Una suora in cammino per il cambiamento nella chiesa e per l’accoglienza delle persone omosessuali
Dialogo di Angela, volontaria di Gionata, con suor Stefania Baldini
Iniziamo con questa intervista un viaggio tra le persone consacrate (sacerdoti, suore, religiosi, etc..) per comprendere con loro “quando hanno incontrato delle persone omosessuali e come questo incontro ha cambiato il loro modo di vedere questo tema”. La prima intervista è a suor Stefania (Leda) Baldini, suora dell’Unione delle Suore Domenicane di S. Tommaso d’Aquino dal 1956. Vive nel convento domenicano di Prato e collabora con la comunità di base delle Piagge di Firenze di don Santoro e, nel Settembre 2012, lanciò con altri tre preti fiorentini una lettera aperta alla diocesi di Firenze sull’accoglienza delle persone omosessuali, che fu sottoscritta da numerosi fedeli. .
Carissima sorella, ti ringrazio per la tua disponibilità. Solitamente, le persone consacrate vedono gli omosessuali attraverso stereotipi e preconcetti che sono molto lontani dalla realtà. Quale era la tua idea a riguardo, prima di incontrare personalmente degli omosessuali cattolici?
Sono entrata in convento a 24 anni, con grande disappunto dei miei che non erano praticanti. Non mi era capitato di riflettere sul tema dell’omosessualità, forse anche perché non se ne parlava e anche se avessi avuto colleghe/i di lavoro omosessuali (e ammesso che lo avessi saputo) non penso proprio che sarebbe cambiato qualcosa in me.
L’impegno che da anni insieme ad altre suore della mia congregazione abbiamo preso è stato quello contro ogni guerra, e per la giustizia sociale; il nostro orizzonte si è allargato grazie alla differenziazione dei luoghi dove ci trovavamo e del nostro lavoro. Solo più recentemente, per quanto mi riguarda, ho percepito la sofferenza di persone amiche omosessuali e mi sono sentita colpevole di non aver lottato prima al loro fianco. Non credo sia solo una questione di fare delle azioni, sempre poca cosa, ma di stare dentro le storie e camminare insieme.
So bene che la chiesa a cui appartengo non ascolta in profondità la vita che pulsa ovunque e grida e prega insieme. Forse agisce così per paura, forse per difesa di Dio (?!) ma io sono felice che ci siano minoranze belle che provengono da infinite strade diverse e si incontrano e rendono molto luminoso il nostro mondo.
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Trovo molto bello l’impegno che hai preso contro ogni guerra, ci sono guerre che si combattono solo con le parole, che sono comunque causa di molta sofferenza, e possono ferire quanto le guerre combattute con le armi. Sicuramente il comportamento della chiesa è dettato dalla paura, ma anche dall’ignoranza, nel senso di non conoscenza. Perché per conoscere, bisogna “stare dentro le storie e camminare insieme” come hai detto tu. Come aiutare la chiesa a capire questo? A camminare accanto all’umanità ferita, senza pregiudizi e senza anatemi?
Vorrei sinceramente aiutare la chiesa ufficiale a spogliarsi di tanti dogmatismi, perché di fatto è grazie alla chiesa, che ha trasmesso il messaggio di Cristo, che sono stati possibili per tanti credenti cammini di liberazione, di solidarietà alimentata da amore vero. Poi certo si è lasciata condizionare e si è irrigidita, nella difesa delle presunte sicurezze e nell’essersi lasciata lusingare dai poteri di ogni tipo. E’ anche per ignoranza dei problemi , probabilmente, ma solo perché cercare di capire è fatica e forse fa paura.
Penso da tanto a come risvegliare il mondo femminile, religioso e anche non, perché alla chiesa manca quasi totalmente una lettura al femminile – intendo una lettura seria, profonda e umana – di tutto l’esistente. La dipendenza dal clero fra le religiose, il riconoscerne la superiorità, nei fatti anche se non nelle parole, sia perché i preti hanno studiato teologia sia perché amministrano i Sacramenti, è una soggezione difficile da scuotere. Non penso che si debba contentarsi di una contestazione di superficie, ma che si debba ricominciare a parlare, a esigere di essere ascoltate perché abbiamo da offrire un pensiero e una capacità di cura che traghetti i fedeli oltre gli oceani di diffidenza, di esclusione arrogante e a volte, oserei dire, becera (è un termine fiorentino che rende l’idea). In questo cammino semplice e vero oggi si possono trovare anche sacerdoti e religiosi e persone attente, che si sono lasciate attraversare dai sogni più intensi di Dio e della storia, e hanno scelto di camminare accanto a tutti quelli che vogliono semplicemente vivere e amare.
Per far questo è necessario ascoltare tanto, più che parlare o ribattere, ascoltare il pulsare della vita che alza gemiti, inesprimibili come quelli dello Spirito, e che già il Dio dell’Antico Testamento ci aveva insegnato a vedere e portare dentro: “Dio guardò la condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero” (Es 2,25).
Mi domando se per coinvolgere il mondo femminile, soprattutto quello ecclesiale, non si potrebbe aprire un dialogo su una rivista che sia abbastanza diffusa. (Famiglia Cristiana?). Magari favorendo incontri veri e propri anche locali in un secondo momento. Le comunità di base che abbiano coltivato un umile sentire di sé potrebbero offrire un apporto non indifferente.
