Il libro “Sodoma” un’arma in mano agli omofobi?
Articolo di Frank Bruni* pubblicato sul sito del quotidiano The New York Times (Stati Uniti) il 15 febbraio 2019, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Meravigliato di fronte al misterioso sancta sanctorum descritto nel suo nuovo libro (“Sodoma”, editrice Feltrinelli, 560 pagine), il giornalista francese Frédéric Martel scrive che “nemmeno a Castro [il quartiere gay di San Francisco, n.d.t.] ci sono tanti omosessuali”; sta parlando del Vaticano, e le sue rivelazioni sono deflagrate come una bomba.
Sono riuscito a procurarmene una copia prima della sua uscita, che avverrà in otto lingue e venti Paesi; nell’Europa occidentale avrà come titolo Sodoma, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Canada si chiamerà invece Nel nascondiglio del Vaticano.
Il libro afferma che circa l’80% dei sacerdoti e prelati che lavorano in Vaticano, alla corte del Papa, sono gay. Più un prelato vaticano è rumorosamente omofobo, più è probabile sia gay, e più si va in alto nella catena di comando, più omosessuali si trovano, ma non crediate che tutti vivano una vita celibataria: nemmeno per sogno.
Dovrei brindare, vero? Sono un uomo apertamente gay, a volte critico la Chiesa, sono davvero felice che l’ipocrisia in alto loco venga rivelata, di apprendere che molti dei tipi che ci tormentano si torturano l’anima essi stessi. Grazie al cielo, la loro autorità morale è ora messa in discussione. Che entri il sole, che la verità si diffonda.
Ma in realtà sono inquieto, e anche un po’ spaventato. Quale che sia l’intento del suo autore, Sodoma, invece di essere un qualcosa di costruttivo, rischia di diventare un’arma pericolosissima nelle mani dei militanti cattolici di estrema destra che non aspettano altro che dare la caccia ai sacerdoti gay, molti dei quali servono la Chiesa con una vita esemplare e casta.
Sono le stesse correnti cattoliche [di estrema destra] che si oppongono alle necessarie e delicate riforme, e che prenderanno le rivelazioni del libro come prova che la Chiesa è troppo permissiva e che sta perdendo la sua dignità e la sua strada.
Lo stesso Frédéric Martel è gay, ciononostante fa dell’omosessualità qualcosa di sensazionale parlando solo dei prelati che hanno rapporti con altri uomini, non di quelli che hanno rapporti con donne. La promessa di celibato che i sacerdoti pronunciano proibisce qualsiasi rapporto sessuale, e la dottrina cattolica si viola non solo con i rapporti omosessuali, ma in generale con ogni rapporto al di fuori del matrimonio; per questo motivo l’insistenza di Martel sui prelati omosessuali mira in realtà ad assecondare certi pruriti dell’opinione pubblica.
Si capisce dal tono: “Il mondo che vado a scoprire, con le sue 50 sfumature di omosessualità, è oltre ogni comprensione”. Ad alcuni lettori il libro sembrerà una “favola”. Molti affermano che papa Francesco, con tutti i detrattori che ha attorno a sé, “sta in mezzo ai lupi, ma non è vero: sta in mezzo alle checche”. Forse nell’originale francese suona diverso, ma il linguaggio del libro è profondamente sciocco e offensivo.
Molte delle fonti citate nel libro sono vaghe e molti vaticanisti affermano che la stima dell’80% [di prelati vaticani gay] non è affatto così certa, né credibile: “Questa accusa è ideologica, non è basata su dati scientifici” dice padre Thomas Reese, che lavora per [l’agenzia stampa] Religion News Service. Padre Reese è di casa in Vaticano e ha scritto libri molto apprezzati sulla gerarchia cattolica: “Uno dei problemi è che i vescovi cattolici non hanno mai autorizzato nessuna ricerca su questo tema. Non vogliono sapere il numero dei sacerdoti omosessuali”.
Secondo varie ricerche indipendenti, la percentuale di sacerdoti gay negli Stati Uniti va dal 15% al 60%. In un’intervista telefonica Martel sottolinea che la percentuale dell’80% non è una stima sua, ma è dovuta a un ex sacerdote vaticano, che cita per nome nel suo libro; il giornalista però la presenta senza la dovuta dose di scetticismo, e dice “Sono di gran lunga la maggioranza”.
Secondo l’autore il libro si basa su circa 1.500 interviste condotte nell’arco di quattro anni e sui contributi di un gran numero di ricercatori. Sono stato vaticanista di questo giornale per quasi due anni, e devo dire che la ricchezza di dettagli del libro mi persuade. Sodoma sarà certamente al centro di dibattiti infuocati. Ci sarebbero molti fatti curiosi in Vaticano, compresi incontri clandestini tra alti prelati e giovani etero musulmani che si prostituiscono a Roma. Martel fa molti nomi: cita molti prelati e sacerdoti morti, o persone la cui omosessualità era già nota, ma spende anche molte parole per suggerire che anche Benedetto XVI (e con lui altre figure prominenti della Chiesa) è gay.
