I genitori di adolescenti Lgbt e il coming out dei loro figli
Intervento di Isabelle Bontridder pubblicato sul sito dell’organizzazione Couples et Familles (Belgio) nel settembre del 2011, liberamente tradotto da Domenico Afiero
La scoperta dell’omosessualità è un momento difficile da superare per l’adolescente, ma anche per i genitori.
Quando l’adolescente fa il suo coming out è subito etichettato e considerato spesso soltanto un omosessuale.
Quando le cose vanno bene, l’adolescente diventa “il mio amico gay” oppure “il mio vicino gay”; altrimenti, il giovane diventa vittima di ingiurie, di insulti e di sguardi pesanti.
È ancora difficile accettare la propria omosessualità oggi. Negli ultimi anni, le cose sono cambiate enormemente: le società occidentali accordano un certo riconoscimento sociale ai gay.
Ma le cose, tuttavia, non sono ancora tutte rose e fiori. Nonostante i cambiamenti positivi, è ancora estremamente duro accettare e dichiarare la propria omosessualità.
Nella nostra società l’eterosessualità è la norma e coloro che non corrispondono a questa normalità sono spesso guardati ancora male. Il cinema hollywoodiano propone solo coppie eterosessuali in scena.
Gli statunitensi, popolo molto religioso, sono ancora persuasi che l’omosessualità è un peccato. La vita è completamente stravolta quando, durante la pubertà, il giovane adolescente capisce di essere attratto da persone dello stesso sesso.
Il giovane diventa detentore di un secreto che desidera sicuramente condividere. Ma con chi? L’adolescente sa che, se parla, rischia di mettersi in pericolo.
Le ingiurie omofobe
Il filosofo francese Didier Eribon afferma: «Il gay viene a conoscenza della sua diversità grazie all’ingiuria e agli effetti di quest’ultima». Sin dalla più tenera età, e anche prima di capire di essere omosessuale, il bambino si scontra con l’ingiuria omofobica.
Le ingiurie proferite durante l’intervallo scolastico hanno un forte impatto sulla costruzione dell’identità e sull’autostima degli omosessuali.
L’adolescente si rende conto, quando capisce di essere gay, che quel tipo di ingiurie lo designano, lo riguardano e lo condannano. Le ingiurie segnano un adolescente, lo tagliano fuori dal mondo della normalità e umiliano il gruppo al quale, ormai, appartiene.
Rimozione e diniego
Alcuni omosessuali tentano di fuggire dalla realtà mettendo in moto dei meccanismi di difesa come il diniego e la rimozione. L’adolescente rifiuta la sua pulsione omosessuale: il giovane non sa di essere gay.
I compagni, magari, lo percepiscono meglio di lui. Altri adolescenti, invece, riconoscono la loro pulsione omosessuale ma rifiutano di cedervi. L’omosessualità li disgusta.
L’identità omosessuale
L’omosessualità non è un fenomeno recente. I comportamenti gay sono radicati nella società da tempo immemorabile e li ritroviamo in ogni epoca storica e in ogni società umana.
Ma solo dalla fine del XIX secolo si comincia a parlare di un’identità omosessuale. Oggi non si dice più che un individuo ha un comportamento gay, ma si dice che quell’individuo è gay.
Il coming out: un processo di socializzazione
Da alcuni anni, la società contemporanea permette una più ampia visibilità agli omosessuali. Ma questa evoluzione implica una nuova problematica. Ogni gay che desidera vivere in armonia con sé deve superare una fase obbligatoria: il coming out.
«Fare coming out» significa dire a sé e agli altri la verità circa la propria sessualità. Si tratta di una presa di coscienza che si raggiunge nell’età dell’adolescenza e fa vacillare qualsiasi certezza dell’individuo. Il coming out è una fase molto difficile da superare.
L’adolescenza è sicuramente uno dei periodi più difficili dell’esistenza umana. È in quel momento che il giovane scopre la sua identità, e non si tratta di una cosa semplice. Si aggiunge poi un altro fardello a quel giovane che si scopre gay. Inoltre, per chi esce da un lungo periodo di diniego, il coming out può costituire una prospettiva terrificante.
