Il Levitico, l’abominio e i rapporti omosessuali alla luce della storiografia
Articolo* di Stephen J. Patterson** pubblicato sul periodico The Fourth R (Stati Uniti) nel maggio-giugno 2012, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Oggi molti credono che la Bibbia condanni chi è gay. Da dove traggono quest’idea? Ebbene sì, dalla lettura della Bibbia. La maggior parte della gente prende la sua Bibbia e legge Levitico 18:22, che suona all’incirca così: “Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio”. In Levitico 20:13 vengono ripetute le stesse parole, con l’aggiunta della messa a morte per lapidazione. Sembra abbastanza chiaro. Fine della storia. Nella nostra cultura americana dell’inizio del XXI secolo, un uomo che ha “con maschio relazioni come si hanno con donna” è generalmente considerato gay.
Ma la Bibbia non è stata scritta nella nostra epoca, né per la nostra epoca. Questi due testi sono stati scritti circa 2.500 anni fa, in un tempo e in un luogo che gli studiosi generalmente chiamano Antico Vicino Oriente. Cosa voleva dire un uomo che ha “con maschio relazioni come si hanno con donna” nell’Antico Vicino Oriente?
Il sesso tra due uomini, in quel contesto, per quanto possiamo ricavare dai testi antichi, aveva tre possibili significati: dominio, ricreazione o devozione religiosa. Per comprendere il primo significato, pensate al sesso tra i carcerati o allo stupro di guerra, o leggete le notizie dalla Siria, dove si registra un aumento di stupri maschili utilizzati come metodo di repressione dal governo. Questa cosa moderna è in realtà molto antica. Nell’Antico Vicino Oriente il sesso tra due uomini era solitamente considerato un atto di violenza. Non era (non è) sesso gay: era un’aggressione fallica eterosessuale. Era generalmente disprezzata, salvo in contesti ove violenza e dominio erano normali, come in guerra. Oggi questa pratica è scioccante, ma non nel mondo antico.
Il sesso ricreativo tra due uomini era qualcosa di simile, qualcosa che si faceva con uno schiavo o un servitore in assenza di una compagna. Anch’esso era disprezzato in alcune culture, che lo consideravano uno sfruttamento e un’umiliazione per l’uomo o il ragazzo costretto ad assumere il ruolo passivo. “Giacere con uomo come con una donna” vuol dire questo: gli uomini dovevano essere uomini, non donne. Gilgamesh è un buon esempio: il principale difetto dell’antico re di Ur era il suo vorace appetito sessuale, che egli soddisfaceva sia con le donne, sia con le figlie e i figli: non c’era scampo per nessuno.
Il sesso tra due uomini poteva avere anche un significato religioso. Sesso e devozione religiosa sono poco compatibili per la maggior parte di noi, ma non era così per gli antichi. L’Antico Vicino Oriente era un luogo molto secco. L’agricoltura era un’attività essenziale, ma precaria: per questo attirava l’attenzione della devozione religiosa. Gli dèi e i riti della fertilità erano comuni; questi ultimi talvolta comprendevano il sesso rituale con sacerdoti maschi i quali, come gli dèi che rappresentavano, venivano considerati androgini (vale a dire, al tempo stesso maschi e femmine). I devoti credevano che, ponendo il proprio seme nel sacerdote, si sarebbero assicurati la fertilità della terra per un altro anno.
Nessuno di questi significati implicava l’omosessualità dei partecipanti; in realtà, era il contrario. Tutto dipendeva dall’assunto che chi iniziava l’atto (colui che assumeva il ruolo attivo) stava agendo come vero maschio eterosessuale. Un uomo poteva dominare un altro uomo sodomizzandolo, vale a dire costringendolo nel ruolo subordinato della femmina. Ecco perché era permesso stuprare i nemici alla fine di una battaglia, ma non sodomizzare il proprio schiavo. Nel primo caso, l’aggressione violenta fa parte del mestiere del soldato; nel secondo caso, ci si prende un vantaggio illecito. Nel caso del sesso rituale, il devoto (attivo) sta interpretando il maschio eterosessuale che pianta il suo seme in un altro uomo che sta interpretando la parte femminile. Quindi ci chiediamo: esisteva il sesso gay come lo intendiamo oggi nell’Antico Vicino Oriente? Forse, ma non se ne parla mai nei testi sopravvissuti.
Quale significato potevano avere, allora, gli atti sessuali a cui si riferisce il Levitico? Teoricamente, uno qualsiasi dei tre. La maggior parte degli studiosi pensa che il Levitico si riferisca al terzo significato, a causa della parola usata per condannarli: abominio, in ebraico to’evah. Questa parola è spesso utilizzata per descrivere l’offesa religiosa e questa sezione del Levitico, chiamata dagli studiosi Codice di Santità, parla proprio dell’evitare le pratiche religiose e culturali straniere. Quindi il testo del Levitico probabilmente proibisce il sesso con i sacerdoti stranieri, ma non possiamo esserne certi: potrebbero proibire, invece, lo sfruttamento sessuale degli schiavi.
Possiamo però affermare con grande chiarezza cosa il Levitico non proibisce. Non proibisce di innamorarsi di un altro uomo e di avere relazioni intime con lui: il sesso omosessuale non possedeva quella connotazione nell’Antico Vicino Oriente. L’affetto tra due uomini non era invece sconosciuto. Un esempio biblico famoso è l’intima relazione tra Gionata e Davide descritta nei due libri di Samuele. Davide dice di Gionata “Tu mi eri molto caro; la tua amicizia era per me preziosa più che amore di donna” (2 Samuele 1:26). Eppure, nel racconto della loro relazione non si parla mai di sesso. Il sesso tra uomini nell’Antico Vicino Oriente non significa mai “Io ti amo”; vuol dire “Io ti possiedo”. Oggi, ovviamente, non è più così: il sesso tra due uomini può voler dire “Io ti amo”. Ma su questo il Levitico non fa nessun commento.
* I passi biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI.
** Stephen J. Patterson è professore di studi religiosi ed etici all’Università Willamette di Salem, nell’Oregon. In Italia è comparso il suo libro “Il Dio di Gesù. Il Gesù storico e la ricerca del significato” (Claudiana, 2005).
Testo originale: When a Man Lies with a Man as with a Woman