Il Kenya proibisce un documentario perche racconta l’amore omosessuale
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Articolo dell’Agenzia France Presse pubblicato sul sito del quotidiano Le Monde (Francia) il 24 settembre 2021, liberamente tradotto da Carole Oulato
Le autorità kenyane hanno proibito, giovedì 23 settembre [2021], la proiezione e la diffusione di un documentario che racconta la storia di una coppia gay, qualificando il film come “inaccettabile, e un affronto alla cultura e all’identità” di questo Paese profondamente cristiano, che criminalizza l’omosessualità.
I am Samuel, del regista kenyano Peter Murimi, racconta una storia d’amore tra due uomini che vivono a Nairobi. Il film ha suscitato la collera del Kenya Film Classification Board (KFCB), in quanto la pellicola farebbe promozione del “matrimonio gay come stile di vita accettabile”.
Nel comunicato in cui si annuncia l’interdizione del film, il KFCB afferma che il documentario “propaga dei valori che sono in disaccordo con la nostra Costituzione, i nostri valori culturali e le nostre norme”. Ancora peggio, sottolinea Christopher Wambu, il patron del KFCB: il film mostra una coppia [omosessuale] che simula un matrimonio religioso, un atto che giudica “blasfemo”. Il KFCB vieta dunque “di proiettare, distribuire, possedere e diffondere” il film sul territorio kenyano.
L’omosessualità è un tabù nella maggior parte dei Paesi africani, dove le persone omosessuali spesso subiscono discriminazioni, se non addirittura persecuzioni. In Kenya è fallito il recente tentativo di abrogare le leggi che vietano l’omosessualità, retaggio del colonialismo britannico. Le relazioni omosessuali rimangono un crimine, che secondo la legge è passibile di una pena fino ai quattordici anni di prigione, anche se i processi sono rari.
Un divieto “discriminatorio”
I am Samuel è il secondo film kenyano a creare polemiche attorno a questa tematica negli ultimi anni. Nel 2018 Rafiki (Amic* in swahili), di Wanuri Kahiu, una storia d’amore lesbica che è stata il primo film kenyano proiettato al Festival di Cannes, era stato vietato. Dopo una battaglia giudiziaria, Rafiki è stato poi finalmente proiettato per un breve periodo a Nairobi, in sale gremite.
Peter Murimi affermò, in un’intervista a France Presse nell’ottobre 2020, che si aspettava che il documentario non sarebbe stato ben accolto dai censori kenyani, e descrive il suo film come “molto sottile, molto equilibrato, è la storia di una famiglia che lotta contro questo problema: avere un figlio gay. Faremo del nostro meglio, e con un poco di fortuna, i Kenyani potranno vederlo”.
Il documentario, proiettato in numerosi festival, è disponibile per il noleggio in linea, e ha ricevuto anche il sostegno di Wanuri Kahiu: “La censura riflette la mancanza di fiducia in se stessa di tutta una società” ha scritto la regista su Twitter dopo l’annuncio del divieto del film.
Human Rights Watch ha condannato questo divieto definendolo “discriminatorio”: secondo l’ONG, esso viola i diritti dei cittadini kenyani: “Ancora una volta, il governo kenyano ha denigrato i suoi cittadini LGBT, vietando un documentario che mira a umanizzare una normale coppia kenyana gay” ha spiegato all’AFP Neela Ghoshal, direttrice aggiunta della divisione LGB di Human Rights Watch: “Il KFCB può continuare a violare la libertà d’espressione riducendo al silenzio le voci omosessuali kenyane, ma non può farle sparire” ha aggiunto.
Testo originale: Le Kenya censure un documentaire sur un couple homosexuel, le jugeant « blasphématoire »