Il cammino dell’accettazione della diversità LGBT nel mondo islamico
Riflessioni di Lamat R. Hasan pubblicate sul sito Catch News (Stati Uniti) il 13 marzo 2016, liberamente tradotte da Silvia Lanzi
Per lo più, essere musulmano non è facile. Per lo più, neanche essere gay. Se si è entrambi, il destino è poco favorevole. Ma la buona notizia è che due gruppi stanno cercando di riconciliare la fede e la sessualità dei musulmani queer. E improvvisamente ci sono imam gay, moschee gay e ritiri gay all’orizzonte.
Uno di questi ritiri per omosessuali musulmani, donne e uomini, si terrà a Philadelphia il prossimo maggio. Sponsorizzato dalla Muslim Alliance for Gender and Sexual Diversity (Alleanza islamica per la diversità di genere e sessuale), si terrà in uno spazio privato nei sobborghi di Philadelphia. A causa di problemi di privacy, solo chi si registrerà con un certo anticipo saprà dove si tiene. La Muslim Alliance for Sexual and Gender Diversity lavora per aiutare, dare più potere e creare connessioni tra i musulmani LGBTQ.
Il gruppo vuole sfidare le cause alla radice dell’oppressione, comprese misoginia e xenofobia, e favorire l’accettazione della diversità di genere e sessuale nelle comunità islamiche. La registrazione è limitata a coloro che si identificano come lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer (LGBTQ) e musulmani. Sono bene accetti i musulmani che si identificano con l’islam politicamente, culturalmente, ideologicamente e/o spiritualmente, anche quelli/e il cui partner non è musulmano.
“Ovunque vi troviate nel vostro viaggio come musulmani, sarete accolti a partecipare. Ci saranno molte attività che non sono di natura religiosa. Vi incoraggiamo a partecipare a workshop e ritiri in cui vi sentirete a vostro agio e vi incoraggiamo anche ad aprirvi a nuove esperienze, che potrebbero comportare l’assunzione di un certo rischio. Siamo qui come comunità per sostenerci a vicenda e speriamo che, qualunque sia la vostra posizione nello spettro LGBTQ islamico, vi unirete a noi” si legge in una nota del loro sito.
I partecipanti sono incoraggiati a non lasciare il luogo, perché gli organizzatori mirano a creare un senso di comunità e un ambiente spirituale: “Lasciare il ritiro non aiuterà questo proposito. Chiediamo a tutti i partecipanti di rimanere per tutta la durata del ritiro”. L’invito, poeticamente, cita Rumi: “Vieni, vieni, chiunque tu sia. Viaggiatore, adoratore… non importa. La nostra non è una carovana di disperazione. Vieni, anche se hai rotto i tuoi voti mille volte. Vieni, vieni ancora”.
Islam e omosessualità
Ci sono cinque passi nel Corano che possono essere citati come riferiti a comportamenti omosessuali, tutti correlati all’attività sessuale gay: le pratiche lesbiche non sono citate nel Corano. L’Islam va oltre la semplice disapprovazione dell’omosessualità. La shar’iah insegna che l’omosessualità è una vile forma di fornicazione, punibile con la morte. Ma i nikah (matrimoni) gay sono diventati una realtà. Anche gli imam gay, e le moschee gay.
Daayiee Abdullah è l’unico imam gay d’America. Abdullah fu quasi costretto a diventare imam quando gli imam locali rifiutarono di concedere le esequie ad un musulmano gay morto di AIDS, costringendo lo studioso a intervenire: “Essendo un imam apertamente gay ed essendo stato identificato come tale, ho un sacco di riscontri e anche contraccolpo, ma va bene così. Penso che quando le persone non hanno familiarità con le cose, tendono ad avere una reazione emotivamente istintiva” ha detto al New York Times. Daayiee Abdullah guida le preghiere alla Light of Reform Mosque (Moschea Luce della riforma) di Washington. Durante le cerimonie da lui presiedute, uomini e donne hanno il permesso di pregare fianco a fianco ed è permesso alle donne di guidare la preghiera: “Non limitiamo la gente a seconda del loro genere o del loro orientamento sessuale o del loro particolare modo di essere o non essere musulmani” ha detto ad America Tonight, “sono lì per adorare Dio”. Anche Francia e Canada hanno imam gay. Muslims for Progressive Values sono però un passo avanti: celebrano matrimoni omosessuali e riti interreligiosi a Los Angeles, Atlanta, Washington, New York e Chicago.
Letteratura queer
Curiosamente ci sono riviste queer un po’ dovunque nei paesi musulmani da vent’anni a questa parte. Abu Nawas è una delle riviste più vecchie pubblicate in Algeria ed è dedicata ad un poeta gay. La Giordania ha una rivista, My.Kali, che ha un motto – prendere due piccioni con una fava. Hanno anche un sito web. Più vicino a casa, il Bangladesh ha la rivista Roopbaan. E anche Turchia e Kosovo ne hanno una. Ci sono cinque paesi musulmani dove essere gay non è un crimine. Stranamente, nessuno è stato colonizzato dall’impero britannico.
Il Mali è uno di questi. Gli omosessuali nelle nazioni africane devono affrontare l’omofobia, ma la legge è dalla loro parte. La Giordania è stata dominata dall’impero ottomano, dove l’omosessualità è stata depenalizzata 75 anni fa, ma tra il 1922 e il 1945 il paese è stato oggetto del mandato della Società delle Nazioni. Comunque, nel 1951 la nuova nazione ha legalizzato l’omosessualità.
In Indonesia essere gay è legale da sempre. Nonostante abbia una popolazione in maggioranza musulmana, l’Indonesia è rimasta un grande esempio dell’importanza della separazione tra religione e Stato.
L’omosessualità non è illegale in Turchia. Nel 1858 il califfo ottomano depenalizzò l’omosessualità: ciò ha avuto effetto in molti paesi di tre continenti. Quando la Turchia divenne una nazione indipendente nel 1920 non vide la necessità di cambiare questa legge. Essere gay è legale in Albania dal 1995. Questa nazione a maggioranza musulmana è stata in prima linea per i diritti dei gay nei Balcani.
Ognuno di questi Paesi e di questi individui dimostrano una cosa: la battaglia per conciliare i nostri differenti modi di essere può non essere facile, ma deve essere combattuta.
Testo originale: Same-sex nikaahs & gay imams: LGBTQ Muslims reconcile faith & sexuality