Il Pasolini de “Il fiore delle mille e una notte”
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“Il fiore delle mille e una notte”, film della “Trilogia della vita”, è unanimemente considerato dalla critica cinematografica il più riuscito dei tre: nel “fiore”, infatti, si realizza il carattere gioioso e favolistico teorizzato concettualmente all’inizio del progetto.
La libertà espressiva ed il completo abbandono di qualsiasi sovrastruttura occidentale rendono il film un autentico capolavoro onirico, in cui, la serenità (inedita nei film di Pasolini) dei rapporti sessuali tra i personaggi, non è mai sporcata da trame riconducibili alla prepotenza o al reciproco possesso, presenti invece, sia nel “Decameron”, che nei “Racconti di Canterbury”.
Tratto dall’omonima raccolta di novelle arabe “Le mille e una notte”, sistemata nella forma che è giunta a noi intorno al 1400, Pasolini ne ricava un affresco dal sapore magico, poetico, in cui “la verità non sta in un solo sogno, ma in molti sogni”.
Trama
Il filo conduttore della vicenda è la ricerca disperata della schiava Zumurrud, rapita dai briganti, da parte di Nur-ed-Din, il quale, durante il suo viaggio, entrerà in contatto con diversi narratori che raccontano ciascuno una storia. Anche Zumurrud, prima del rapimento, racconta al suo padrone del poeta Sium: invitati al proprio palazzo tre giovinetti, questi, insieme al poeta, troveranno la loro felicità nell’amore omosessuale.
In un bellissimo gioco ad incastro anche Sium addolcirà il soggiorno dei tre ragazzi con la storia del re Harun e la regina Zeudi, i quali, incontrati a loro volta un giovane e una giovane, discutono a chi dei due assegnare il primato della bellezza. Ogni personaggio, come Munis, signora misteriosa, Shahzaman, trasformato in scimmia da un demone, Yunan, unico superstite di un naufragio, saranno protagonisti di racconti simbolici ed onirici, fino al compimento della storia.
Il testamento positivo
Il tema dell’eros, sia omosessuale che eterosessuale, viene esplicitato nel film con una leggerezza ed una felicità espressive mai raggiunte prima, ne dopo, da Pasolini. Le vicende messe in scena sembrano addirittura far pensare che, nel complesso, la felicità umana sia raggiungibile; certamente non manca la rappresentazione della morte, anch’essa registrata nell’utopia onirica del film, ma ciò che più resta è il senso di un amore finalmente realizzabile o ritrovato.
E in questa purezza di popolo antico, la distinzione tra le diverse modalità di amarsi, perde di significato, perché estratta dal gioco dell’osceno, da un’idea del sesso vissuta con il tipico moralismo occidentale. Alberto Moravia, nella recensione al film così sottolinea:
Ne “Il fiore” tutti sorridono, sorridono i passanti, i vagabondi, i mercanti; sorridono i ragazzi abbracciando altri ragazzi. Questo sorriso non è casuale; è il sorriso dell’insperata, incredibile, fantastica avventura omosessuale. Il sorriso di chi si muove fuori dalla realtà non soltanto della storia, ma anche della psicologia, nell’utopia di una felicità irraggiungibile.
La luce di questo sorriso utopistico resuscita l’oriente contadino dalla sabbia dei deserti. Un oriente che curiosamente rassomiglia all’Occidente di Proust anche lui affascinato dalla stessa utopia”.(A. Moravia, Recensione al film, “L’Espresso”, 22 settembre 1974).
Prima di essere precipitati nell’inferno di “Salò”, i ragazzi di vita tanto cari a Pasolini, ritornano sorridenti nel mondo sognato de “Il fiore delle mille e una notte”. Da questo punto di vista, l’opera, può essere considerata come il testamento positivo del regista, il quale, subito dopo, ne scriverà una versione negativa abiurando dalla “Trilogia” stessa e girando il suo ultimo film.
Come viene accolto il film in patria?
