Il cammino delle persone con disabilità e delle persone LGBTQ+ per una Chiesa cattolica inclusiva con tutti
Post di Elliott Barnhill* pubblicato sul sito di New Ways Ministry (USA) il 31 luglio 2024 e liberamente tradotto da Luigi e Valeria de La Tenda di Gionata
Siamo alla fine di luglio, un mese dedicato a una comunità spesso trascurata. Mentre giugno è il mese dell’orgoglio LGBTQ+, luglio è il mese dell’orgoglio delle persone con disabilità. Può sembrare che le celebrazioni dei due mesi siano dirette al supporto di gruppi diversi, ma in realtà hanno scopi molto simili. A giugno, le persone LGBTQ+ celebrano i loro successi, i loro talenti e la loro dignità intrinseca, e a luglio le persone disabili fanno esattamente la stessa cosa.
Il Disability Pride Month è stato originariamente istituito per commemorare l’approvazione dell’Americans with Disabilities Act nel luglio del 1990 e per celebrare gli attivisti disabili che lo hanno reso possibile. Nel tempo, questo appuntamento è diventata una occasione in cui le persone disabili e i loro sostenitori possono perseguire l’accettazione di sé e promuovere l’accessibilità, oltre a incoraggiare le comunità che le supportano.
Disability Pride significa eliminare le strutture culturali che definiscono alcuni corpi e alcune menti come intrinsecamente più preziosi e meritevoli di altri. È un momento per dire con coraggio al mondo che le persone disabili meritano di essere riconosciute come componenti preziosi della società e di essere incluse in tutti gli ambiti della vita.
In quanto persona sia LGBTQ+ che cattolica, sono profondamente consapevole dei parallelismi tra le due comunità e sono ancora più consapevole di quanto la comunità LGBTQ + cattolica può imparare dal movimento per i diritti delle persone con disabilità.
La condizione delle persone disabili nel mondo cattolico non è semplice. Certamente esistono nelle comunità cattoliche attività pastorali e servizi che aiutano le persone disabili a vivere la loro vita; tuttavia, mancano ancora cattolici con disabilità che si impegnano direttamente per promuovere il miglioramento delle loro comunità di fede. Gran parte delle dichiarazioni e delle attività che riguardano la partecipazione dei disabili alla vita della Chiesa sono svolte, di fatto, da cattolici normodotati di buone intenzioni. Per farla breve, il dialogo sulla disabilità nella Chiesa è troppo spesso un dialogo tenuto da e per persone normodotate.
Papa Francesco ha parlato più volte di come ai cattolici con disabilità sia stato negato l’accesso ai sacramenti, ai programmi OCIA [N.d.T. percorsi strutturati di iniziazione cristiana per adulti] e ad altre opportunità di impegno nella Chiesa. Anche quando alle persone disabili viene teoricamente concessa la possibilità di accedere agli elementi base della pratica della fede, spesso questi elementi non sono accessibili. Non sono adatti alle esigenze della persona disabile in questione.
Una persona su sedia a rotelle può essere un lettore, quando il pulpito non ha una rampa? Esistono materiali di preparazione alla Prima Comunione per le persone con disabilità intellettive? La partecipazione alla messa è possibile per le persone con disabilità sensoriali, come le persone con autismo o disturbi della percezione uditiva? Mentre alcune parrocchie hanno realizzato questi adattamenti, in molti luoghi la risposta a queste domande è ancora «no». Le persone disabili, ancora oggi, incontrano barriere per la piena partecipazione alla Chiesa e non sono pienamente incluse nelle loro comunità di fede.
Allo stesso modo, anche i cattolici LGBTQ+ sperimentano barriere per la partecipazione ai sacramenti e per la piena partecipazione alla vita della Chiesa. L’obiettivo dei cattolici LGBTQ+ impegnati nella pastorale non è solo quello di essere accolti nella Chiesa, ma soprattutto quello di avere la possibilità di impegnarsi pienamente nel lavoro della Chiesa. Per molti versi, l’impegno per la promozione dei diritti dei cattolici LGBTQ+ può essere considerato un impegno per la promozione dell’accessibilità. I cattolici LGBTQ+ chiedono l’accesso ai sacramenti, inclusa l’Eucaristia. Nel chiedere l’accesso per loro, ripercorrono di fatto l’impegno fondamentale degli attivisti per la disabilità. Come i cattolici disabili, i cattolici LGBTQ+ lottano per l’inclusione all’interno della Chiesa.
