La fatica nella chiesa cattolica di essere sacerdote e di scoprirsi gay
Articolo di Dani Garavelli pubblicato sul sito del quotidiano The Scotsman (Gran Bretagna) il 3 marzo 2013, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Guardando indietro a più di vent’anni fa, padre Joe* ammette che la sua decisione di essere sacerdote era motivata, in parte, dalla sua omosessualità. Padre Joe è divenuto maggiorenne negli anni ‘70, quando chi ammetteva di essere gay era ancora circondato da un grosso stigma e il sacerdozio era un’alternativa al matrimonio e ai figli: “Ero estremamente idealista e credevo sinceramente nel sacerdozio, ma pensavo anche che fosse l’unico modo rispettabile di essere un cattolico single. All’epoca non lo riconoscevo, ma penso di averlo fatto per non dover ammettere la mia sessualità, di fronte alla mia famiglia o a me stesso”.
Una volta ordinato, tuttavia, capì che essere gay in una Chiesa che considera l’omosessualità un disordine oggettivo porta con sé vari problemi. Prede delle stesse tentazioni di ogni uomo, ma senza poterne parlare apertamente, molti preti omosessuali si sentono sottovalutati e isolati. Navigano a vista in una società molto sessualizzata, raramente godono di un sostegno pastorale e non è certo sorprendente che a volte fatichino a tenere fede al loro voto: “Penso che il celibato sia sempre una lotta, è così per tutti i sacerdoti (ma anche per gli uomini sposati), cerchi di mantenere la tua integrità, di essere fedele alla tua vocazione. Appartengo a un ordine religioso, il che vuol dire che vivo con altri uomini, che godo di un sostegno emotivo e che ci sono meno opportunità per stare da solo. Mi spiace molto se penso ai sacerdoti diocesani, che vivono da soli nella loro parrocchia; penso che il celibato sia ancora più difficile per loro, non hanno nessuno con cui confidarsi se si sentono giù di morale, eccitati o qualche altro normale sentimento umano” dice padre Joe, che era sacerdote in Scozia ma ora vive all’estero.
Come in altri luoghi privi di donne, come i collegi e le carceri, nei seminari e in genere nella Chiesa si può trovare un ambiente “sessualmente surriscaldato” in cui, al di là dell’orientamento sessuale, gli uomini si sentono attratti da altri uomini e, quando la sessualità in generale è tabù, è più facile passare presto all’atto: “Penso sia una cosa a cui tendono gli uomini gay nella Chiesa: dato che l’argomento è tabù, si crea questa specie di club segreto, e visto che i preti gay in genere si aprono solo con altri preti gay, tu diventi parte di questo club segreto, non perché lo desideri ma perché i tuoi confratelli sono quelli che ti sostengono”.
Le esperienze di padre Joe non sono isolate. Diversi studi mostrano come il sacerdozio attiri un numero sproporzionato di gay; come suggerisce il padre domenicano, poi diventato giornalista, Mark Dowd, la percentuale potrebbe arrivare al 50%. Tali statistiche sono finite sulle prime pagine di molti giornali in quanto, mentre la Chiesa si oppone sempre più accanitamente a riforme come il matrimonio omosessuale, pare che un sempre crescente numero di consacrati omosessuali, tra cui vescovi e persino cardinali, rompano il loro voto di castità. Ovviamente ci sono stati in passato molti scandali che hanno coinvolto preti e vescovi eterosessuali, che hanno intrecciato relazioni e avuto figli, ma ora alcuni giornali italiani ipotizzano che le dimissioni senza precedenti di Benedetto XVI siano dovute a un dossier che rivelerebbe una potente rete di prelati gay praticanti che arriverebbe ai più alti livelli del Vaticano. Il dossier è stato compilato all’indomani dello scandalo Vatileaks, dove alcuni documenti rubati dalla scrivania del Papa sono stati pubblicati in un libro di grande successo, e dopo che il giornalista italiano Carmelo Abbate si è recato, con una telecamera nascosta, nei locali gay di Roma per filmare alcuni sacerdoti che dicevano messa di giorno e avevano rapporti con uomini escort di notte.