Forse la più vivida istantanea di doppia vita ritratta da Martel è quella del cardinale colombiano Alfonso López Trujillo, morto poco più di dieci anni fa, la cui riserva di caccia erano i seminaristi e i giovani sacerdoti e che si intratteneva regolarmente con prostituti, a volte picchiandoli dopo il rapporto sessuale; nel frattempo promuoveva la dottrina cattolica secondo cui tutti i gay sono “oggettivamente disordinati” e la proibizione per chi ha “tendenze omosessuali profondamente radicate” di entrare in seminario, anche se si astiene dai rapporti sessuali.
Mi preoccupa anche il tempismo dell’uscita del libro, che coincide con un avvenimento senza precedenti, ovvero il summit vaticano sugli abusi sessuali. Per la prima volta il Papa ha convocato i presidenti di tutte le conferenze episcopali del mondo per discutere di questa tematica, e solo di questa, ma il libro “rischia anche di sviare l’attenzione dagli abusi di minori ai sacerdoti gay in generale, offrendo di nuovo la falsa impressione dell’equivalenza tra omosessualità e pedofilia” scrive su Twitter padre James Martin, autore gesuita molto letto, e ha ragione, anche se in effetti il libro non fa questo ragionamento, anzi chiarisce un punto importante: la cultura cattolica del segreto (una cultura in parte creata dai sacerdoti gay e dal loro bisogno di nascondersi) va contro la denuncia dei molestatori resosi colpevoli di reati.
In una conversazione telefonica David Clohessy, che da molto tempo assiste le persone abusate dai sacerdoti, mi ha detto: “Molti sacerdoti esitano a denunciare gli abusi dei confratelli, perché sanno che saranno ostracizzati. Il celibato e la gerarchia con la sua segretezza, la sua rigidità, il suo carattere esclusivamente maschile contribuiscono alla copertura [degli abusi], e quindi ad ulteriori abusi”. Abusi che non conosco orientamento sessuale, come sappiamo bene dai molti casi di sacerdoti che hanno rapporti con ragazzine e donne, incluse le suore; un fatto, quest’ultimo, pubblicamente riconosciuto per la prima volta da papa Francesco pochi giorni fa.
Questo è un dettaglio cruciale che rischia di passare inosservato nella selva di punti esclamativi di Sodoma, e molta gente si limiterà a leggere i titoli pruriginosi delle recensioni più che il libro stesso. Ciò che ne dedurranno è che i sacerdoti cattolici sono personaggi disturbati, che i gay passano la vita a nascondersi e ingannare e a fare comunella in congreghe eccentriche e bizzarri rituali.
Ho chiesto a Martel quale fosse il suo scopo: “Io sono un giornalista. Il mio unico scopo è scrivere storie. Non sono cattolico, e non ho motivi di rivalsa. Non mi preoccupo che la Chiesa possa essere migliore o peggiore, io sto al di fuori”. Gli ho chiesto se fosse preoccupato del fatto che gli omofobi possano fare del libro un’arma: mi ha risposto che, se leggeranno il libro in maniera corretta, capiranno che cacciare i gay dalla Chiesa significherebbe sbarazzarsi di tutti i loro eroi, cioè di quelli che inveiscono contro l’omosessualità proprio per negare e camuffare la loro identità. Più un cardinale accetta i gay, più è probabile sia etero.
Al di là di tutto questo, il libro mette il dito nell’enorme e sempre crescente tensione tra una Chiesa che è solita offendere ed emarginare i gay e [il suo] corpo sacerdotale che ne è pieno: “Questo è un fatto che ci sta davanti come un gigantesco e insostenibile paradosso” scrive il commentatore (cattolico e gay) Andrew Sullivan nel suo eccellente dossier comparso sulla rivista New York.
Il dossier spiega come mai tanti gay si siano fatti preti, specialmente in tempi passati: non si sentivano sicuri, o a loro agio, in una società che li ostracizzava, e la loro sensazione di essere outsiders donava loro una grande sensibilità spirituale e un forte desiderio di aiutare chi è in difficoltà. Non elaboravano stratagemmi, né cercavano l’equivalente clericale di una sauna, piuttosto cercavano di sopravvivere, psicologicamente ed emotivamente. Per molti è così ancora oggi, e temo che Sodoma non li aiuterà.
* Frank Bruni è opinionista del New York Times dal giugno 2011, scrive sulle sue pagine dal 1995 e ha spaziato su un grande numero di argomenti. È stato corrispondente dalla Casa Bianca e critico culinario. Come capo dell’ufficio di Roma ha seguito papa Giovanni Paolo II e Silvio Berlusconi. È giunto al New York Times dal Detroit Free Press, dove è stato alternativamente corrispondente di guerra, principale critico cinematografico e opinionista religioso. È autore di tre bestseller. Nelle sue rubriche si occupa di varie tematiche: politica americana, università, cultura popolare e diritti omosessuali. Potete seguirlo su Twitter e Facebook.
Testo originale: The Vatican’s Gay Overlords