Il Magnificat, ovvero benedire il proprio fardello (Luca 1,39-45)
Meditazioni bibliche di Michael Joseph Brown e Shively T. J. Smith tratte dal sito Out in Scripture (Stati Uniti) del dicembre 2012, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Luca 1,39-45 (46-55) contiene l’incredibile e potente dichiarazione conosciuta come Magnificat.
La cosa singolare in questo canto è il piacere con cui Maria, una donna non sposata in una società estremamente tradizionale, prende su di sé questo pesantissimo fardello.
A differenza della narrazione di Matteo, qui Gabriele parla a Maria direttamente e Luca non dice se l’angelo informa Giuseppe.
In risposta a Dio, Maria accoglie la santa distinta vocazione a essere altro da ciò che la società impone come norma. Maria accoglie l’”alterità”.
Accetta lo stigma – questa vocazione, questa convinzione – perché Dio sta compiendo qualcosa di nuovo e di potente nella storia del mondo. Riconoscendo la sua nuova situazione, Maria dichiara che Dio “ha guardato l’umiltà della sua serva” (Luca 1,48).
Come molte persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) nella nostra società, Maria comprende cosa vuol dire assumersi il pesante fardello dell’alterità.
Ma a differenza di molte persone LGBT, Maria non vede la sua alterità come motivo di disperazione; guarda attraverso l’identità e lo stigma e riconosce che Dio sta lavorando con la sua alterità per trasformare le strutture sociali che dominano il mondo. Attraverso Maria che accetta la sua identità, Dio disperde i superbi (Luca 1,51).
Il suo canto continua dicendo che Dio ha rovesciato i potenti dai troni, innalzato gli umili, ricolmato di beni gli affamati e rimandato a mani vuote i ricchi. Dio ha liberato il suo popolo secondo la promessa fatta agli antenati di Israele, ad Abraamo e Sara e ai loro discendenti per sempre (Luca 1,52-55).
Che trasformazione radicale! Shively T. J. Smith commenta “L’enfasi su Dio come Salvatore evidenzia lo stato di impotenza e non quello del potente.
L’inno è un invito rivolto a tutti perché riconoscano che la Buona Novella di Gesù Cristo è che Dio sta dalla parte degli emarginati e degli oppressi. Coloro che non sono riconosciuti e apprezzati, che non hanno voce nella società e nell’ambiente religioso possono essere certi che Dio è con loro soprattutto perché Dio è Salvatore.
L’isolamento dalle istituzioni umane non significa separazione dalla misericordia e dalla compassione di Dio.”
La promessa contenuta nella nascita di Gesù è che le strutture oppressive che dominano la nostra vita verranno capovolte, verrà imposta la giustizia e coloro che stanno in fondo – o ai margini – potranno reclamare il posto che spetta loro nel nuovo ordine sociale.
Vi siete mai sentiti “altri” nella vostra vita, in ciò che fate? Chi vi ha prestato sostegno e conforto in quei periodi?
Il fil rouge che percorre tutte le letture del giorno è la liberazione promessa da Dio. Nel Salmo 80 (79) 1-7 il salmista grida verso Dio perché salvi il suo popolo dagli attacchi dei suoi nemici. La preghiera evidenzia il ruolo di liberatore di Dio, simile al Dio di trasformazione espresso nel Magnificat.
L’autore di Ebrei 10,5-10 reimmagina, per la Chiesa primitiva, cosa ha significato il ministero di Gesù in termini rituali o liturgici. Come Maria, Gesù ha assunto una missione che ha trasformato delle pratiche umane molto importanti.
Al posto dei sacrifici ripetuti, l’atto di sacrificio di Gesù, compiuto una volta per tutte, abolisce tali pratiche (Ebrei 5,9). Anche Michea 5,2-5 è un testo di trasformazione in cui il profeta annuncia l’agente del cambiamento come “colui che porterà la pace”.
Ma nessuna trasformazione accade senza che venga disturbato in qualche modo lo status quo. La gente nella nostra società è regolarmente isolata in gruppi in cui il sesso, il gruppo etnico, l’orientamento sessuale e l’identità di genere si risolvono nella violenza, nell’ingiustizia e nell’abbandono.
Molti hanno finalmente compreso come scavalcare queste linee divisorie – divisioni spesso imposte dalla negligenza e dall’abuso di potere – non solo crea una nuova base di potere, ma può scuotere le fondamenta di una struttura sociale concentrata nel perpetuare i propri pregiudizi.
Se e quando vi siete sentiti stigmatizzati, qual è stata la vostra preghiera? In che modo potete cominciare a sconfiggere l’idea di essere stigmatizzati?
Come membri della comunità LGBT che si preparano ala venuta del bambino Gesù, dovremmo riconoscere l’opportunità di aprirci ad altre persone che portano il fardello dello stigma imposto dalla società. Cominciamo ripensando l’idea del nostro stigma. L’idea che portiamo su di noi uno stigma sociale ci è imposta dagli altri, non è un’idea che dovremmo accettare come un’autentica definizione di noi stessi.
Chi noi siamo è un dono di Dio! Quando accettiamo la nostra vita come un dono, sebbene porti con sé una chiamata, una missione o vocazione, allora possiamo decidere di interagire positivamente con il mondo attorno a noi.
Come Maria, noi possiamo e dovremmo glorificare Dio per averci donato il nostro sesso, la nostra cultura, il nostro orientamento sessuale e altre caratteristiche distintive che ci rendono quello che siamo.
In risposta alle nostre entusiasmanti caratteristiche dovremmo cantare “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore” (Luca 1-46-47).
Qual è la preghiera, vostra e della vostra comunità di fede, per coloro che vengono stigmatizzati? In che modo potete accogliere chi, nel luogo in cui vivete, affronta uno stigma imposto dalla società?
Preghiera
Dio potente
aiutaci a considerare il nostro fardello una benedizione
il nostro stigma una medaglia d’onore
e aiutaci a dedicarci in modo nuovo
alla bellissima missione che hai preparato per noi in questo mondo.
Nel nome di Gesù
Amen
Testo originale: Bearing a burden, bearing good news (PDF)