Il Papa, don Gallo e le persone transessuali. Trovate le differenze
Articolo di Filippo Di Giacomo pubblicato nella rubrica “Cronache celesti” de Il Venerdì di Repubblica del 4 settembre 2020, pag.33
Correva l’anno 2010, l’8 febbraio il cardinale Angelo Bagnasco, allora arcivescovo di Genova e presidente della Cei, visitava una parrocchia dell’angiporto della città. Quel giorno fu ospite in un immobile gestito, da decenni, dalle Piccole Sorelle di Gesù in cui si dava abitazione e assistenza a una dozzina di transessuali.
Sul web sono ancora disponibili le immagini del porporato, elegante con la talare nera e la berretta porpora, mentre canta con le sue ospiti l’inno alla Madonna della Guardia, e la “decana”, di nome Regina, suona la chitarra. E sono ancora testimoniate le parole con le quali l’arcivescovo incoraggiò quelle che don Gallo chiamava princese: “Cristo è morto in croce per la salvezza di tutti. Non spetta a me giudicare. Le porte di Dio sono aperte a tutti”.
La Famosa frase di Francesco, “chi sono io per giudicare” risale al 23 giugno 2013 e, senza offesa, quella dell’arcivescovo suona meglio.
Ora, una suora argentina in possesso dell’indirizzo sicuro per far arrivare la mail al Papa, gli ha comunicato di aver aperto, come le suore di Genova, un condominio sociale per accogliere i transgender in difficoltà. Il Papa le ha risposto con un bigliettino: “Dio che non è stato in seminario e non ha studiato teologia, ti ricompenserà abbondantemente“.
I giornalisti, anche se vaticanisti, non faranno fatica a scoprire che il Gruppo Abele è stato fondato da don Ciotti nel 1965 anche con persone transsuali che “esercitavano” vicino alla parrocchia della Crocetta a Torino.
E per sapere ciò che ancora fanno quelli che sono andati in seminario e studiato teologia, basta sfogliare le pagine del sito Portale Gionata. Progetto su fede e omosessualità. Non di sole battute papali, dunque, vive la Chiesa italiana (e la fantasia non ha bisogno di cercarla in Argentina).