Il film “Boy erased” e l’orrore di volere “guarire” i giovani gay
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Articolo di Davide Turrini pubblicato su ilfattoquotidiano.it il 22 Ottobre 2018
Rieducare gay e lesbiche attraverso la fede in Dio e Gesù Cristo. America oggi o appena ieri. Boy erased e La diseducazione di Cameron Post. Due film che piombano sulla Festa del Cinema di Roma 2018, in una bizzarra coincidenza distributiva italiana, e che mostrano lo stesso spaccato di sinistra oppressione della “devianza” come fossimo in una rappresentazione pleistocenica dell’identità sessuale. Stato secolarizzato, ma società imbevuta di revivalismo religioso in eccesso, gli Stati Uniti regalano continui ed autentici testacoda socio-culturali che poi negli schermi europei trovano una sorta di sbocco quasi più naturale che nel cosmo bigotto hollywoodiano. Si chiamano God’s promise e Love in action, e sono i centri di cura, cancellazione e riprogrammazione delle pulsioni sentimentali e sessuali di normali adolescenti. La famiglia si accorge dell’ “anormalità”, spinge la ragazza o il ragazzo a fare mea culpa e poi li consegna nelle mani di presunti carismatici guru a capo di organizzazioncine semiautoritarie.
Via i telefonini, via dischi e cassette con la musica del diavolo, via il diario personale, via l’anima corrotta dal maligno. Giornate intere o persino periodi di settimane con la vittima segregata tra quattro mura zeppe di canti mistici e incontri di gruppo, per far rinascere l’omosessuale o la lesbica nel verso “giusto”. In un centro è d’obbligo disegnare il proprio genogramma per comprendere le tare familiari; dall’altro si disegna l’iceberg delle esperienze vissute fino a quel momento. Impossibile che un ragazzo ami un altro ragazzo. Impossibile che una ragazza ami un’altra ragazza. Nei due film lo schema a monte è identico. Poi ci sono i mille rivoli dell’esperienza del singolo e delle scelte di scrittura e regia.
Boy erased diretto dalla star Joel Edgerton (che interpreta anche il guru di Love in action) è tratto dal libro autobiografico di Garrard Conley. Jared (Lucas Hedges) figlio di un pastore battista dell’Arkansas (interpretato nel film da un ingombrante Russell Crowe) scopre di non sentire nulla per la ragazzina che gli fa il filo, ma di provare un’attrazione fortissima per il suo compagno di stanza del college. La cosa non passa inosservata tra amici e conoscenti, e arriva diretta sul tavolo di casa. Subito riunione straordinaria di “pastori” e il responso è la comunità di recupero. Anche La diseducazione di Cameron Post, diretto da Desiree Akhavan, è tratto dall’autobiografia (ambientata comunque a metà anni novanta nel Montana) di Emily Danforth. Qui però la giovane Cameron (Chloe Grace Moretz) ha soltanto una zia piuttosto zelante, ma senza l’enfasi del pastore battista del film di Edgerton. Eppure la sentenza è uguale: farsi beccare al ballo della scuola mentre ci si bacia appassionatamente con un’amica non è “normale”.
Anche se poi i due film nel raccontare il lungo blocco dei due centri di rieducazione proseguono su vie diverse. Edgerton sposta il baricentro sul registro del tragico e Jared percorre una via crucis più drammaticamente tradizionalista anche nella messa in scena, rispetto a quella più pop e vagamente ironica di Cameron. In entrambi i casi però è lo schema del coming of age a tingersi di inquietante proibizionismo e castrante autoritarismo. Perché sia Jared che Cameron devono necessariamente uscire dall’abisso della rieducazione per “crescere” come genere vuole. È lo scontro provocato dal trauma sociale indotto dall’esterno a distruggere presente e futuro dei due personaggi, e non la più classica difficoltà di inserimento nella quotidianità di gay e lesbiche. Paradossalmente Boy erased e La diseducazione di Cameron Post mostrano che fuori dal fanatismo religioso c’è un mondo accogliente, vivo, umano, che prevede ovviamente un posto nel mondo per l’affetto LGBTQ.
“Qualcuno volò sul nido del Cuculo è uno dei miei film preferiti”, ha spiegato Edgerton. “Interessante notare che mentre il film è stato realizzato nel ’75, il libro è stato scritto nel ‘62, cinque anni prima che negli Stati Uniti venisse vietata la pratica della lobotomia. Quel romanzo, come il diario di Garrard, ha fatto luce su delle pratiche discutibili. E noi abbiamo realizzato il film in un momento in cui la pratica non autorizzata della terapia di conversione esiste ancora in tutto il paese”.
“Se il nostro film raggiungerà il suo obiettivo – ha concluso il regista di Boy erased – ci consentirà di aprire un dibattito più ampio su un soggetto che necessita di essere considerato con maggior consapevolezza. La terapia di conversione, in generale, assume molte forme diverse. È praticata in centinaia di paesi diversi. Ne esistono tante forme diverse. Alcune hanno un’impronta religiosa, altre laica. Alcune utilizzano la psicoterapia. L’unica costante in tutto questo è che la terapia di conversione è incredibilmente dannosa. Ma come nel caso di tutti i film sulla prigionia e sugli istituti di reclusione, il vero cuore della storia è il desiderio di essere liberi. Perché la libertà stessa, in tutte le sue forme, riguarda sempre l’accettazione delle diversità”.