Il coraggio di Valeria. Essere una transessuale sotto la dittatura argentina
Articolo di Jacques Lanctôt pubblicato sul portale Canoe (Canada) l’11 gennaio 2013, libera traduzione di Marco Galvagno.
… Vi racconterò una storia che finisce bene quella di Valeria Del Mar Ramirez, nata come Oscar Ramirez nel 1955, in un paesino dell’Argentina. Qualche giorno fa è stata ricevuta nel palazzo presidenziale (argentino), la Casa Rosada, dalla presidentessa della repubblica la signora Kirchner che le ha dato la sua nuova carta d’identità, dopo una lunga battaglia per il riconoscimento del suo status di transgender.
Ma Valeria non è una trans come tutte le altre, ci teneva tantissimo a questa nuova identità perché vuole testimoniare come donna al tribunale che indaga sui crimini contro l’umanità commessi dalla dittatura (argentina) negli anni settanta.
All’età di 20 anni Valeria, che non si sentiva uomo, cominciò così a travestirsi e poi a prostituirsi in alcuni quartieri di Buenos Aires. Valeria non scelse di diventare prostituta, ma era l’unica maniera che aveva per non morire di fame, per avere un tetto sulla testa e vivere decentemente.
Da quando era nata aveva conosciuto solo la miseria nera e come travestita non poteva sperare di trovare un lavoro normale, doveva lottare senza fine contro la discriminazione e l’esclusione sociale per il riconoscimento della sua identità femminile.
Nel 1976-1977, all’epoca della dittatura militare, venne aggredita e sequestrata dalla polizia per ben due volte. Il semplice fatto di travestirsi da donna per strada o nei bar era un reato per cui poteva essere arrestata.
Un giorno venne portata in una prigione segreta e rinchiusa, per due giorni, in una cella che misurava un metro per due completamente spoglia, in cui vi era solo una panchina di cemento sulla quale era impossibile sdraiarsi per dormire. Venne inoltre violentata dai suoi carcerieri. Dopo due giorni la liberano senza nessun processo.
Valeria che non aveva mai militato in nessun partito politico, tentò allora di organizzare le sue “sorelle” trans e tenne un registro in cui annotò i nomi di quelle che venivano arrestate o fatte sparire,inoltre trovò per loro dei nascondigli dove farle sfuggire alle retate della polizia.
Venne arrestata nuovamente, stavolta per due settimane, e condotta nella stessa cella della volta precedente, riconobbe infatti i suoi carnefici. Venne violentata di nuovo 4 volte al giorno: la costrinsero a fare sesso orale dalla finestra della cella e la sodomizzano senza preservativi.
“La tortura era al contempo fisica e psicologica”, raccontò nella sua dichiarazione al tribunale. Venne pure isolata dalle altre detenute e non seppe più niente delle sue amiche trans.
Quando l’autorizzano, dopo molte violenze, a recarsi nei bagni per lavarsi intravide molte donne incinte ed altre che avevano appena partorito da sole, senza nessuna assistenza medica. Sentiva grida di donne e pianti disperati di bambini, un vero incubo.
A sua madre, che la cercava ovunque, le autorità risposero che era stata arrestata perché era la leader di un gruppo di sediziosi. Quando venne liberata, grazie alla perseveranza della madre, non osò più mostrarsi in pubblico vestita da donna e riprese la sua identità maschile.
Era terrorizzata, giunse persino a credere che quelle persecuzioni erano normali a causa della sua identità sessuale confusa e della sua condizione sociale. Poi la dittatura crollò.
Molti anni dopo Valeria ha osato di nuovo uscire e ora è diventata completamente donna. Considera la sua nuova identità come un gesto di risarcimento del governo argentino per tutte le sevizie che ha subito, ed è più determinata che mai a denunciare coloro che l’hanno torturata ed umiliata.
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Testo originale: L’histoire de Valeria, transsexuelle