Il Corano e l’omosessualità
Articolo di Saïd Khatibi tratto dall’Huffington Post (Francia), del 10 aprile 2013, liberamente tradotto da Marco Galvagno
I deputati francesi hanno recentemente adottato il progetto di legge sul matrimonio per tutti, mentre i loro colleghi algerini non osano nemmeno prendere in esame un’eventuale proposta di legge per proteggere le persone omosessuali che da anni subiscono attacchi di ogni tipo, aggressioni legislative, morali e fisiche. Il pretesto è che l’omosessualità sarebbe contro i precetti dell’Islam.
Sono pochi coloro che riescono ad immaginare un musulmano praticante omosessuale. Ci si dimentica spesso che l’omosessualità è molto praticata e anche accettata nei paesi islamici.
La sharia è basata su due principi fondamentali: la tradizione islamica e il Corano, che raggruppano le parole di Dio che raccontano la vita di Maometto e dei profeti.
Lot si è opposto alla perversione del suo popolo di Sodoma nella sura 29. “Avete commesso un atto turpe che nessuno nell’universo aveva commesso prima di voi. Vi avvicinate agli uomini, tagliate loro la strada, vi abbandonate nelle vostre assemblee ad azioni abominevoli, avete abusato degli uomini come se fossero donne per soddisfare i vostri appetiti carnali. Siete un popolo che si abbandona agli eccessi.”
Questi versetti sono stati interpretati in tanti modi e sono quelli per cui gli integralisti islamici giustificano severe punizioni nei confronti degli omosessuali: in alcuni paesi come Yemen, Sudan e Mauritania si prevede addirittura la condanna a morte dei gay.
I circoli religiosi conservatori interpretano i versetti sopra citati come un appello divino diretto a sradicare l’omosessualità e ad eliminare gli omosessuali, mentre alcuni teologi progressisti ritengono che questi versetti vadano interpretati in maniera diversa: sarebbero la condanna da parte di Dio di azioni abominevoli quali taglieggiare, rapinare e svaligiare le carovane di passaggio.
Vari testi classici della letteratura araba che datano sia dell’epoca del profeta Maometto (570-632) sia della dinastia degli Ommayadi (661-750) e degli Abbasidi (750-1258) ci mostrano che l’omosessualità è stata sempre una pratica tollerata, autorizzata e diffusa. Basta leggere le lettere di Al Jahiz (776-869) autore del celebre Libro degli Avari.
Ma anche nel celeberrimo “Le mille e una notte” o nel libro Maqamat dell’autore iracheno Badi Al Zaman Al Hamadani (967-1007) in cui l’autore racconta il delirio e il piacere omosessuale nei bagni dei mori di Baghdad. Troviamo una descrizione dettagliata della vita dei gay e del loro modo di vivere anche nei testi di alcuni brillanti poeti come Abu Nuawas (747-815), Bashar Ibn Burd (714- 784) e Saffiedine El Houli (1276- 1349).
Del resto, il Corano si rivolge apertamente ai credenti e promette loro ragazzi di grande bellezza in Paradiso con i quali potranno soddisfare i propri piaceri. Si legge nella sura 76, in un passaggio consacrato alle delizie della vita nell’aldilà, “Efebi immortali circolano intorno a loro, quando li vedrai li paragonerai a perle purissime”.
Il Corano non reprime mai direttamente l’omosessualità, non la vieta come pratica maledetta come fa con la fornicazione o la stregoneria, che al contrario vengono citate, ma assume una posizione moderata quando tratta l’omosessualità nella sura 4: “Se due di voi commettono tra di loro un’azione infame, infierite contro di loro, a meno che non si pentano e si correggano” Dio torna incertamente a perdonare il peccatore penitente, è misericordioso.
È un messaggio di perdono e di indulgenza. Bisogna inoltre segnalare che gli storici riferiscono i nomi di molti omosessuali arabi famosi che hanno vissuto alla Mecca e che hanno lasciato tracce importanti nella cultura del proprio tempo come Hakam Ben Abi Alas, Abu Jahl, Ben Hichem e Habor Ben Assuad, ma anche lesbiche come Hindi Ben Nuamman, Ben Maudir e Zarka al Yamama.
Nonostante le regole sociali e la pressione religiosa imposta, l’omosessualità è sempre più presente nelle società musulmane contemporanee. È poco visibile nella vita quotidiana ma molto presente online. Gli omosessuali musulmani, dal Marocco all’Indonesia, soprattutto i giovani, ma non solo loro, si rifugiano in internet per esprimersi.
Si scambiano le loro paure, i loro momenti di sconforto, e le loro tristezze, ma anche le loro speranze attraverso siti, blog, forum e social network come Facebook e Twitter. Mostrano la propria ammirazione per alcuni personaggi famosi come la pop star britannica Elton John o la star della musica rai algerina Cheb Abdou.
Se la maggioranza dei gay non fa coming out, evitando così lo sguardo altrui e lo shock di affrontare i pregiudizi e i cliché della società, ve ne sono alcuni che hanno dichiarato pubblicamente la propria omosessualità, sfidando così il muro del silenzio convenzionale: sono lo scrittore marocchino Abdellah Taia, autore di Jour du roi (2010), e l’algerina Nina Bouraoui autrice di Mes mauvaises pensées (2005). Esiste poi un associazione libanese, Halem (sogno in arabo) che lotta per i diritti dei gay nel mondo arabo dal 2004.
In Marocco è uscito un giornale destinato ai gay scritto sia in arabo che in francese che si chiama Methly. Di solito le società arabo-musulmane contemporanee rifiutano il concetto di diversità e il dialogo con l’altro e si rinchiudono in un’egocentrica bolla solitaria che impedisce loro di guardarsi intorno e di osservare il mondo che le circonda.
Testo originale: “Mariage pour tous” dans l’Islam!