In conseguenza ad una proiezione unica di beneficenza del film, che il regista ha organizzato in anteprima a Milano, con lo scopo di raccogliere fondi per realizzare un documentario a favore della riumanizzazione della città stessa, nel giugno del 1974, la pellicola riceve una denuncia per oscenità. Il sostituto procuratore di Milano, Caizzi, riconosce al film lo statuto di “opera d’arte”, in conseguenza del quale, non viene promossa nessuna azione penale nei confronti del regista.
Visto che “Il Decameron “ ricevette più di ottanta denunce, come interpreta Pasolini l’accaduto? Siccome non può trattarsi di una repentina crescita intellettuale e culturale della nazione, e nemmeno di un nuovo modo di concepire la morale, l’autore annuncia la scomparsa della repressione e l’avvento dell’epoca della tolleranza.
In ultima analisi è la strategia del potere che ha assunto nuova forma: si è fatta più insinuante, cioè tollerante, indossando abiti di permissività che accontenta tutti, conservatori e progressisti, in un processo di omologazione a questo punto delle élites, che completa quello di assorbimento delle classi subalterne. A questo processo non sfugge nemmeno Pasolini, le cui risposte a tale divenire della società italiana, verranno consegnate agli “Scritti corsari” e alle “Lettere Luterane.
Scheda del Film
Soggetto e sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini.
Regia: Pier Paolo Pasolini.
Aiuto alla regia: Umberto Angelucci, Peter Shepherd.
Collaborazione alla sceneggiatura: Dacia Maraini.
Fotografia: Giuseppe Ruzzolini.
Montaggio: Nino Baragli, Tatiana Casini Morigi.
Scenografia: Dante Ferretti.
Costumista: Danilo Donati.
Musica: Ennio Morricone.
Interpreti e personaggi: Ninetto Davoli (Aziz); Franco Citti (il genio); Franco Merli (Nur-ed-Din); Tessa Bouclé (Aziza); Ines Pellegrini (Zumurrud); Alberto Argentino (il principe shahzaman); Francesco Paolo Governale (il principe Tadji); Salvatore Sapienza (il principe Yunan); Abadit Ghidei (la principessa Dunja) Fessazion Gherentiel (Bertané); Giana Idris (Giana).
Produzione: PEA (Roma) / Les Pproductions Artistes Associés (Paris).
Produttore: Alberto Grimaldi.
Pellicola: KodakEastmancolor.
Formato: 35 mm, colore 1:1.85.
Macchine da presa: Arriflex.
Effetti ottici speciali: Rank Film Labs, England.
Sincronizzazione: NIS Film, Roma.
Mixage: Fausto Ancillari.
Distribuzione: United Artist Europa.
Riprese: marzo – maggio1973.
Esterni: Yemen del nord, Yemen del sud, Persia, Nepal, Etiopia, India.
Teatri di posa: stabilimenti Labaro Film, Roma.
Durata: 129’.
Prima proiezione: Festival del Cinema di Cannes, 20 maggio 1974.
Bibliografia:
– M.A. Bazzocchi, “I burattini filosofi. Pasolini dalla letteratura al cinema”, Mondadori, Milano, 2008.
– A. Ferrero, “Il cinema di Pier Paolo Pasolini”, Marsilio, Venezia, “Collana cinema”, 2005.
– S. Murri, “Pier Paolo Pasolini”, Il Castoro, Milano, 1994.
– A. Repetto, “Invito al cinema di Pasolini”, Mursia, Milano, 1998.
– P.P. Pasolini, “Il sogno del centauro” (a cura di Jean Duflot), Editori Riuniti, 1983.
– P.P. Pasolini, “Lettere luterane, Einaudi, Torino, 2003.
– P.P. Pasolini, “Scritti corsari”, Garzanti, Milano, 2008.
– O.Stack, “Pasolini su Pasolini. Conversazioni con Jon Halliday”, Guanda, Parma, trad. it. 1992.
– W. Siti, F. Zabagli, “Pasolini per il cinema”, Mondadori, Milano, “Meridiani”, 2001.