Anche qui in Scozia ci sono state controversie. Nel 2008 un uomo è stato incarcerato per aver ricattato un sacerdote incontrato in un battuage di Kelvingrove Park a Glasgow. Poi ci sono, ovviamente, le accuse rivolte al cardinale Keith O’Brien di “comportamento inappropriato” con numerosi sacerdoti, accuse contestate ma che hanno portato alle sue dimissioni. Da un punto di vista laico, lo scandalo non sta tanto nella sessualità dei preti, quanto in quella che molti considerano l’ipocrisia di un’istituzione vista come omofoba, che in realtà è un evidente nido di gay praticanti, ma questa contraddizione solleva la questione di quanto l’atteggiamento della Chiesa Cattolica nei confronti dell’omosessualità (e il clima di segretezza in vigore tra i preti gay) abbia contribuito alle sue attuali difficoltà.
Il fatto che il sacerdozio attragga gli omosessuali non è nuovo né sorprendente, come non lo sono gli sforzi della Chiesa di insabbiare questa realtà. Negli anni ‘80 Richard Wagner, un sacerdote gay dichiarato dell’Illinois che stava studiando per un dottorato in sessuologia, intervistò cinquanta sacerdoti gay sulle loro esperienze per capire come conciliassero la loro identità con il divieto assoluto, da parte della Chiesa, all’attività omosessuale. Il risultato del ciclone mediatico seguito alla pubblicazione della sua dissertazione Gay Catholic Priests: A Study Of Cognitive And Affective Dissonance (Sacerdoti cattolici gay: studio di una dissonanza cognitiva e affettiva) fu che padre Wagner, a quanto afferma, venne mobbizzato e costretto a lasciare il suo ordine: “In un certo senso, la Chiesa è il luogo perfetto per gli omosessuali nascosti, ma a un certo punto queste persone devono affrontare la propria sessualità e le alternative sono due: o accettarla ed essere a proprio agio, o lasciare che contamini il resto della vita. All’interno dei seminari non ci sono le stesse distrazioni di quando, dopo l’ordinazione, si esercita il proprio ministero in un mondo sovraccarico di immagini sessuali. Si auspica che questo rafforzi chi ha una sessualità sana e integrata, ma chi ha problemi è perduto. La mia intenzione era semplicemente di indicare che esiste un significativo numero di sacerdoti gay, uomini in gamba che dedicano la vita alla Chiesa e che lottano con la loro sessualità senza alcun incoraggiamento né aiuto”. L’atmosfera favorita da tale isolamento e la profondissima vergogna che genera conducono proprio agli abusi di potere e ai comportamenti inappropriati di cui è stato accusato il cardinale O’Brien: “La combinazione di approccio immaturo verso il sesso e di segretezza dei preti gay è un mix molto potente e letale” dice padre Joe.
È strano come, mentre la società nel suo complesso accetta sempre più l’omosessualità (e recenti ricerche indicano come il laicato cattolico si preoccupi meno di tematiche quali il sesso fuori dal matrimonio e quello omosessuale rispetto ad altre denominazioni cristiane), la Chiesa Cattolica sia sempre più in una trincea: monsignor O’Brien per esempio, all’inizio percepito come liberale, è ora in prima linea contro il matrimonio omosessuale. “Dicono che il loro compito non è fiancheggiare la società, bensì sfidarla, ma io penso che la Chiesa abbia perso l’autorità morale necessaria per parlare di omosessualità, in quanto ha dato prova di scarsissima tolleranza e sostegno nei confronti di gay e lesbiche. Dicono ‘Ma noi non odiamo il peccatore, odiamo il peccato’, ma secondo me questa è crassa ipocrisia” dice padre Joe, che a suo tempo ha fatto molto perché la sua parrocchia scozzese fosse inclusiva.
Per rimediare al terremoto degli abusi sessuali che ha scosso la Chiesa negli ultimi dieci anni, la gerarchia ha tentato di dare un taglio all’ordinazione di sacerdoti omosessuali: una mossa estremamente controversa, non solo per il dolore che ha causato ai sacerdoti gay già ordinati, ma anche per la sottintesa connessione tra omosessualità e pedofilia. Le nuove regole, introdotte nel 2005, prevedono che gli uomini con tendenze omosessuali “transitorie” possono essere ordinati dopo tre anni di castità, mentre chi ha tendenze “profondamente radicate” o è sessualmente attivo non può accedere al sacerdozio. Sono stati anche introdotti dei test molto più stringenti: in Inghilterra e Galles, per esempio, molti candidati al sacerdozio sono stati mandati al St Luke’s Centre di Manchester [centro cattolico di formazione psicologica e spirituale, n.d.t.] dove sono stati sottoposti a tutta una serie di test psicologici. La sensazione di non essere desiderati ha fatto sentire ancora più demoralizzati i sacerdoti gay: “C’è questa forte, forte e costante negatività, che ti porta via l’autostima e che viene da questa parte ipocrita della Chiesa” dice padre Joe.
