Il gesuita James Martin e il documento sul Gender del Vaticano: “cominciamo ad ascoltare davvero le persone LGBT”
Riflessioni di padre James Martin SJ* pubblicate sul sito del settimanale cattolico America (Stati Uniti) l’11 giugno 2019, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Negli ultimi anni il Vaticano (papi, congregazioni e dicasteri) ha espresso diverse volte preoccupazione per la “teoria” e l’”ideologia gender”. L’ultimo documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica, intitolato Maschio e femmina li creò, è il documento più completo sul tema apparso fin’ora. Secondo il vaticanista del [nostro settimanale] America, Gerard O’Connell, il testo è frutto del lavoro della Congregazione e non è firmato da papa Francesco, perciò non va considerato la “risposta definitiva” al problema.
Come sappiamo, teoria gender è un termine sfuggente. In senso lato, si riferisce agli studi sul genere e la sessualità e su come queste due realtà siano determinate dalla natura (e quindi dalla biologia) e/o dalla società (e quindi dalla cultura). Solitamente la teoria gender include gli studi sulle esperienze di gay, lesbiche, bisessuali, transgender e di tutti coloro che si considerano “queer”, altro termine sovente ambiguo che spesso (ma non sempre) implica la decisione di considerarsi al di fuori di categorie come maschio o femmina, omosessuale o eterosessuale.
Alcuni ritengono che la teoria gender rappresenti anche un’”ideologia” che tenta di imporsi sulle persone, “incoraggiando” o “obbligando” alcuni, specie i giovani, a mettere in discussione e rielaborare la propria sessualità e il proprio genere. In alcuni ambienti cattolici, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, la teoria gender viene sovente collegata a una sorta di “colonialismo ideologico” che cerca di imporre a questi Paesi idee tipicamente occidentali, cosa su cui papa Francesco ha diverse volte messo in guardia.
Questo nuovo documento invita, molto giustamente, all’”ascolto” e al “dialogo”. Il sottotitolo è importante: Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione. È un esplicito invito al dialogo, che dovrebbe essere accolto da tutti. Parla di un “cammino”, il che indica che la Chiesa non ha ancora raggiunto la destinazione. Si concentra sulla “questione” della teoria gender nell’ambito educativo (il che lascia in qualche modo la porta aperta per quanto riguarda altri ambiti), ed è quindi indirizzato primariamente agli educatori e ai “formatori”, inclusi i responsabili della formazione dei sacerdoti e dei religiosi.
Un altro aspetto positivo del documento è il forte appello a “rispettare ogni persona nella sua peculiare e differente condizione” e la sua opposizione a “bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste”; viene invece lodata la capacità di accogliere con rispetto “tutte le espressioni legittime della persona”.
La conclusione del documento afferma il cammino del dialogo, che include “l’ascolto, il ragionamento e la proposta”, lasciando la porta aperta per ulteriori sviluppi ed evitando il duro linguaggio di altri pronunciamenti vaticani sulla sessualità, e in particolare sull’omosessualità.
Permettetemi dunque di iniziare quel dialogo rispettoso a cui il documento invita, con la mia esperienza nel ministero per le persone LGBT.
Cosa propone la Congregazione? In fondo (e non è una sorpresa) il documento non fa che ribadire la tradizionale visione cattolica della sessualità: uomini e donne sono creati eterosessuali e con ruoli sessuali e di genere fissi. Questa opinione, tuttavia, è contraddetta dalla comprensione attuale della maggior parte dei biologi e degli psicologi. I progressi contemporanei nello studio della sessualità umana e del genere vengono messi da parte dalla Congregazione in favore di una visione binaria della sessualità; persino l’espressione “orientamento sessuale” viene messa tra virgolette, come a voler mettere in discussione il concetto stesso.
La fallacia dell’argomentazione proposta sta in questa comprensione del genere: “Da questa separazione [del genere dal sesso] consegue la distinzione di diversi ‘orientamenti sessuali’ che non vengono più definiti dalla differenza sessuale tra maschio e femmina, ma possono assumere altre forme, determinate solo dall’individuo radicalmente autonomo”.
Un’obiezione a tale affermazione è che ignora l’esperienza viva e reale delle persone LGBT; in effetti, i principali partecipanti al dialogo paiono essere filosofi, teologi, documenti e dichiarazioni pontificie, non biologi e scienziati, psichiatri e psicologi, le persone LGBT e le loro famiglie. Se queste persone fossero state ammesse alla discussione, la Congregazione avrebbe probabilmente trovato spazio per un concetto oggi largamente accettato, e cioè che la sessualità non è una scelta dell’individuo, ma parte integrante del modo in cui è stata creata.
