Il celibato. Un tesoro che la Chiesa spesso non ha saputo custodire
Riflessioni di S. pubbloicate su NoemiForum
Ci ho pensato un po’ e alla fine ho deciso di intervenire anch’io su questa questione. Chi mi conosce sa che non sono un’attivista, che a livello personale non sento come brucianti e urgenti alcune problematiche che, per altre donne e amiche, sono di primaria importanza, al punto da determinare scelte di fede significative e posizioni ecclesiali di una certa portata.
Una premessa. Più ci penso e più mi dico che la Chiesa ufficiale continua a negare la complessità dell’uomo, quel suo essere, a dispetto della linearità e della coerenza con cui lo dipinge in tanta letteratura cristiana ufficiale, immensamente complesso, dove le diverse dimensioni, quella umana, spirituale, affettiva, emotiva, vocazionale sono intimamente intrecciate, direi inestricabilmente intrecciate, a formare un tessuto dove in nessi di causalità vengono meno.
La Chiesa continua a parlare ad un uomo monolitico e semplice che non c’è più o forse non c’è mai stato e cosa ancora più anacronistica, continua a insegnargli una via morale, affettiva, sessuale, non praticabile oggi, proprio perché nega questa complessità che nella quotidianità ciascuno di noi sperimenta o ha sperimentato nella propria storia.
Applico queste mie considerazioni preliminari alla questione odierna e mi dico: se facessimo un censimento, anonimo naturalmente, nei noviziati e nei seminari, saremmo scioccati dal numero di uomini e donne che si dichiarano omosessuali, o che comunque, avvertono in se stessi alcune innegabili tendenze verso il proprio sesso.
Ma se domandassimo a queste persone un resoconto biografico che illustri le modalità con cui hanno colto queste inclinazioni, su come le hanno vissute nei loro stadi preliminari, su come in questo terreno è maturata la loro scelta di fede, la loro vocazione al celibato per il Regno, su come sono stati aiutati dalla Chiesa a vivere la loro omosessualità, su come lo fanno ora… beh, credo che la nostra reazione sarebbe altrettanto stupita e sofferta.
Parlo della direzione spirituale, tanto cara alla tradizione monastica e alla formazione presbiterale, ma parlo soprattutto degli intimi tormenti interiori, dei sensi di colpa, delle censure, delle paure, che stanno nel cuore e che non si esternano, a se stessi innanzitutto, ma che come motori invisibili, inconsci, direbbero alcuni psicologi, hanno portato molti uomini e donne a scegliere il celibato per il Regno, per sublimare, cancellare, negare, assorbire, gestire un’ identità sessuale che non sapevano “collocare”, che non aveva una “casellina” nel casellario della pastorale vocazionale, o più genericamente affettiva.
Ma attenzione, non la sapevano collocare perché la Chiesa per prima, nella quale queste persone sono cresciute, non era e non è in grado di farlo, proprio in ragione di quella negazione della complessità di cui dicevo prima. E così queste persone si danno risposte da sole, si cercano vie di salvezza o di fuga, con gli strumenti più o meno fortunati che hanno, ma non tutti hanno la fortuna di avere una guida spirituale con un sano sguardo profetico o la possibilità di farsi, quando necessario, un percorso di psicoterapia!
Così succede che giovani adolescenti in forse, in potenza o in atto omosessuali, guidati da improbabili maestri si avviino al celibato per il Regno, portandosi dentro gomitoli di sentimenti senza nome che, talvolta si fanno talmente grossi e ingarbugliati, da portare negli anni, gravi conseguenze sulla psiche e sul comportamento delle persone, magari divenute guide di altri, preti in oratorio, monaci, frati…
Quante relazioni omosessuali si consumano in questi spazi, quanti innamoramenti non confessati, taciuti, portati come un peccato… Perché ciò che siamo non può essere taciuto, non può rimanere sommerso a lungo, e prima o poi la nostra verità viene a galla.
Il problema è che siamo complessi e quando remiamo contro la verità le cose peggiorano, si complicano, talvolta diventano PURTROPPO, malattia e talvolta perversione…e la cronaca è lì a testimoniarlo.
Sospetto che una buona fetta di preti pedofili abbia alle spalle una storia analoga, giovani ragazzi che avevano un tesoro in vasi d’argilla che la Chiesa non ha saputo custodire con cura, di cui non si è presa cura… il vaso si è rotto e il tesoro si è disperso, non è più tesoro, ma è macchia che infanga la Chiesa agli occhi del mondo… E qualche prelato ha pure il coraggio di ‘fare ordine’ in questo ginepraio di umanità e dolore, di violenza subita e commessa…
Mi auguro che nella Chiesa e soprattutto negli spazi del discernimento e della formazione, ci siano uomini e donne omosessuali, capaci di essere guide illuminate per chi si trova in situazioni analoghe.
PS Ho parlato di “Chiesa”, facendo ovviamente e forse incautamente una semplificazione, mettendo sotto la stessa etichetta le diverse confessioni cristiane. Numerose sono le differenze, le debolezze e i punti di forza tra le diverse confessioni, ma ci mancava che mi mettevo a fare delle distinzioni…non ne uscivate vive! Già così…