Tutto questo noi lo ritroviamo nella storia di Giacobbe al guado di Jabbok. Ma il guado è anche un’immagine che descrive un passaggio, faticoso, ma pur sempre possibile, da una riva all’altra del fiume. Gli omosessuali sono anche detti, e non certo con benevolenza, «quelli dell’altra sponda».
Se ci piace l’immagine è perché vogliamo che non ci sia né antagonismo né separazione tra gli uomini, ma una costante possibilità di passaggio da una sponda all’altra, per un incontro che avviene, magari, proprio in mezzo al guado. Per noi però l’altra sponda significa soprattutto un approdo di liberazione, una terra dove poter vivere un amore purificato dall’egoismo e da tutte le ambiguità.
È una speranza, questa, che ci fa muovere verso i campi dell’amicizia e della fraternità, seguendo le indicazioni del Vangelo che resta, per molti di noi, un preciso punto di riferimento. In questo senso c’è per tutti un’altra sponda verso la quale andare, insieme possibilmente, perché così la fatica si fa più leggera e, se uno inciampa, può trovare subito aiuto. Ed è per camminare insieme che il nostro gruppo continua ad esistere e ad operare.
Fede e omosessualità
Fede e omosessualità. Due termini che, secondo molti, non possono assolutamente essere conciliati. Eppure ci sono persone che, come noi, non possono non dirsi omosessuali pur essendo cristiani e che non possono non dirsi cristiani pur essendo omosessuali.
Di fronte a una simile realtà c’è la grande tentazione di nascondersi nell’ipocrisia e di non interrogarsi sul senso della propria esperienza: di sicuro non è facile conciliare queste due parole nella propria vita e chi non riesce a superare il proprio isolamento rischia di perdersi tra i sensi di colpa e la promiscuità sessuale, tra le condanne superficiali e l’abbandono dei valori cristiani.
Insieme vorremmo capire che senso ha il messaggio evangelico per noi omosessuali. Insieme vorremmo realizzare la parola della chiesa che ci invita a realizzare in pienezza il progetto che Dio ha su di noi. Insieme vorremmo conservare la Speranza di Cristo e annunziarla a quanti sono omosessuali come noi.
Con questi obiettivi abbiamo cercato di costruire il Guado: un luogo in cui le persone sono incoraggiate a non rinnegare la propria appartenenza alla chiesa e la propria omosesussualità, ma a viverle in pienezza alla luce del Vangelo, senza conflitti e senza ipocrisie; un luogo in cui è possibile mettersi al servizio di quanti ci sono prossimi nella vita e nella condizione di persone omosessuali; un luogo in cui ci si confronta per elaborare insieme un’etica per vivere cristianamente la nostra omosessualità.
In sostanza il Guado vuole essere un segno di speranza per tutti coloro che ci incontrano, perché è nella Speranza che, fin da ora, facciamo esperienza della nostra definitiva liberazione. Quello di arrivare a una più esatta comprensione della nostra omosessulità è uno degli obiettivi principali del gruppo: l’incontro con esperti di psicologia, con esperti di morale e con esperti di pastorale, il confronto fra di noi sulle scelte che siamo chiamati a fare, l’ascolto orante della Parola di Dio e l’attenzione al magistero della Chiesa, sono gli strumenti che ci aiutano in questo cammino. L’obiettivo è quello di maturare una coscienza adulta, capace di compiere in autonomia e con responsabilità le sue scelte, senza sentire il bisogno di ricorrere continuamente ad autorizzazioni esterne.
Il gruppo cerca infine di sfruttare tutte le occasioni che ha per offrire alla Chiesa: nei suoi vescovi, nei suoi sacerdoti e nei suoi fedeli, una più corretta intelligenza dell’omosessualità. In quest’ottica vanno lette le numerose lettere e i numerosi incontri che, nel passato, abbiamo proposto e che continuiamo a proporre.
La storia e lo statuto del gruppo lo collocano poi in una posizione di naturale dialogo con le diverse confessioni cristiane che operano in Italia. Tra i nostri ospiti abbiamo avuto, oltre a numerosi esponenti della chiesa cattolica, anche membri della chiesa valdese, della chiesa battista, della chiesa veterocattolica, della comunione anglicana e della chiese ortodosse. Abbiamo così scoperto il senso di un cammino ecumenico che non elimina le differenze, ma le mette in dialogo fra loro in una comune dimensione di servizio all’uomo e al Vangelo.