Pensi che un rinnovamento della chiesa debba partire dai suoi componenti femminili, sia laici che consacrati? Le sfere gerarchiche, rigorosamente maschili, lascerebbero spazio alle loro voci e alle loro proposte?
Come dici tu, cercare di capire è faticoso e fa paura. Credo che anche l’idea di cambiare abitudini di lunga data faccia paura, ma stavo pensando una cosa: correggimi se sbaglio, ma possibile che la chiesa tema di aprire le porte a divorziati e omosessuali anche perché ha paura di perdere i consensi della parte cattolica più estremista? E’ solo questione di dogmi e dottrina cattolica, o ci sono anche motivazioni politiche?
Non so come potrà rinnovarsi la chiesa e non mi faccio illusioni, ma so che quanto ci sembra giusto fare dobbiamo farlo. Una cosa che in questo momento sto pensando è che dovremmo far giungere un apprezzamento “corale”, non solo di singoli, per quanto dice il Papa sul piano pastorale, anche per incoraggiare il proseguimento del cammino iniziato.
Credo, come alcuni pensano, che le riforme di tipo pastorale non bastano – scomparirebbero nel giro di pochi mesi se non di settimane, quando non ci fosse più Papa Francesco – ma che occorrono riforme strutturali ed è per queste che occorre che la voce del popolo si faccia sentire con serenità e fermezza. Il popolo che frequenta la chiesa è prevalentemente femminile. Sarebbe capace di parlare un linguaggio altro, carico di una sapienza che a me sembra sia appena sotto il terreno, come un luogo in cui basta poco per trovare una sorgente d’acqua. Come raggiungere la gente comune, col desiderio di sentirne la voce, questo è per me il punto difficile.
Sono convinta come te che una componente che ostacola l’apertura a divorziati e omosessuali sia la paura di perdere consensi, consensi che alla chiesa ufficiale sono sempre venuti da settori di destra, tanto per intenderci, anche se i termini sono insufficienti a dire tutto: la cosiddetta parte cattolica estremista non è composta dalla povera gente – legata da secoli alla paura del peccato, alla convinzione che i preti che hanno studiato ne sanno più di loro e bisogna credergli – ma conta tra le sue file i “benpensanti”, gli opportunisti, i sistemati, una borghesia medio alta che è comunque pia perché fa beneficenza. Insomma sono le “brave persone”. E sulle brave persone, che possono sostenere la causa della Chiesa all’interno del sistema, difenderne i presunti diritti ecc. non si può fare troppo i difficili. Mi pare che anche la severa morale cattolica non abbia dato grandi esempi di coerenza (o, se vuoi, decenza) nei passati decenni.
Mi fa male dover pensare così ma mi aiuta sapere che il mondo ospita da sempre persone che vivono e hanno vissuto il mistero di amore, di condivisione, così libere da trasmettere una capacità di respiro incredibile a tantissimi altri.
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All’interno della chiesa, sembra quasi ci siano due anime distinte: da una parte i pastori che sono vicini al popolo e ne comprendono i problemi e le sofferenze, dall’altra i teologi che legiferano freddamente la morale cattolica imponendo pesanti gioghi sulle spalle di chi già sostiene pesanti croci, e come hai detto tu, spesso questa morale non ha dato grandi esempi di coerenza (come ad esempio i suoi errori sul ruolo della donna, sulle persone di colore, o le sue antiche condanne alla scienza). Pensi che l’intuito e la ricchezza spirituale femminile possano fare incontrare queste due diverse anime della chiesa, se solo sia dato loro più spazio? Già questa sarebbe un’importante riforma strutturale, non credi?
Certa chiesa ufficiale – non tutta, ma quella che conta – ha usato spesso due pesi e due misure. Ma anche i più onesti, fra i preti e i religiosi, sono colpevoli di lasciar correre, stringersi nelle spalle e magari criticare, ma è troppo comodo. Una virtù che non si è abbastanza predicata è il coraggio, e in nome della ‘carità’ si è taciuto su ciò che avremmo dovuto gridare sui tetti. Se qualcuno cerca onestamente la verità e la dice, la cosa viene considerata una “critica”, in senso negativo, e “mancanza di carità”. Spesso, credo, per molte persone comuni questo avviene in buona fede, ma quelli che hanno responsabilità sono un po’ meno scusabili.
Per quanto riguarda l’aiuto che il mondo femminile potrebbe dare, per me si tratta prima di tutto di risvegliare in noi il senso di responsabilità, l’abitudine a riflettere e documentarsi, con grande serietà e modestia, senza presumere mai di essere in possesso di tutta la verità.
Mettere insieme le due anime della chiesa non so proprio come si possa fare; mi sembra che la divisione non passi fra l’essere progressisti o conservatori, ma fra l’essere o meno disponibili all’ascolto, alla voglia di capire e imparare, sempre e da chiunque, al lasciarsi trasformare dai moti impercettibili dello Spirito. Banalità e arroganza sono per me i nemici del nostro crescere in armonia, non pensi?