Il mio incontro con John McNeill, il primo prete cattolico apertamente gay
Articolo di Nicole Froio pubblicato su The Toast (USA) il 29 aprile 2014, liberamente tradotto da Erika P.
La casa era piccola ma accogliente all’interno, anche se un po’ disordinata. Era decorata con un connubio di piatti vintage con motivi di uccelli, targhe di premi e fotografie in bianco e nero. Charlie mi ha fatto strada e gentilmente mi ha offerto un bicchiere d’acqua (una benedizione nella calura di Davey, Sud della Florida) e John McNeill* mi ha immediatamente accolto, sostenendosi su un bastone con una mano e porgendomi l’altra. Ho dovuto alzare un poco la voce perché potesse sentirmi, ma a parte ciò l’ottantottenne è ancora arguto e sicuro delle proprie convinzioni. McNeill è il primo prete cattolico apertamente gay al mondo e ha sfidato senza vergogna la posizione moralista della Chiesa sui diritti LGBT nel libro The Church and The Homosexual in cui sostiene che l’amore omosessuale sia un altro tipo di amore, altrettanto valido quanto quello eterossessuale.
“In un certo senso è stato il vivere una profonda relazione sentimentale che mi ha portato a mettere in dubbio l’insegnamento della Chiesa riguardo l’omosessualità”, dice. “Considero l’amore gay come un’altra forma di amore umano e altrettanto valida quanto l’amore eterosessuale ed è un dono di Dio da celebrare, non da condannare.”
Originario di Buffalo, New York, McNeill si arruolò all’età di 17 anni in un programma di addestramento per ufficiali. Il programma di addestramento risultò essere un imbroglio e l’allora teenager McNeill fu mandato a Fort Benning per un addestramento per fanteria da combattimento. Presto fu dislocato in Germania durante la seconda guerra mondiale.
“Avevo 17 anni e stavo andando a combattere. Eravamo i primi ad entrare in Germania e fui catturato dai tedeschi. Finii per essere prigioniero per sei mesi in un campo da guerra e fu orribile perché ci facevano patire la fame deliberatamente. E calai di trenta – trentacinque chili.”
McNeill fu portato come prigioniero in un campo da guerra vicino al confine con la Polonia. Le pene durante la reclusione furono deleterie – tanto che una volta liberato, dovette passare un anno in un ospedale ad Atlantic City per riaprire lo stomaco collassato. La tradizione cattolica irlandese della famiglia di McNeill ordinava che uno dei figli dovesse prendere i voti, ma fu la sua esperienza come prigioniero di guerra a convincerlo che il sacerdozio fosse la sua chiamata.
“Fu un’esperienza che vissi da prigioniero di guerra a colpirmi profondamente. I tedeschi ci stavano facendo patire la fame deliberatamente. Ma dovevamo andare a lavorare nelle fattorie. Ed eravamo in questa fattoria a tagliare la legna e un polacco ai lavori forzati stava mescolando il mangime per gli animali. E il mangime aveva patate e carote e così stavo guardando il cibo e il deportato prese una patata e me la lanciò.”
Il deportato avrebbe potuto essere ucciso se l’avessero visto. “Feci un gesto per ringraziarlo e lui fece il segno della croce, e fu chiaro che era la sua fede religiosa a fargli rischiare la vita per me. Ciò ebbe un forte impatto su di me – volevo quel tipo di coraggio che mi facesse rischiare la vita per aiutare qualcuno e ne fui colpito molto profondamente.”
McNeill ha un’aria felice che gli permette di parlare della propria esperienza da prigioniero di guerra con serena fermezza. Volge spesso lo sguardo verso il partner di ormai 48 anni, Charlie Chiarelli, per aiutarsi a ricordare eventi e date, ed è impossibile non notare quanto questi due uomini tengano l’uno all’altro.
“Ricordo che ogni giorno pregavo per il giorno della mia liberazione, pregavo Maria, la madre di Dio, che mi liberasse il primo di maggio. Beh, è arrivata in ritardo, fu il due di maggio,” dice, ridacchiando. Non appena McNeill uscì dall’ospedale dopo un lungo trattamento intensivo per contrastare i danni della fame, si unì all’ordine dei gesuiti.
