Il coming out di un sacerdote mi ha costretto a riflettere sulla mia omofobia
Riflessioni di Fikile-Ntsikelelo Moya* pubblicate sul sito cattolico Spotlight Africa (Sudafrica) il 4 settembre 2019, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
La mia prima reazione quando ho letto la testimonianza di padre Bryan Massingale, il quale si dichiara “sacerdote nero e gay, oltre che teologo”, è stata una domanda: sta facendo sul serio il suo coming out, o vuole solamente far parlare di sé?
Ovviamente, un sacerdote cattolico che dice “Comincio questo mio intervento dichiarandomi come sacerdote nero e gay, oltre che teologo. Mi hanno formato non solo la mia sessualità, la mia fede e i miei studi sull’etica cattolica, ma anche le tradizioni e le lotte dei neri statunitensi per la libertà, lotte che, nella loro intima essenza, riguardano l’anima e lo spirito” attira subito l’attenzione, nel bene e nel male.
La domanda che mi sono fatto è stata: è veramente gay? Ho un’immagine mentale ben precisa di come sono le persone omosessuali, e di come si comportano. Padre Massingale, che ho incontrato l’anno scorso qui in Sudafrica per un seminario di teologia, non corrisponde alla mia immagine mentale di uomo gay.
Ma ben presto mi sorpresi a pensare: come mai mi è venuto questo dubbio? A me cosa importa che padre Massingale, o qualsiasi altra persona, sia etero od omosessuale?
Non mi faceva per nulla piacere riconoscerlo, ma davvero non erano affari miei. La risposta che mi ero dato serviva solo a soddisfare l’istinto umano di etichettare il prossimo e di decidere se è degno o meno della mia stima, a seconda dei miei valori personali e soggettivi.
Fino al momento di leggere quel discorso, conoscevo padre Massingale come un sacerdote di colore uso a stimolare il pensiero degli interlocutori, che non esita a stigmatizzare la cultura e i privilegi dei bianchi nella società e nella Chiesa.
Per questo non posso fare a meno di pensarla come lui, io maschio di colore cresciuto nel Sudafrica dell’apartheid, perché lui ha capito e dato voce alla mia lotta, e, da sacerdote e teologo cattolico, ha parlato delle mie speranze per la mia vita.
Quando ha parlato di giustizia razziale, non ho avuto difficoltà a comprenderlo, perché faccio parte di quelle “vittime” di cui parla e scrive. Fino ad ora.
Da vittima a carnefice
Eppure, nel momento in cui mi sono fatto la prima domanda, sono passato dall’essere “vittima” come lui al ruolo di “carnefice”. Ho messo in dubbio la sincerità di padre Massingale, nonostante mi sia sempre considerato aperto di mente, un fiero prodotto della teologia della liberazione e delle altre teologie contestuali che mi hanno tanto segnato nella vita.
Non pretendo di parlare a nome di qualcuno, se non di me stesso. La confessione della sua identità da parte di padre Massingale mi spinge a considerare la mia.
Spero che, alla fine di questa riflessione su me stesso, io mi liberi dai miei preconcetti sull’orientamento sessuale, che mi hanno indotto a sospettare di padre Massingale. La verità, e conoscere la verità in modo particolare, ci renderà liberi, ha detto Gesù (Giovanni 8:32).
Vorrei poter dire che il dubbio che ho avuto sull’orientamento sessuale di padre Massingale sia solo un episodio occasionale, ma probabilmente, invece, si verifica ogni volta che un individuo non corrisponde agli stereotipi maschili e femminili, come se ci fosse un unico modo, uguale per tutti, di essere uomo o donna.
Purtroppo non sempre sono abbastanza presente a me stesso per essere consapevole di quando ho dubbi simili, contribuendo così all’eteronormatività.
Vorrei poter derubricare il mio pensiero a semplice curiosità voyeuristica, ma la verità è un’altra, e non è facile accettarla: sono omofobo. Se non lo fossi, l’orientamento sessuale di una persona sarebbe tanto irrilevante quanto la forma delle sue orecchie o il suo segno zodiacale.
La promessa di celibato prescinde dall’orientamento sessuale
Immagino ci siano molti dubbi attorno a padre Massingale, dato che è un sacerdote, ma credo non abbiano ragion d’essere, per due motivi. Il primo è che padre Massingale è appunto un sacerdote, e come tale ha fatto promessa di celibato, che implica rinunciare alle proprie inclinazioni sessuali, quali che siano.
In secondo luogo, il presidente della Conferenza Episcopale del Sudafrica, il vescovo di Mthatha monsignor Sithembele Sipuka, parlando alla sessione plenaria della Conferenza lo scorso luglio a Marianhill, nella provincia del KwaZulu-Natal, ha invitato a considerare “il problema dei sacerdoti che hanno figli, un problema che spesso viene a galla nella nostra Conferenza, a differenza degli stupri di suore”.
Monsignor Sipuka ha anche espresso la sua preoccupazione per “il grande chiacchiericcio che si fa per i rapporti omosessuali e lesbici che intercorrono rispettivamente tra i sacerdoti e le suore”.
Non riesco a capire come una persona che abbia pronunciato la promessa di celibato, o il voto di castità, e non lo mantiene, debba poi essere giudicata in modo diverso a seconda del sesso della persona con cui infrange la promessa o il voto.
Padre Massingale ha datto avvio a una discussione che andrà avanti per molto tempo. Nessuno sa esattamente che piega prenderà, ma per quanto riguarda me e la mia omofobia, spero di vivere appieno le sei parole di papa Francesco, semplici ma potenti: Ma chi sono io per giudicare?
* Fikile-Ntsikelelo Moya è giornalista indipendente ed ex redattore per The Mercury, The Witness e Sowetan, e lavora per diversi altri giornali sudafricani a grande diffusione.
Testo originale: Priest’s revelation helps me recognise my homophobia