Nel sostenere l’accessibilità e la partecipazione alla vita della Chiesa universale, i cattolici disabili e i cattolici LGBTQ+ si impegnano per il progetto del Regno di Dio così come era stato originariamente descritto. Nei Vangeli, Gesù chiama tutte le persone al Suo ministero. Tutte le persone – i vicini e i lontani, i ricchi e i poveri, i giusti e i peccatori, i disabili e i non disabili – appartengono alla comunità che Gesù ha fondato. È venuto nel mondo per essere parte della famiglia umana, una famiglia da cui nessuno è escluso. Questa visione è stata mantenuta nella prima comunità cristiana, come è evidente negli Atti degli Apostoli. Anche le lettere di san Paolo ne parlano. In 1 Corinzi 12, 17-24, san Paolo descrive la comunità cristiana come un corpo con molte parti:
«Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ma ora Dio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto. Se tutte le membra fossero un unico membro, dove sarebbe il corpo? Ci sono dunque molte membra, ma c’è un unico corpo; l’occhio non può dire alla mano: ‘Non ho bisogno di te’; né il capo può dire ai piedi: ‘Non ho bisogno di voi’. Al contrario, le membra del corpo che sembrano essere più deboli sono invece necessarie; e quelle parti del corpo che stimiamo essere le meno onorevoli, le circondiamo di maggior onore; le nostre parti indecorose sono trattate con maggior decoro, mentre le parti nostre decorose non ne hanno bisogno».
San Paolo riconosce che ogni membro della comunità cristiana è diverso. Anche se alcuni potrebbero essere ritenuti da altri come più deboli o inferiori, ogni singola persona è bene accetta nella comunità. Non solo, tutti sono parti indispensabili e necessarie del Corpo di Cristo, non nonostante le loro differenze, ma proprio a causa delle loro differenze.
La necessità della diversità è stata per decenni una pietra angolare della promozione dei diritti dei disabili. I sostenitori di questi diritti affermano che la disabilità è una parte naturale della condizione umana e, pertanto, le persone con disabilità in quanto tali meritano inclusione e accessibilità, come un diritto umano fondamentale. I cattolici LGBTQ+ sostengono le stesse argomentazioni. Siamo variazioni naturali nella famiglia umana diversificata all’infinito, e meritiamo di essere considerati come parti vitali del corpo che è la Chiesa. La nostra presenza nella comunità dovrebbe essere ben più che semplicemente tollerata: dovremmo essere accolti, inclusi e avere accesso esattamente come chiunque altro. Proprio come dovrebbero essere trattate anche le persone con disabilità.
Dovremmo essere tutti apprezzati per la nostra diversità, non nonostante essa. Le persone con disabilità e le persone LGBTQ+ contribuiscono alla diversità della Chiesa, e la lettera di san Paolo indica che la diversità è una cosa buona e che è necessaria per la vita della Chiesa. I cattolici LGBTQ+ possono imparare dai cattolici con disabilità e possono stabilire dei rapporti di solidarietà con il loro movimento, poiché gli uni possono fare riferimento al percorso degli altri per la promozione del pieno accesso alla Chiesa.
Duemila anni fa, san Paolo scrisse di una Chiesa in cui siamo tutti indispensabili, stimati e amati. Oggi e ogni giorno dell’anno, cerchiamo di onorare quella visione.
*Elliott Barnhill (lui/loro) è uno studente presso lo United Theological Seminary of the Twin Cities. I suoi studi si concentrano sui temi queer e trans che si trovano nella teologia cristiana storica, nella spiritualità e nell’arte devozionale. È un cattolico praticante e si interessa in particolare sui collegamenti tra la storia della Chiesa cattolica e i movimenti di liberazione LGBTQ+.
Testo originale: How Disability Pride and LGBTQ+ Pride Are a Unified Pursuit for Sacramental Access