Il cammino dei Cristiani lgbt+ ai tempi della Meloni
Riflessioni di Massimo Battaglio
E’ difficile capire quanti cattolici abbiano votato la Meloni (stendiamo un velo su Salvini e mister B). Era già difficile capire quanti cattolici votavano la DC. Figurarsi adesso. Personalmente, mi scandalizzerei anche se ce ne fosse uno solo, perché la Meloni (e Salvini e mister B – questa volta ce li mettiamo) sono l’antitesi del cristianesimo. Basta un po’ di familiarità col Vangelo, per capirlo, anche soprassedendo sulle loro vite personali.
Mi scandalizzo ma non mi stupisco, dal momento che, per più di vent’anni, l’unica cosa che la Chiesa italiana ha saputo dire in fatto di dottrina sociale, è il ritornello eutanasia-aborto-gender. Mi si obietterà: ma la Caritas, ma il Gruppo Abele, la Comunità di Sant’Egidio, papa Francesco? Papa Francesco non è un vescovo italiano e comunque, è proprio il favore di cui gode papa Francesco a farmi dubitare sul numero di cattolici che si sono lasciati incantare dalle professioni di fede della Meloni.
Ora, Giorgia sta tentando di rifarsi un’immagine, in modo da rendersi digeribile anche dalla gran maggioranza di italiani che non l’ha votata. Sa bene che, se è lì, è solo in virtù di una strana legge elettorale. E allora fa la moderata; dice che non toccherà le unioni civili né gli altri diritti del popolo lgbt+ (Quali? Abbiamo altri diritti oltre appunto alle unioni civili?). Sta a vedere che riprenderà in mano anche il ddl Zan e diventerà una paladina della lotta contro l’omofobia.
C’è da crederci? Ma neanche per sogno. Non c’è bisogno di abolire la legge Cirinnà, per renderla inefficace. Basta non finanziare la reversibilità delle pensioni per le coppie che ne hanno giovato. O, perché no, riconoscere il diritto all’obiezione di coscienza agli ufficiali di Stato Civile. Nel partito della Meloni, sono speciali, per abusare del concetto di obiezione di coscienza.
Da parte nostra, è quindi necessario vigilare, stare attenti come faine, non lasciarne passare nessuna. Il che non è nemmeno impossibile, dal momento che, al Senato, la maggioranza di destra non è che di 112 su 200. Undici persone di buon senso, si trovano facilmente, anche a destra.
Un ruolo particolare, a mio modo di vedere, ce l’abbiamo proprio noi cristiani lgbt+. Abbiamo infatti un compito preciso: quello di combattere l’omofobia religiosa, di squarciare quel velo di sacro che copre l’odio per le persone omosessuali, bisessuali, transessuali e altro. Nel momento in cui si sarà dimostrato che non è vero che la diversità sia peccato (e che è vero il contrario), nemmeno per la Meloni, ci saranno più scuse. Dovrà ammettere che le sue campagne urlate servivano solo a recuperare i voti degli arrabbiati, non a difendere le famiglie né alcun altro valore cristiano.
Che fare allora? Innanzitutto dare testimonianza: mostrare al mondo la felicità delle nostre coppie, la ricchezza che da essere scaturisce. E’ ora di mettere da parte la mestizia, la timidezza, il senso di colpa. E’ ora di far capire che “non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13), proprio come anche noi facciamo giorno per giorno.
Ed è assolutamente necessario fare sempre più rete, organizzarsi: “nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera” (At 2,42). Ciò significa, sostenersi reciprocamente, volersi bene, non perdere mai il nostro riferimento di fede. Ma significa anche formarsi culturalmente e politicamente e darsi disponibili nella formazione di tutti. Significa proseguire sulla linea dell’incontro di martedì scorso in piazza San Pietro, che ha avuto grande eco e ne avrebbe avuto anche di più se fosse capitato quindici giorni prima delle elezioni (ma questo non è dipeso da noi). Significa promuovere iniziative come quella dei vescovi fiamminghi. E significa partecipare fino in fondo alla vita del movimento lgbt+, anche quando la nostra presenza suscita le isterie di qualcuno.
C’è bisogno di noi, subito e con coraggio. C’è bisogno della forza del nostro sorriso.