Il cammino di un vescovo gay nel cuore dell’Africa
Testimonianza* del reverendo Clément Rouge, raccolta da Francesco e pubblicata sul sito GayChristianAfrica il 25 aprile 2020, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
Sono il reverendo Clément Rouge, ho 43 anni e sono ugandese. Appartengo alla Chiesa Ecumenica Ortodossa-Cattolica (EOCC), che comprende tredici parrocchie in Uganda e Tanzania. Sono nato e cresciuto nella Chiesa Cattolica e mi sono formato nell’ambito della Congregazione degli Apostoli di Gesù Missionario per l’Africa e il Mondo, dove sono entrato fin dal seminario minore.
Ho capito di essere gay all’età di tredici anni, a quel tempo vivevo con i miei nonni a 150 chilometri della casa dei miei genitori, e questo mi ha aiutato a tenere loro nascosta la mia sessualità.
Durante il periodo del seminario maggiore conobbi un sacerdote italiano, il nostro direttore spirituale: con lui parlai della mia sessualità, anche se come seminarista ero tenuto al celibato. Quel sacerdote mi sostenne nel mio cammino di prete gay; tuttavia, durante il mio terzo anno di teologia, prima di diventare prete a tutti gli effetti, venni respinto perché si era sparsa la voce che ero gay, perciò lasciai il seminario e la Chiesa Cattolica.
Un anno dopo cercai di farmi ordinare dalla Chiesa Greco-Ortodossa dell’Uganda, ma poiché avevo fatto coming out anch’essi mi respinsero e mi discriminarono. Per questo mi sono unito a una Chiesa ortodossa indipendente e non canonica, e sono diventato sacerdote. Questa Chiesa è omofoba, ma spinto da un amico ho potuto vivere la mia sessualità di nascosto, fino a che sono stato consacrato vescovo.
Spinto dalle parole di Paolo “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3:28) ho preso posizione e ho sfidato l’omofobia del mio arcivescovo, incoraggiandolo a concedere alle persone LGBT+ l’Ordine Sacro e spiegandogli che esse portano doni molto speciali alla Chiesa.
Per questo abbiamo litigato, e grazie alla sua connivenza con le forze di sicurezza mi ha mandato in esilio in Nigeria, ma questa vicenda mi ha dato energie ulteriori per coordinarmi con altri membri del mio gruppo, in modo da lottare per i nostri diritti.
Mio fratello, anche lui sacerdote, intanto trattava per farmi tornare in Uganda; al mio ritorno ho dato avvio a un ministero indipendente, che deve affrontare l’omofobia e la mancanza di fondi, ma ringrazio Dio che siamo ancora in piedi e siamo convinti che tutto andrà bene. Abbiamo fiducia in Dio, e speriamo nelle vostre preghiere.
* Il passo biblico è tratto dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI.
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