Il padre, il figlio e il credente al Pride di Bologna
Articolo pubblicato sul Corriere di Bologna dell’8 luglio 2018, pag.2
Da Bologna, ma anche dalla Romagna, dalla Lombardia e persino dall’Africa. Il corteo arcobaleno che ieri pomeriggio ha invaso la città in occasione del pride organizzato anche contro le politiche sull’immigrazione dell’asse Lega-5S, ha visto incrociarsi tantissime storie, tutte accomunate dalla stessa richiesta: i diritti Lgbt non si toccano.
«Da quando si è insediato il nuovo governo sono molto preoccupato, perché rischiamo di perdere anche quei pochissimi diritti acquisiti negli ultimi anni» dice Gianluca della Rete Genitori Raimbow. «Siamo genitori Lgbt con dei figli avuti durante una precedente relazione» continua il 52enne bolognese, responsabile commerciale in un’azienda della provincia e padre di una ragazza di 21 anni. «Dopo il mio coming out il nostro rapporto è rimasto lo stesso, viviamo insieme nello stesso modo di prima. Ed io continuo ad amarla come qualsiasi altro genitore». Però almeno adesso non c’è più nessun segreto tra i due. «Certo, anche se in realtà — sottolinea sorridendo Gianluca-— quando ho fatto coming out mi ha detto: “Papà, ma io l’ho sempre saputo”».
Per Edo, 23enne della Nigeria, in Italia dal 2016, è stato invece decisamente meno facile. «Nel mio Paese una manifestazione come questa sarebbe impensabile. Sono gay — urla con orgoglio — e qui mi sento libero di poterlo dire. In Nigeria mi hanno anche messo in prigione a causa della mia omosessualità: finché non cambieranno le leggi non potrò tornarci».
A pensarla così è anche Mauro, arrivato a Bologna da Faenza insieme ad altri rappresentanti del gruppo «Narciso e Boccadoro». Un gruppo composto in gran parte da omosessuali credenti. «La sessualità è una cosa personale, non è incompatibile con la fede – spiega -. Si può essere sia che gay che credenti, non vedo quale sia il problema».