Il mio segno per dire di “no” all’omotransfobia
Dialogo di Katya Parente con il performer Luca Cardetta
L’ospite di oggi è Luca Cardetta un giovanissimo, classe 2000, performer nato in provincia di Bari, regista di “Protagonisti”, un documentario sulla discriminazione delle persone LGBT, dall’infame paragrafo 175 alla ricusazione della proposta di legge Zan contro l’omofobia. Prima di ascoltare quello che ha da dirci, vorrei fare un doveroso ringraziamento a Lavinia Capogna che mi ha segnalato questa interessante opera.
Nasci attore. Cosa ti ha spinto alla regia?
Credo che l’unica cosa che mi abbia spinto alla regia sia stata l’urgenza. Questa è alla base di ogni atto creativo. In questo momento sentivo di non poter stare zitto, di non poter rimanere indifferente a certi atti vergognosi della storia del nostro Paese. Credo che solo la voglia di agire possa avermi dato il coraggio di coordinare questo progetto. Il coraggio dell’artista l’ho sempre paragonato a quello di una madre nel momento del parto.
Per me creare un prodotto non è altro che partorire un’idea, darle forma, aiutarla a muovere i primi passi nel mondo e poi donarla agli occhi di tutti. Questo stato d’animo mi accompagna sempre, si fa sempre più forte sin da quando, bambino, sognavo il palcoscenico. Solo con questo spirito ho potuto intraprendere questo arduo compito.
Perché hai voluto cimentarti in “Protagonisti”?
“Protagonisti” nasce da una conversazione con Grazia Procino, mia docente al liceo classico “P. V. Marone” di Gioia del Colle (BA) e poetessa, dopo aver letto commenti vergognosi che appoggiavano l’affossamento del DDL Zan. In questi commenti, tra le tante idiozie, si ringraziava Dio per aver fatto cadere la proposta di legge. Di fronte a queste vergognose corbellerie non si può star zitti. Non si può restare impassibili quando di mezzo ci sono in ballo le vite di persone vittime di crimini d’odio. Negli applausi al Senato vedevo solamente la dura indifferenza nei confronti di chi soffre.
Come ho detto precedentemente, per creare ogni cosa, a mio avviso, occorre avere una forte esigenza. La mia era quella di urlare, di alzare la voce per superare il rumore fastidioso di quell’applauso. Per farlo non potevo essere solo, così ho pensato ad un coro. Un coro di voci che parla di odio, a favore dell’unione.
In quaranta minuti si alternano diverse voci di omosessuali in diversi periodi, storiche o di oggi, lette e “in presa diretta”. Perché questa giustapposizione?
Questo accostamento “ieri/oggi” fa molto parte della mia indole. Molte volte ho la sensazione che il tempo sia immoto. Si fanno scoperte straordinarie, conquiste in vari ambiti, ma chi perde sempre sono i rapporti umani. Siamo andati fin sulla Luna, ma non abbiamo ancora adesso accettato chi sta ad un passo da noi, l’altro. Ieri con i “triangoli rosa” nei campi di sterminio, oggi con ragazzi che dopo il coming out non vengono ben visti persino dai loro stessi familiari.
La base delle due testimonianze è la stessa. Viene meno il coraggio di mettersi nei panni dell’altro, di apprezzarlo per quello che è nella sua diversità. A tal proposito, credo che il corto non poteva che aprirsi con “intoniamo strofe/di canti appresi da nonni pazienti/che ci insegnarono ad amare/senza schemi e steccati”. In questi versi di Grazia Procino si condensa il messaggio del nostro progetto.
Sei giovanissimo. Cosa vuoi fare “da grande”?
Sembra banale, ma da grande non vorrei mai fare il grande. Vorrei sempre restare sognatore come un bambino, non perdere mai la passione che mi accompagna quotidianamente in ogni scelta che faccio nella mia vita. Vorrei vivere di passione e con passione. Vorrei vedere sempre i miei occhi brillare creando. Credo che non posso voler altro, sarebbe veramente il mio grande desiderio.
Vorrei un giorno arrivare alla vecchiaia e sognare ancora spettacoli teatrali, personaggi, parole, pensieri e tante altre componenti che mi fanno costantemente, ogni giorno, sempre più innamorare dell’arte teatrale.
Con queste belle parole piene di entusiasmo, si chiude la nostra intervista con Luca. L’augurio è di proseguire anche noi, ognuno con i propri talenti, la battaglia per i diritti delle persone LGBT, che sono, a ben vedere, quelli di tutti.