In effetti, per essere documento profondamente (sebbene implicitamente) radicato nella legge naturale, ignora ciò che oggi sappiamo sul mondo naturale, nel quale vediamo uomini e donne attratti dallo stesso sesso, uomini e donne che vivono tutta una varietà di sensazioni sessuali nel corso della vita, e uomini e donne che, nell’ambito della sessualità e a volte anche del genere, si pongono lungo un continuum più che in un punto fisso.
La Congregazione suggerisce che l’identità di genere implichi una scelta deliberata da parte dell’individuo, ma le persone transgender raccontano di non aver scelto la loro identità, bensì di averla scoperta attraverso la loro esperienza di esseri umani in società.
Il documento trascura inoltre le nuove scoperte e paradigmi scientifici sul genere, e si basa largamente sulla convinzione che il genere sia determinato esclusivamente dai genitali visibili: la scienza contemporanea ha invece dimostrato quanto sia scorretto (e a volte perfino pericoloso) questo modo di etichettare le persone. Il genere è determinato anche dalla biologia, dalla genetica, dagli ormoni e dalla chimica cerebrale: tutte cose non visibili alla nascita. Il documento fa largo uso di categorie “maschio” e “femmina” elaborate secoli fa, più che di metodi scientifici accurati.
Si fa anche riferimento al concetto di “complementarietà”: in base al genere maschile e femminile, uomini e donne hanno ruoli separati. Scrive la Congregazione, in modo davvero sorprendente: “La donna è in grado di comprendere la realtà in modo unico: [sa] resistere alle avversità […]”: e l’uomo no? Idee come questa rafforzano gli stereotipi e impediscono sia agli uomini che alle donne proprio di elevarsi al di sopra di quei costrutti culturali spesso (e a ragione) biasimati dal Vaticano.
Il lato più infelice del documento è il modo in cui tratta le persone transgender. (È molto strano come, in un testo che parla di genere e sessualità, siano assenti le parole “omosessuale” e “omosessualità”.) Leggiamo questo passaggio: “Questa oscillazione tra maschio e femmina diventa, alla fine, una esposizione solo ‘provocatoria’ contro i cosiddetti ‘schemi tradizionali’ che non tiene conto delle sofferenze di coloro che vivono in una condizione indeterminata. Una simile concezione cerca di annientare la natura (tutto ciò che abbiamo ricevuto come fondamento previo del nostro essere e di ogni nostro agire nel mondo), mentre la si riafferma implicitamente”.
Secondo la Congregazione, le persone transgender sono “provocatorie” e cercano, più o meno consciamente, di “annientare il concetto di ‘natura’”. Gli amici e i famigliari che sono rimasti accanto a una persona transgender che ha tentato più volte il suicidio, nella sua disperazione nel non riuscire a integrarsi nella società, o anche nella sua accettazione del fatto che Dio la ama, troveranno questa frase sconcertante, quando non offensiva.
Forse la migliore risposta a queste frasi ci viene da un diacono cattolico, Ray Dever, che ha una figlia transgender e ha raccontato l’esperienza della sua famiglia sul [mensile] U.S. Catholic: “Chiunque abbia una sia pur minima esperienza con le persone transgender non può che rimanere perplesso di fronte all’idea che esse siano in qualche modo il frutto di un’ideologia: è un fatto storico che, molto prima che esistessero gli studi di genere e che venisse coniata l’espressione ‘ideologia del gender’, le persone transgender esistevano ed erano riconosciute positivamente in alcune culture”.
Il risultato a breve termine più probabile di Maschio e femmina li creò sarà il fornire argomenti ai cattolici che negano la realtà dell’esperienza transgender, che etichettano le persone transgender come dei meri ideologi e negano la loro esperienza viva e reale. Il documento contribuirà probabilmente a isolare ancora di più le persone transgender, ad aumentare la loro vergogna e ad emarginarle ulteriormente, loro che già sono emarginate nella loro Chiesa.
Torniamo all’aspetto più positivo del testo, che mi auguro a lungo termine: l’invito all’ascolto e al dialogo. È un invito che sembra sincero. La Chiesa, come il resto della società, sta ancora imparando le complessità della sessualità umana e del genere. Il prossimo magari potrebbe essere ascoltare le risposte delle persone più interessate e coinvolte dal documento: le persone LGBT.
Cominciamo questo dialogo.
* Il gesuita americano James Martin è editorialista del settimanale cattolico America ed autore del libro “Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone Lgbt” (Editore Marcianum, 2018). Padre James ha portato un contributo sull’accoglienza delle persone LGBT nella Chiesa Cattolica all’Incontro Mondiale delle Famiglie Cattoliche di Dublino e ha portato una sua riflessione anche al 5° Forum dei cristiani LGBT italiani (Albano Laziale, 5-7 ottobre 2018).
Testo originale: Listen to the L.G.B.T. person: a response to the Vatican’s gender theory document