Oggi Richard Wagner ha il suo sito web e viene contattato da preti gay in difficoltà da tutto il mondo. Alcuni di essi vogliono condurre la vita ascetica alla quale si sono votati, altri cercano soddisfazione sessuale ma tutti cercano di conciliare le due parti in conflitto della loro personalità: la vocazione e la sessualità: “Vogliono sapere come fare a navigare in mezzo a questa tempesta di negatività sessuale e cercare di conciliarla con il messaggio evangelico di autenticità, integrità e veracità, ma è una cosa quasi impossibile”.
Il fatto che alcuni prelati gay di alto rango abbiano avallato questa linea di condotta può essere considerato il non plus ultra del cinismo, ma chi conosce da vicino i meccanismi della Chiesa sa che è una manifestazione del loro conflitto interiore: “Ci sono molti preti che odiano se stessi, altri invece sono spaventati perché pensano di dover obbedire agli ordini o si troveranno in mezzo a una strada” dice padre Joe. Il consulente vaticano John Haldane ha detto che l’unico modo di uscire dalla crisi attuale sta nell’obbligare i sacerdoti – gay ed etero – a rinnovare il loro voto di celibato, oppure a lasciare la Chiesa. È difficile non sentire simpatia per quei preti in gamba che hanno pronunciato il voto prima di comprendere appieno la loro sessualità o quanto possa diventare forte il bisogno di un/a compagno/a più avanti negli anni: “Ci sono uomini che prendono su di sé questo voto e pensano di potervi restare fedeli, specialmente se sono abbastanza giovani. Sono entusiasti e idealisti e possono sopravvivere così per dieci, vent’anni, ma quello che ho visto è che quando superano i 40, quando arrivano ai 50, si sentono tremendamente isolati. Vedono i loro coetanei con i loro figli e subentra una forte, intensa solitudine. Spesso è a questo punto che abbandonano il sacerdozio” dice Elena Curti, redattrice del Tablet. Dato che la Chiesa non può permettersi di perdere altri sacerdoti, sembrerebbe più sensato rendere meno rigide le regole sul celibato, come suggeriva monsignor O’Brien qualche giorno prima delle dimissioni. Il celibato non è un punto dottrinale e molti liberali sarebbero felici di vederlo abbandonato, tanto più che la Chiesa ha deciso di accogliere tra le sue fila i preti anglicani sposati. Ma cambiare queste regole non allevierebbe il disagio dei preti gay, anzi lo renderebbe peggiore perché dovrebbero continuare a combattere con la loro sessualità mentre i loro confratelli vivrebbero con gioia le loro relazioni.
Padre Joe è realista: sa che, chiunque venga eletto Papa [dopo Benedetto XVI, n.d.t.], è improbabile che la posizione ufficiale cattolica sull’omosessualità venga significativamente rivista in tempi brevi; allora, quali cambiamenti vorrebbe vedere? “La prima cosa, quella più facile, è cambiare toni. Moderiamo i termini e smettiamola di parlare di omosessualità come peccato e malattia. Seconda cosa, se la Chiesa vuole avere l’autorità di parlare in materia deve mettere in campo un concreto sostegno pastorale per lesbiche e gay, senza giudicare, a livello spirituale e pratico. Poi, se guardate a come la Chiesa esprime la sua dottrina, sia che si basi su una corretta comprensione antropologica, sociologica e psicologica, sia che si basi su un modello antiquato”, è un progetto che richiederà un secolo di lavoro, dice padre Joe. Una cosa però è sicura: a meno che la Chiesa non cominci molto presto a risolvere la contraddizione tra l’omofobia che diffonde e la condotta dei suoi sacerdoti, è probabile che il nuovo Papa rischi di passare il suo tempo a fare quello che ha fatto il suo predecessore: affrontare uno scandalo sessuale dopo l’altro.
* Il nome di padre Joe è stato cambiato per proteggere la sua identità.
Testo originale: Shadow of shame: The conflict facing gay priests