Quando il coming out non va esattamente come previsto
Testimonianza di Tess Clothier* pubblicata sul sito My Kid is Gay (Stati Uniti), liberamente tradotta da Chiara Benelli
Il mio personale piano per fare coming out con la mia famiglia è stato, per molto tempo, di dirglielo per email nella giornata nazionale del coming out (il National Coming Out Day cade ogni anno l’11 ottobre), non appena mi fossi trasferita per frequentare l’università, ma le cose sono andate diversamente.
Avevo da mesi la bozza della lettera salvata sul mio PC, addirittura in 3 copie. Quindi, quando lo scorso luglio mi sono svegliata una mattina, in un certo senso, ero già preparata. Non so perché avessi scelto proprio quel giorno lì, con alcuni mesi d’anticipo sulla giornata nazionale del coming out, ma mi era sembrata una buona idea. Il matrimonio egualitario era stato approvato da una settimana negli Stati Uniti, il mese dell’orgoglio omosessuale aveva lasciato dietro di sé una bella atmosfera, e il giorno dopo sarei partita coi miei amici per una settimana, quindi avevo anche una “via di fuga” nel caso ce ne fosse stato bisogno. Era tutto perfetto.
Modificai leggermente una delle mie lettere di coming out. Io mi esprimo molto meglio con la scrittura, e sapevo che un’email era per me il modo migliore per buttare fuori tutto quello che avevo bisogno di dire senza crollare, dimenticare qualcosa o essere interrotta. Dopodiché ne inviai alcune copie agli amici perché le correggessero.
Fu molto utile avere delle persone che erano a conoscenza di quello che avrei fatto, e che quindi potevano essermi di supporto mentre lo facevo e mentre ero in attesa di una risposta.
Infine ho inviato l’email, e mi sono messa ad aspettare. Devo precisare che quando l’ho fatto, io e mia madre eravamo entrambe in casa. Mia madre ci ha messo più o meno un quarto d’ora ad aprire e leggere l’email, dopo però è venuta in camera mia piangendo, e così mi sono messa a piangere anch’io.
Mi ha detto che mi voleva bene, e poi mi ha fatto una battuta che sono certa fanno un po’ tutti i genitori che hanno appena appreso che alla loro figlia non piacciono gli uomini: “Almeno non mi dovrò preoccupare che tu possa rimanere incinta per sbaglio!”. Ridevamo e piangevamo, ed è andato tutto per il meglio.
Mio padre non era in casa quando ho inviato l’email, quindi, appena tornato, è venuto subito da me e mi ha detto che era tutto a posto, dopotutto la vita era la mia. Ed io ero tanto, tanto grata.
A mia sorella, che aveva 14 anni, l’ho detto qualche settimana dopo. Nemmeno questo era pianificato. Avevo deciso di aspettare, semplicemente perché non me la sentivo ancora, e non ero sicura di cosa avesse potuto pensare di me una volta saputo. Quando alla fine mi sono dichiarata anche con lei, non ero ancora del tutto convinta. Sembrava il momento giusto, ed ero certa che lo volessi fare in tutti i modi prima di partire. Così, una sera sono andata in camera sua quando lei era già a letto, e le ho detto tutto. Lei è rimasta molto sorpresa, ma tutto sommato l’ha presa bene, e adesso si sta facendo una cultura sulla comunità queer.
Quello stesso anno ho sfruttato anche la giornata nazionale del coming out. Ero andata via da casa per frequentare l’università, e ho deciso di rivelare tutto con un post su Facebook – ancora una volta, non l’avevo pianificato. Le riflessioni positive sulla giornata del coming out che inondavano i social mi sono state d’ispirazione, e così ho postato un’immagine della campagna sui diritti umani in cui dichiaravo di essere lesbica.
Credo di non esser mai stata tanto agitata come quella sera, così sono subito scesa al piano di sotto con la mia coinquilina, perché proprio non sopportavo di stare da sola mentre aspettavo che qualcuno commentasse. Da solo, quel post l’avrebbe comunicato a tutti quelli del mio liceo, a tutti quelli dell’università che ancora non lo sapevano, ma soprattutto, cosa più terrificante in assoluto, a tutti i miei parenti, stretti e alla lontana, per la maggior parte cattolici. E ho tirato un tale sospiro di sollievo quando mi sono iniziate ad arrivare congratulazioni e belle parole da parte di tutti quelli che conoscevo, da gente di scuola che conoscevo solo di vista, ma soprattutto, dai miei parenti e familiari cattolici. So di avere una gran fortuna a poter contare su una famiglia e degli amici così fedeli, e di questo sono molto grata.
Quando vivevo la mia identità in totale segretezza, avevo molta paura, paura della reazione dei miei cari. Ma ora, guardandomi indietro, posso dire che non c’era nulla da temere. Non ho ancora mai ricevuto una sola reazione negativa da parte né di amici, né di sconosciuti. E ora vivo la mia identità omosessuale il più apertamente possibile: sono vicepresidente della società LGBT+ della mia università e posso tradurre per My Kid Is Gay!
Credo che la morale di questa mia storia sia che forse non tutto va pianificato, e non tutto andrà nel peggiore dei modi immaginabili. A volte, la cosa migliore è seguire l’istinto: se ti sembra giusto, ti sembra giusto, punto. E va bene così.
* Tess Clothier studia francese e spagnolo all’Università del Surrey, in Gran Bretagna, dove attualmente è vicepresidente della società studentesca LGBT+. La si può spesso trovare dove si suona la musica e a leggere libri e articoli che non c’entrano nulla con il suo corso di laurea. Le piace suonare la chitarra e sentirsi completamente coinvolta emotivamente dalle serie TV (attualmente le sue preferite sono Buffy e X Files). Twitter: @tess_clothier
Testo originale: When Coming Out Doesn’t Go As Planned