Il papa chiede alla Chiesa cattolica di non focalizzarsi sulle questioni morali
Riflessioni di Stéphanie Le Bars tratte da “Le Monde” (Francia) del 21 settembre 2013, traduzione di www.finesettimana.org
In un nuovo esercizio di comunicazione, orchestrato dalla Compagnia di Gesù, di cui fa parte, papa Francesco ha precisato, giovedì 19 settembre, la sua visione della Chiesa, del suo governo e delle sue priorità. Pubblicata su sedici riviste gesuite di sedici paesi d’Europa e d’America – tra cui Études in Francia -, questa lunga conversazione rivela la sua concezione dell’esercizio del potere e, soprattutto, mette in guardia l’istituzione e i suoi ministri contro un pericolo che minaccia, secondo lui, la Chiesa cattolica.
Parlare “in permanenza” delle “questioni legate all’aborto, al matrimonio omosessuale o all’usa dei metodi contraccettivi”, porta la Chiesa al rischio di vedere “il suo edificio morale crollare come un castello di carte”.
L’insieme delle sue dichiarazioni a partire dalla sua elezione in marzo, la sua discrezione su certi temi, le sue dichiarazioni di apertura verso gli omosessuali, verso i divorziati risposati, verso le coppie conviventi o le donne che hanno abortito, delineavano certo un cambiamento nella linea istituzionale, ma è la prima volta che Francesco dice così esplicitamente che la dottrina morale non deve prendere il sopravvento sulla dottrina sociale e sul suo “annuncio evangelico”.
Confidando en passant di non essere mai stato di destra – in passato aveva dichiarato di non essere mai stato “comunista”-, ricorda tuttavia, con riferimento alla frange più conservatrici della Chiesa, preoccupate dei toni di questo pontificato, che su questi temi si attiene “al pensiero della Chiesa” e di essere lui stesso “figlio della Chiesa”. Questo papa, eletto per riformare il governo della Chiesa ed essere di stimolo contro le sue inerzie, spiega il suo “angolo d’attacco”.
“Le riforme strutturali o organizzative – …- vengono in un secondo tempo. La prima riforma deve essere quella del modo di essere. – … – La cosa di cui ha più bisogno la Chiesa oggi è la capacità di curare le ferite”. Spiega anche la sua reticenza a mettere al primo posto le questioni morali e fissa al suo clero altre priorità:
“Gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto morali, non sono tutti equivalenti… Dobbiamo trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte”.
In maniera inedita per un papa, che si definisce lui stesso “un po’ furbo” e in grado di “muoversi”, descrive anche dettagliatamente i suoi metodi di management.
Spiega a lungo l’importanza del “discernimento”, un lavoro intellettuale caratteristico della formazione gesuita, e ricorda l’utilità di “consultare prima di decidere”. “I Concistori, i Sinodi sono, ad esempio, luoghi importanti per rendere vera e attiva questa consultazione. Bisogna renderli però meno rigidi nella forma. Voglio consultazioni reali, non formali”. Ma anche se la riflessione è collegiale, la decisione spetta a lui; lascia tra l’altro capire che una volta presa una decisione, ci sono poche possibilità di farlo tornare sui suoi passi.
Per il resto, questo papa, che parla molto e in contesti molto diversi (lettera pubblicata nella stampa, discorsi, omelie, conferenze stampa, telefonate impreviste), riprende temi di riflessione che ha già affrontata dalla sua elezione – atteggiamento del clero, apertura della Chiesa sulle “periferie”, posto della donna, rifiuto di ogni forma di restaurazione di un “passato perduto”… “La Chiesa non deve essere ridotta ad un nido protettore della nostra mediocrità… Invece di essere solo una Chiesa che accoglie, cerchiamo piuttosto di essere una Chiesa che trova nuove strade, che è capace di uscire da se stessa e andare verso colui che non la frequenta, che se ne è andato o che è indifferente”.
Questo messaggio, ripetuto, esplicitato, giustificato, costituisce, in fondo, la prima riforma di papa Francesco.