Scoprì il suo spirito attivista per la prima volta protestando contro la guerra in Vietnam, ma fu dopo le rivolte di Stonewall del 1969 che cominciò a far sentire la propria voce nel movimento LGBT. Crede che tutti abbiano diritto ad avere una fede e una religione, perciò iniziò a concentrare il proprio misitero sulle persone LGBT che avevano perso la fede, erano state rifiutate dalla propria chiesa e che in generale avevano subito forme di ostracismo da parte della religione.
Nel 1976 ha pubblicato The Church and the Homosexual. In risposta alla protesta del pubblico McNeill è stato ospite del Today Show e ha fatto coming out di fronte a 20 milioni di persone in tutta America.
“In realtà [io e Charlie] siamo stati trascinati alla luce del sole”, ride, “da Tom Brokaw, che al suo primo giorno alla NBC mi ha intervistato e mi ha chiesto se – stavamo parlando del mio libro The Church and the Homosexual – e mi ha chiesto se ero gay e io ho risposto di sì, e quella è stata la prima volta… sulla NBC, con 20 milioni [di telespettatori]”.
Il 14 aprile 1987 il superiore di McNeill andò nel suo appartamento a New York City e lesse un decreto di espulsione arrivato direttamente dal Vaticano. “È stato molto doloroso”, racconta. “Ero stato con i gesuiti per 40 anni e amavo quell’ordine, era la mia famiglia, quindi essere espulso è stata un’esperienza molto difficile e dolorosa”.
Fu doloroso, ma il suo partner Charlie è una costante fonte di conforto e amore per McNeill. Per i gesuiti è ovvio che l’amore tra di loro non possa essere “un disturbo oggettivo” né “una tendenza più o meno forte verso un vero e proprio male morale”, come il suo collega, il Cardinale Ratzinger, scrisse in risposta a The Church and the Homosexual.
Sentii parlare di John McNeill per la prima volta quando stavo lavorando al 21esimo Festival della Diversità a Rio de Janeiro, Brasile, un festival del cinema LGBT (il più grande in America Latina), dove proiettarono il film biografico Taking a Chance on God, che racconta la storia di McNeill e diffonde un messaggio di accettazione, sfidando il giudizio negativo della Chiesa sulle relazioni dello stesso sesso.
Il co-produttore e co-editore del film, Ilene Cutler, seguì le proiezioni in tutto il mondo. Dopo il documentario Cutler rispose alle domande del pubblico. Un uomo si alzò con gli occhi pieni di lacrime e ringraziò lei e McNeill per aver realizzato il film. Disse a Cutler e al pubblico che, come McNeill, era stato espulso dalla propria chiesa a causa della sua sessualità. Il fidanzato gli strinse la mano quando tornò a sedere.
Sentendo ciò, McNeill sembrò compiaciuto e fece domande sulla proiezione. C’erano sottotitoli in portoghese? C’erano. La sua domanda indica che dà grande importanza all’accessibilità e all’inclusione, specialmente per quanto riguarda questo documentario dal momento che crede che possa cambiare molte vite. Questa è la ragione per cui il regista Brendan Fay sta attualmente raccogliendo denaro per pagare i diritti di copyright così da fare approdare il documentario sul canale pubblico. McNeill è convinto che se il film entrerà nelle case di tutti, non solo cambierà le vite dei credenti LGBT ma anche l’opinione delle persone che non sono ancora “alleate”.
“I gay e le lesbiche meritano una fede religiosa perché sentono di essere condannati, quindi rifiutano la religione e il mio messaggio è di affermare la loro fede nella religione, e aggiungere speranza e fede in Dio.”
“Lui ci ama per quello che siamo. Perché la verità fondamentale è che non scegliamo di essere gay, Dio ci ha fatto gay, perciò il nostro essere gay è un diverso… la maggior parte delle persone… la maggior parte delle persone di Chiesa, la gerarchia crede che si scelga di essere gay ma non è vero.”
