Il cardinale Semeraro: “Omosessualità, domande e sofferenze da non ignorare”
Testo del cardinale Marcello Semeraro, vescovo di Albano, pubblicato* su “Noi, famiglia & Vita”, supplemento mensile del quotidiano Avvenire del 25 ottobre 2020, pp.20-21
«L’epocale cambiamento dell’ethos sessuale si propone al discernimento della Chiesa come uno dei “segni del tempo” che deve essere scrutato e interpretato alla luce del Vangelo. Entro la trasformazione dei costumi sessuali risulta di particolare rilievo la questione omosessuale, sia per la sua visibilità pubblica, a fronte di una lunga storia di clandestinità, sia per le opposte reazioni che suscita, di pieno riconoscimento, anche giuridico, o di avversione omofoba, anche violenta».
In poche righe don Aristide Fumagalli, teologo morale, docente alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, spiega le ragioni che l’hanno indotto a scrivere un testo di grande impegno come “L’amore possibile. Persone omosessuali e morale cristiana” (Cittadella Editrice, pag.207).
Attraverso un lungo excursus che approfondisce la delineazione fenomenica, l’evoluzione storica, l’eziologia scientifica, la storia della teologia e del magistero, Fumagalli arriva a tracciare un’ampia critica teologico-morale di grande originalità e propone un coerente sviluppo della dottrina. Pubblichiamo qui ampi stralci della prefazione del vescovo di Albano, Marcello Semeraro, pastore attento a considerare il tema dell’omosessualità come realtà umana dalla quale non ci si può estraniare».
Se Aristide Fumagalli mi avesse proposto di scrivere la presentazione ad un suo libro all’epoca del mio insegnamento di ecclesiologia, avrei senz’altro declinato l’invito, benché dettato da amicizia e stima. Ho sempre osservato, all’epoca, e in forma alquanto rigorosa il suggerimento di un mio antico docente di non invadere le competenze di un collega. Adesso, però, la mia condizione personale è mutata.
Sono un vescovo, cui è stata affidata la cura di una Chiesa particolare, dove le tematiche affrontate in questo volume sono presenti ed più livelli: quelli generali. certo, come lo sono di fatto in ogni comunità cristiana, ma c’è pure il fatto che da alcuni anni, proprio nel territorio diocesano e all’interno di una struttura religiosa, si svolgono periodicamente incontri di riflessione sul come accogliere e, perciò, accompagnare, discernere e integrare l’esperienza di fede di persone omosessuali
Ricorro volutamente ai verbi scelti da Francesco in Amoris laetitia per il semplice fatto che a me paiono non doversi riservare a solo un ambito della pastorale, ma siano piuttosto in grado di delineare un progetto di pastorale davvero “integrale”. Questo, se vale quanto li è scritto e cioè che “si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare al la comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia immeritata, incondizionata e gratuita” (n.297)
A quegli incontri – che coinvolgono anche genitori e operatori pastorali sono stato abitualmente presente in forma riservata, limitandomi a salutare, ascoltare e dialogare con alcuni di loro.
Nell’ottobre 2018, però, al V Forum Italiano dei Cristiani LGBT la mia presenza fu ufficiale anche con una relazione, successivamente pubblicata. In quella circostanza dissi sostanzialmente tre cose che consideravo la mia presenza un atto di paternità; che, in piena sintonia col Papa, ritenevo l’ascoltare un atteggiamento fondamentale della Chiesa madre e che esso sostanzialmente significasse riconoscere l’importanza dell’altro (cf. Amoris laetitia, nn.137-138): che ribadivo la mia piena condivisione – già in altro mio intervento a loro significata – di quanto in più circostanze Francesco aveva detto (e ripete) circa la necessità di passare dalla cura dell’aggettivo alla teologia del sostantivo.
Queste medesime istanze (benché, come scrive l’Autore, nell’economia del lavoro necessariamente limitate ai criteri essenziali) le ritrovo proposte nel capitolo finale di quest’opera, che ha il grande pregio di affrontare con coraggio un tema di grande urgenza pastorale e lo fa con attento ascolto delle realtà vissute dalle persone omosessuali, con rigore scientifico, recuperando e rileggendo quello che la tradizione della Chiesa ha elaborato.