Eppure, si tratta solo del punto di partenza della liberazione. Il coming out è un processo di socializzazione che permette al giovane di sentire che non è solo.
Vivere senza dover nascondersi
Il sociologo Eric Fassin ha sottolineato il carattere paradossale del coming out. Secondo lo studioso, il coming out è un rito di passaggio che organizza la vita gay secondo un modello binario: c’è un prima e un dopo. Il paradosso è che il coming out non cambia la situazione dell’omosessuale, ma permette a quest’ultimo di vivere senza dover nascondersi.
Due tipi di coming out: interno ed esterno
Patrick Hannot, psicologo clinico e psicanalista, distingue due fasi del coming out: il coming out interno e il coming out esterno.
Il coming out interno è la prima fase dell’accettazione della propria omosessualità. Si tratta di una fase che si raggiunge generalmente dopo una presa di coscienza legata ad un atto oppure ad un desiderio sessuale forte da concretizzare. La persona in questione si dice: «Sono omosessuale».
P. Hannot spiega: «È difficile ammettere la propria omosessualità. Gli omosessuali possono soffrire di omofobia interiorizzata, cioè si è omosessuale ma anche omofobo».
Le due cose non vanno bene insieme. Lo psicoanalista continua dicendo che «non è l’omosessualità ad essere pericolosa, ma l’omofobia» e conclude: «Non bisogna dimenticare che con l’ingiuria verso un gay si offende la donna.
Infatti, dire a un ragazzino che non bisogna comportarsi o piangere come una femminuccia significa rifiutare la “femminilità”. Quindi, non vi sarà più omofobia soltanto quando il rapporto che gli uomini hanno con le donne sarà cambiato».
Al momento del coming out interno, il gay deve ammettere una serie di cose, ma anche una serie di perdite. La persona in questione deve elaborare il lutto della sua eterosessualità, delle speranze sue e dei suoi genitori. Il che non è facile.
Se il coming out interno è molto difficile da realizzare, il coming out esterno lo è ancora di più. L’omosessualità è tollerata nella nostra società, ma non è ancora ben accetta.
Molti gay giovani non sono accettati dalle famiglie e talvolta si ritrovano in strada, cadendo così molto in basso nella piramide sociale. Inoltre, la tolleranza accordata all’omosessualità ha dei limiti.
Alla società piace l’immagine del gay che corrisponde a quella che essa si è data. Dà fastidio il gay che esce dai binari prestabiliti.
La società si aspetta che il gay viva conforme a certi stereotipi di omosessualità che essa approva. I gay devono essere effeminati e le lesbiche devono somigliare ai camionisti. L’adolescente che si scopre gay, quindi, è costretto a uniformarsi agli stereotipi gay accettati dalla società e a condurre uno stile di vita gay stereotipato. Non dimentichiamo che si tratta di uno stile di vita non istintivo, ma di una costruzione sociale.
L’identità omosessuale, diversamente dai comportamenti gay, è stata costruita, in ogni suo pezzo, dalla società. Se la mentalità riguardo all’omosessualità è cambiata negli ultimi anni, il coming out rimane una fase dell’esistenza difficile per l’adolescente, il quale è in una fase di costruzione della propria identità.
Non è sempre facile il passaggio dell’adolescenza di per sé, allora cosa possiamo immaginare quando un giovane scopre di avere un orientamento sessuale che non corrisponde alla norma dell’ambiente circostante?
I genitori devono svolgere un ruolo essenziale, in quanto sono in prima linea e hanno un’importanza affettiva primordiale per il giovane.
I genitori sono le persone più indicate, anche quando vi è un trauma per la rivelazione dell’omosessualità, per accompagnare un figlio ad accettare la propria identità ed aiutarlo a costruirsi una vita serena. Grazie al sostegno dei genitori, l’adolescente gay avrà meno difficoltà a farsi accettare dai gruppi in cui è inserito.
Oltre a tutto ciò, bisogna continuare a lottare per una società aperta, che non tolleri l’omosessualità solo nelle manifestazioni collettive o folkloristiche, come per esempio il Gay Pride, ma che la tolleri nella vita quotidiana, sul lavoro e in ogni altro campo della vita.
Testo originale: Homosexualité de l’adolescent et désarroi des parents