Un’argomentazione comune usata dalla Chiesa Cattolica è che forse gli omosessuali non scelgono la propria sessualità, ma scelgono di agire seguendo le loro voglie per lo stesso sesso. Se una persona nasce gay, è una prova di Dio e quella persona deve resistere alla tentazione. Ma McNeill crede che Dio non sia così crudele da richiedere una prova simile ai propri figli.
“Il mio ultimo libro è Sex As God Intended. E la mia tesi è che è Dio ad averci creati, Dio sarebbe sadico se ci avesse creato gay e avesse detto “non potete comportarvi di conseguenza”. Tutti hanno il diritto a – un diritto sessuale. E hanno anche il dovere di usare il proprio sesso in maniera decente. Lasciando stare i minorenni o senza violentare ma credo che se un qualunque essere umano, gay o etero, abbia rapporti in una relazione consenziente, allora credo che Dio approvi”.
Trent’anni fa McNeill fu espulso dalla Chiesa che amava e di cui viveva. Oggi, Papa Francesco chiede accettazione e assenza di giudizio nei confronti della comunità LGBT. È incredibile come nella vita di McNeill sia avvenuta un’inversione così radicale e, nonostante sia emozionato sentendo che il capo della Chiesa Cattolica sta esortando all’accettazione, dice che altri membri della Chiesa non sono così felici.
“Sì, Papa Francesco si sta muovendo in quella direzione. Per lo meno questa è la mia impressione. La sua affermazione “Chi siamo noi per giudicare?” in un certo senso rimuove il tradizionale giudizio completamente negativo sulle relazioni gay. Quindi ringrazio Dio per lui ogni giorno. Altri membri della Chiesa sono stati silenziosi e lo capisco. Credo che non siano felici di questa attitudine liberale. E credo che si sentano sfidati dal momento che sono stati tutto fuorché liberali.”
McNeil mi ha anche raccontato, con una risatina speranzosa, che gira voce che Papa Francesco abbia letto il suo libro The Church and the Homosexual molti anni fa, quando era ancora un gesuita in Argentina.
La sua relazione con Charlie, di quasi cinquant’anni, sembra felice e rilassata. Si sono incontrati l’ultimo dell’anno 48 anni fa e sono insieme da allora. Entrambi sentono che il loro impegno a lungo termine rompa lo stereotipo LGBT a cui la Chiesa si aggrappa – e cioè che essere omosessuale equivalga a depravazione, promiscuità e peccato.
“Credo che questa sia la ragione per cui il mio ministero è più efficace. La nostra storia di quarant’otto anni ne rappresenta una parte importante. Voglio dire, la maggior parte della gente quando dice ‘gay’, non pensa ‘amore’. Pensa ‘sessuale’, ‘indulgenza’, ecc. Ma generalmente non pensa in termini di relazione amorosa. Le persone gay si innamorano.” Charlie ha aggiunto: “Ci considerano un modello, il che è molto lusinghiero. Ci considerano un modello per la nostra relazione così duratura e per il nostro impegno così serio”.
McNeill è attualmente semipensionato ma officia ancora nella comunità LGBT. Il prossimo grande passo per lui, Charlie e la troupe del film Taking a Chance on God è di portare il documentario sul canale pubblico così da raggiungere le case di tutta America.
* John J. McNeill, sacerdote e gesuita americano co-fondatore di Dignity, un gruppo per gay e lesbiche cattolici USA, è morto il 22 settembre 2015 a Fort Lauderdalen (USA), tre settimane dopo il suo 90° compleanno. Ne ha dato notizia la sua pagina Facebook con queste parole: “Padre John è salito al cielo. E’ stato un gesuita, uno studioso, un attivista, un profeta che ha proclamato l’amore incondizionato di Dio per gli uomini LBGT, il reverendo John McNeill ha toccato innumerevoli vite e ha ispirato molti ministeri. Era una benedizione per questo mondo da 90 anni e lui ci mancherà. … Era un lavoratore coraggioso e infaticabile nella vigna di Dio, Padre John ha sfidato la gerarchia cattolica e l’omofobia culturale per riaffermare la bontà degli uomini, delle relazioni e della sessualità. … la sua memoria benedirà tutti coloro che vorranno ricocordarlo”
Testo originale: Talking to John McNeill, the First Openly Gay Catholic Priest