Non manca neppure il confronto con le acquisizioni più recenti in ambito di omosessualità. Si riconoscerà che vari punti presenti in questo volume Aristide Fumagalli li aveva già affrontati in precedenti interventi, richiamati nell’apparato critico: qui, però, sono ripresi in più ampio contesto.
Ammetto che, scorrendo queste pagine, spesso mi è tornata alla memoria l’espressione di Terenzio, noto autore latino: homo sum, humani nihil a me alienum puto (ndr “Sono un essere umano, nulla che sia umano mi è estraneo”). La ricordo non tanto come reminiscenza degli studi liceali quanto per la predilezione che verso di essa aveva san Paolo VI, nel cui magistero, milanese e romano, si ritrova almeno cinque volte.
Una volta egli mise l’espressione in rapporto col senso stesso della cattolicità della Chiesa e disse: «Chi teme di perdere la visione completa della vita e il possesso di ciò che vale la pena d’essere posseduto professando sinceramente la religione cattolica, cede ad un pregiudizio inconsulto. Potremmo anzi dire che solo la religione cattolica possiede la visione del tutto, la sapienza superiore del mondo, dell’essere umano, dei destini del tempo e della vita» (Udienza del 14 maggio 1969).
Ora, questo volume ci ricorda senz’altro che il tema dell’omosessualità oggi deve senz’altro essere considerato, anche nella Chiesa, come realtà umana dalla quale non ci si può estraniare. L’azione ecclesiale, o pastorale, ne è sempre più coinvolta ed è cosa che io percepisco nel dialogo coi miei collaboratori e gli operatori pastorali nei diversi ambiti, fra cui al primo posto ci sono la catechesi, la pastorale per l’educazione e la scuola, la pastorale giovanile e quella della famiglia.
In questa prospettiva, scrivere un testo di teologia morale sull’omosessualità è un gesto che, all’interno della panoramica della nostra Chiesa oggi, si rivela anche necessario perché aiuta a riflettere su una realtà che ci pone domande in parte nuove e, certamente, anche difficili, ma proprio per questo meritevoli di ascolto.
Si tratta di una riflessione utile per affrontare, in modo più ampio e globale, una tematica che spesso è posta in forme semplicistiche e riduttive, a volte persino ideologiche, creando, nei singoli e nelle comunità, situazioni di conflitto e di profonda sofferenza.
Lo scrivevo in principio: non intendo entrare nel merito di questioni di teologia morale, che saranno certamente di scusse e approfondite col rigore metodologico e le competenze di chi è esperto in materia. Mi riferisco in particolare all’impegno col quale in questo volume si cerca di capire in che misura i due pilastri della dottrina circa la sessualità e il matrimonio: la finalità procreativa e il rapporto sessuale entro la polarità maschile-femminile, sono applicabili alla condizione omosessuale.
Quanto a me, ciò che in questa sede, proprio per le domande e le sofferenze cui ho appena accennato, sta a cuore, è il profilo pastorale e questo a partire da quanto leggo nel Catechismo della Chiesa Cattolica riguardo a chi presenta tendenze omosessuali: «devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A lo ro riguardo si eviterà ogni marchio di in giusta discriminazione» (n. 2358).
Non si tratta, allora, semplicemente della questione omosessuale» un pastore non si ferma alla «questione», ma guarda «persone e le vede in situazioni concrete; osserva volti e considera storie non semplicemente per apprenderle e narrarle, ma per accompagnare cammini sofferti. E vorrei cominciare proprio da qui ricollegandomi ai periodici incontri, che ho sopra ricordato: momenti in cui ho avuto possibilità di mettermi in ascolto di vicende sofferte, di domande inquietanti, di ricerche di Dio che ho percepito autentiche e che mi hanno interpellato profondamente.
Così facendo, vorrei inserirmi nella traccia avviata da Fumagalli in questo volume con alcuni racconti. Non è stato, d’altra parte, Francesco a ricordarci fin dal principio del suo Messaggio per la 54ma Giornata mondiale delle comunicazioni che “nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri”?
