Il prete confessa: “Sì, lo amo”. Via dal Vaticano, i gay cattolici spiazzati
Articolo di Virginia Della Sala pubblicato sul “il Fatto Quotidiano” del 4 ottobre 2015
“Ammiro il suo coraggio e non credo che chi è in Vaticano possa dire nulla sulla scelta dei tempi: chi continua a nascondere la verità, non ha diritto di decidere quale sia il momento di rivelare se stessi”. Padre James Alison, teologo britannico di fama mondiale, gay e ancora sacerdote, è tra il pubblico della prima Assemblea della Rete Internazionale dei Cattolici Arcobaleno, che si è svolta ieri a Roma.
Ieri: il giorno in cui sul Corriere della Sera è stata pubblicata l’intervista di monsignor Krzystof Charamsa, polacco e ufficiale della Congregazione per la dottrina della fede, che ha dichiarato di essere omosessuale e di avere un compagno che ama. “Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità. L’astinenza totale dalla vita d’amore è disumana”.
Ieri, il giorno in cui il Vaticano gli ha tolto gli incarichi dalla Congregazione e dalle università Gregoriana e Regina Apostolorum. Soprattutto, il giorno che precedeva l’inizio del Sinodo sulla famiglia. “La scelta di una manifestazione così clamorosa alla vigilia dell’apertura del Sinodo mira a sottoporre l’assemblea a una indebita pressione mediatica”, ha detto il direttore della Sala Stampa Vaticana, Padre Lombardi. Un modo per giustificare la rimozione del polacco dai suoi incarichi ufficiali. Se dovrà spogliarsi degli abiti sacerdotali, lo deciderà il vescovo della sua diocesi.
Al congresso dei cattolici Lgbt, blindato per l’eccesso di richieste, c’è fermento. “Vogliamo far arrivare il nostro messaggio al Sinodo – dice il portavoce della conferenza Andrea Rubera – che il Vaticano riconosca l’esistenza di altri tipi di famiglie per una maggiore inclusione nella vita della Chiesa”. Prendono però le distanze dal coming out di monsignor Charamsa, dicono che non ne sapevano nulla. In mattinata, durante una conferenza stampa, il polacco aveva detto che avrebbe partecipato all’incontro. Poi, ha preferito evitare ulteriori esposizioni mediatiche.
Tra i relatori c’è Suor Jeannine Gramick. È americana, sorridente, ha una camicia multicolor, una lunga gonna arancione, i sandali con i calzini. Al collo una collana con un piccolo crocifisso d’argento “È arrivato il momento per tutti, preti e suore omosessuali, di smettere di nascondersi – ci dice – Sono entrata nel mondo Lgbt da giovane suora. Non avevo ancora tutti questi capelli bianchi in testa quando incontrai una persona omosessuale che aveva bisogno di aiuto spirituale. Mi entrò nel cuore così tanto, che decisi di aiutarla, di accompagnarla nel suo cammino pastorale, di tenerla vicino alla Chiesa. Passai ad occuparmi dell’integrazione di altre persone Lgbt, la mia pastorale diventò comunitaria”.
Da quel momento, siamo intorno agli anni Ottanta, iniziarono quelli che lei definisce “tempi difficili”. Nel 1999, la Congregazione per la dottrina della Fede disse che era necessario che lei cessasse il suo ministero. “Ho scelto di continuare la mia battaglia, perché non c’è motivo per cui i cattolici omosessuali siano discriminati”. Parla di trasparenza, la chiede il Papa, la chiedono i fedeli. “Proprio questo bisogno di trasparenza dovrebbe portare i tantissimi consacrati omosessuali a uscire allo scoperto. Si nascondono dietro un atteggiamento omofobo e questo è uno dei problemi che il Vaticano non può ignorare”.
E la Congregazione per la dottrina della fede sarebbe il buco nero in cui finiscono tutte le buone intenzioni di Francesco. “Mette in atto un costante boicottaggio interno – ci dice il teologo Alison -. Più Bergoglio apre ai temi Lgbt, più diventa intollerante. Che ci siano preti gay che lavorano in Vaticano non è un segreto. Sono anche nella Congregazione”.
Negli ultimi tempi, si sarebbe dimostrata particolarmente paranoica anche sul ruolo delle donne e l’ideologia gender: “Non si sa ancora cosa sia esattamente quest’ultima, ma è un nemico temibile per loro”, dice ridendo Alison. Il punto è proprio questo.
Ieri sera, durante la veglia di apertura del Sinodo, il Papa ha detto che la Chiesa è una casa aperta che accoglie chi ha il cuore ferito e sofferente. “Se non sappiamo unire la compassione alla giustizia, finiamo per essere inutilmente severi e profondamente ingiusti”, ha aggiunto Bergoglio. “Il Papa è Cristo in terra, il vicario di Dio – ci spiega il vescovo messicano Raùl Vera, stremato dopo una giornata tra giornalisti e partecipanti – quello che dice dovrebbe essere al primo posto, per la dottrina della Chiesa e nel cuore di ogni cristiano.”