o femminili.
In Brasile sono frequenti gli omicidi, soprattutto di travestiti, e molti adolescenti, ma anche molti adulti, che si scoprono gay o lesbiche si suicidano. Arrivano a questo gesto estremo per colpa del presentimento del rifiuto da parte della propria famiglia e della società; ostilità che genera tante forme di discriminazione che, anche se non portano alla morte, portano una profonda tristezza e depressione.
Il sacerdote Julio Lancellotti lavora nella città di São Paulo a contatto con le persone per strada e descrive la situazione drammatica a cui assiste: “Durante la mia missione pastorale ho chiacchierato con vari esponenti della LGBT per le strade della città […] alcuni malati, feriti, abbandonati. Molti raccontano storie di violenza, abusi, bullismo, torture e crudeltà. Alcuni raccontano come furono cacciati dalla Chiesa e dalle comunità cristiane, rifiutati dalla famiglia in nome della morale. Sono stato testimone di lacrime, ferite, sangue e fame; impossibile non riconoscere in loro la presenza del Signore Crocifisso!”.
Ci sono molte persone LGBT anche nella Chiesa Cattolica; sono persone che sono nate e sono state cresciute in quest’ambiente, hanno fede, e a un certo punto hanno scoperto la loro condizione. Molte di loro partecipavano attivamente alla comunità cristiana, ma non poche se ne sono allontanate per colpa delle incomprensioni e dell’ostilità. Hanno bisogno di incontrare credenti e sacerdoti sensibili alle loro ferite e difficoltà, così come ai propri talenti e potenzialità.
Non c’è dubbio del fatto che gli esponenti della comunità LGBT si trovino in quelle periferie esistenziali indicate dal Papa, e l’invito pastorale della Chiesa deve contemplare anche loro. Con la dovuta comprensione della propria realtà, possono essere aiutati nella ricerca di Dio e del senso della vita, nella coltivazione della vita spirituale e dell’autostima, nella cura delle ferite esteriori e interiori, attraverso l’appoggio vicendevole, la vita ecclesiastica, l’apostolato e l’azione nel mondo; per aiutarli in questo cammino conviene riflettere sulla realtà con alcuni strumenti teologici e pastorali.
Testo originale: Pastoral de los LGBT