Un incontro che non riesco a dimenticare, ad esempio, è stato quello con i genitori di un giovane che, a un certo punto della sua vita, aveva confidato loro di essere omosessuale.
Come sacerdote e vescovo io posso soltanto intuire ciò che in tal caso può accadere nel cuore di un padre, di una madre. Ciò che, però, loro intendevano soprattutto comunicarmi non era tanto il fatto in sé, ma rendermi partecipe della domanda che li tormentava: era vero che, per essere omosessuale, il loro figlio era da considerarsi scomunicato?
La domanda mi sorprese e non poco. Appena li rassicurai del fatto che per essere scomunicati ci vogliono ben altre cose, sollevati da questa notizia cominciarono a piangere.
Per loro fu come se fosse stato tolto un macigno dal cuore; di fronte a quelle lacrime, però, il peso sul cuore lo sentii io: come è possibile che, invece di accompagnare situazioni già di per sé estremamente complesse, noi rendiamo addirittura inestricabile tanta complessità? Non sono gli unici genitori che ho incontrato (…).
Sono consapevole che la pubblicazione di questo testo di Aristide Fumagalli farà emergere non poche domande; forse anche tensioni e conflitti, come suscitò scalpore nei media il fatto che nell’Instrumentum laboris in preparazione alla XV Assemblea Generale del Sinodo dei Ve scovi (il cosiddetto Sinodo sui giovani) per la prima volta sia stata utilizzata la sigla LGBT (cf. n.197).
Lo sguardo purificato dalle lacrime sa che il conflitto non può essere ignorato, o dissimulato, ma va affrontato e trasformato in un anello di collegamento di un nuovo processo che “può essere favorito solo da quelle persone che hanno il coraggio di andare oltre la superficie conflittuale e considerano gli altri nella loro dignità più profonda” (Evangelii gaudium, n.227-228).
Solo a partire dalla considerazione della dignità profonda di ogni persona in quanto creatura di Dio possiamo superare i conflitti e gustare il fatto che l’unità è superiore al conflitto. Ciò che permetterà di affrontare in questo modo il conflitto (…) sarà la capacità di avere uno sguardo ampio, che non si limita a soffermarsi sul momento presente, ma si allarga sul futuro.
Detto ancora con Evangelii gaudium, il tempo è superiore allo spazio si tratta, allora, di avviare processi. Questo è un principio importantissimo che permette di ”lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati, aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone” (n. 223).
Con la sua riflessione precisa, onesta e libera sull’amore omosessuale, il testo di Aristide Fumagalli propone dei cambiamenti di prospettiva che non sono di poco conto, sui quali si rifletterà e discuterà, anche.
A me pare di poter aggiungere che questo potrà riguardare non soltanto la teologia morale, ma pure la psicologia e la pedagogia. Dunque i processi educativi. Anche in questo caso, infatti, vale quel tutto connesso, che oggi si ripete in rapporto all’ecologia integrale illustrata da “Laudato si”. Si dovrà, tuttavia, ammettere che proprio l’ascolto della realtà (già solo rispetto a ieri molto mutata) richiede un cambiamento.
Non, certo, un qualunque cambiamento, ma uno che sia davvero anello importante di un più ampio processo. Un processo che, se lo vogliamo, sarà anche nel dinamismo di quella conversione cui, per essere sempre più trasparenza del Signore Gesù ed essere “casa paterna dove c’è posto per ciascuno, con la sua vita faticosa” (Evangelil gaudium, n. 47) è sempre chiamata la Chiesa.
Non possiamo sottrarci dall’entrare in questo processo. Sono i giovani stessi a domandarcelo, come ci avverte l’esortazione apostolica post-sinodale Christus Vivit, dove al n. 81 si legge del loro esplicito desiderio di confronto sulle questioni relative alla differenza tra identità maschile e femminile, alla reciprocità tra uomini e donne, all’omosessualità.
II contributo di Fumagalli potrà essere strumento prezioso di dialogo e riflessione.
* Stralci della prefazione del cardinale Marcello Semeraro, vescovo di Albano, al libro del teologo don Aristide Fumagalli, “L’amore possibile. Persone omosessuali e morale cristiana“, Cittadella Editrice, 207 pagine.