Il marchio dell’Hijra. Una transgender in lotta nell’India conservatrice
Articolo di Sujoy Dhar pubblicato sul sito della Thomson Reuters Foundation (Gran Bretagna) il 6 giugno 2015, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Il primo rettore universitario transgender dell’India afferma che la sua lotta perché il “terzo genere” venga riconosciuto, non è facile in un paese a maggioranza conservatrice e invita il governo ad attivarsi perché le minoranze sessuali, che spesso affrontano discriminazioni e abusi, abbiano un lavoro. Manabi Bandyopadhyay, 50 anni, professoressa di filosofia e lingua bengalese, è comparsa sui giornali lo scorso mese in occasione della sua nomina a rettore dell’ateneo femminile di Krishnagar nel Bengala Occidentale. Bandyopadhyay però, che ha subito l’operazione per diventare donna nel 2003, afferma che il suo cammino ventennale fino ai vertici del mondo accademico è stato pesantemente segnato da derisioni e maltrattamenti e invoca le autorità perché facciano di più per sostenere le persone transgender. “A scuola, all’università, per tutta la vita sono stato deriso per i miei modi effeminati” dice Bandyopadhyay, nato con il nome maschile di Somnath e cresciuto in un villaggio del distretto di Nadia.
A causa del mancato accesso al lavoro e all’istruzione molti indiani che compiono la transizione da maschio a femmina – conosciuti anche come “hijra” – sono costretti a prostituirsi o a mendicare. “Molte transgender sono per strada a mendicare perché non hanno un lavoro. La Corte Suprema dell’India ha emesso sentenze in nostro favore e il governo dovrebbe occuparsi della nostra situazione lavorativa” afferma Bandyopadhyay.
Nell’aprile dello scorso anno la Corte Suprema ha ufficialmente riconosciuto, con una sentenza storica, i e le transgender come il terzo genere e ha ordinato al governo di assicurare loro un trattamento equo. La sentenza ha riconosciuto la comunità transgender come gruppo emarginato e ha consigliato alle autorità di mettere in atto politiche di miglioramento del loro status socioeconomico. Questo significa, affermano gli avvocati, che tutti i documenti di identità, inclusi i certificati di nascita, i passaporti e le patenti di guida, devono riconoscere il terzo genere e il governo deve riservare un certo numero di posti di lavoro nel settore pubblico, nelle scuole e nelle università ai candidati del terzo genere.
Ma se la sentenza è stata ben accolta dagli attivisti, non viene però applicata nel paese. Gli attivisti sostengono che essa è contraddetta dal nuovo divieto, da parte della Corte, delle relazioni sessuali gay, non riconoscendo quindi il loro diritto (a vivere) il loro sesso.
Bandyopadhyay afferma di avere subito abusi emotivi e fisici da parte della famiglia e dei coetanei durante l’università e di essere stata persino sospesa a causa del suo rifiuto di comportarsi come un eterosessuale. “Mio padre non è mai stato felice della mia femminilità e mi ha sempre provocata. Ma non ho mai mollato. È stata una lunga lotta e in qualche modo l’ho vinta.”
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Testo originale: INTERVIEW-India’s first transgender college principal overcomes taunts and abuse