Il punto di vista della psichiatria moderna sull’omosessualità
Traduzione* di “Omosessuality”, articolo scientico della psichitra Patricia H Bazemore MD. Coautori: William H Wilson MD, Douglas A Bigelow, PhD pubblicato su emedicine.com
Le conoscenze e gli studi sulla omosessualità sono cresciuti negli ultimi 30 anni e garantiscono, oggi, una nuova prospettiva medica. Poichè senza una moderna consapevolezza del significato dell'omosessualità anche il personale sanitario è soggetto a pregiudizi ed errori che spesso hanno caratterizzato l’approccio clinico ai pazienti omosessuali. Questo articolo, che pubblichiamo integralmente, riassume efficacemento lo stato delle cooscenze sull'omosessualità fatte proprie dalla psichiatria moderna.
L’omosessualità non è un disturbo psichiatrico ma è associata ad un aumentato rischio di condizioni che richiedono l’attenzione di medici specialisti.
L’omosessualità è stata riconosciuta da molto tempo nelle popolazioni umane ed animali. Nonostante la relativa frequenza dell’omosessualità tra gli uomini e gli animali essa rimane un fenomeno controverso e misterioso. Le persone omosessuali sono spesso oggetto di discriminazione a livello individuale e sociale e sono discriminati, talora, anche dagli operatori sanitari.
Le conoscenze e gli studi sulla omosessualità sono cresciute in qualità e quantità negli ultimi 30 anni e garantiscono, oggi, una nuova prospettiva dalla quale i medici possono ricavare le basi per fornire un valido aiuto.
I medici che lavorano con pazienti gay possono diventare un modello di riferimento anche per la comunità e le istituzioni in cui operano. Senza una moderna consapevolezza del significato di omosessualità anche il personale sanitario è soggetto a pregiudizi ed errori che spesso hanno caratterizzato l’approccio clinico ai pazienti omosessuali.
Le informazioni che abbiamo oggi provengono da molte discipline, tra le quali, la psichiatria, la psicologia, le neuroscienze, la genetica, l’antropologia. Per questo motivo, spesso, i non specialisti e i non addetti ai lavori trovano difficoltà nell’orientarsi tra i dati disponibili. L’Associazione degli Psichiatri Americani (APA) ha riconosciuto la necessità di rendere la letteratura sul’argomento più facilmente accessibile e hanno promosso, pertanto, la stesura di un testo comprensivo Textbook of Homosexuality and Mental Health (Cabaj, 1996).
Un breve riepilogo delle definizioni utilizzate può essere di aiuto. L’espressione “identità sessuale” si riferisce alla sensazione interna di essere maschi o femmine. Secondo la psicologia dell’Io, l’identità sessuale si sviluppa molto precocemente nella vita dell’individuo consolidandosi normalmente già attorno al 2-3 anno di vita (Yule, 2000).
La maggior parte degli individui omosessuali hanno un’identità sessuale che coincide con quella anatomica. Per esempio un maschio omosessuale si percepisce come maschio né più né meno che un maschio eterosessuale. Qualora l’identità sessuale non si formi propriamente e rimanga confusa, il soggetto può fare esperienza di un disturbo psicologico intenso che viene definito “disforia di genere”.
L’espressione di “orientamento sessuale” fa invece riferimento al desiderio e alle preferenze dell’individuo riguardo al sesso della persona con cui egli si relaziona (McWhirter, 1990). Come l’identità sessuale, anche l’orientamento sessuale si costruisce sulla base di di una catena di eventi psicologici consapevoli e non (Cass, 1996).
Kinsey e collaboratori (Kinsey, 1948; Kinsey, 1954) hanno dimostrato che l’orientamento sessuale si configura più come una dimensione piuttosto che come una categoria. Questo significa che gli individui non rispondono, per quanto riguarda i loro desideri sessuali, alla legge del tutto o nulla, nel nostro caso, gay o non gay, ma in tutti esistono a diverso livello pulsioni etero- e omo- sessuali (Offord, 1999).
Chi è omosessuale? Dal punto di vista della psicologia dell’individuo, la maggior parte degli adulti si pensano e riconoscono come o omosessuali o eterosessuali nonostante la ben riconosciuta mutevolezza dell’orientamento sessuale.
Un numero minore di persone ammette di avere solo una preferenza superiore per un sesso anziché per l’altro e si definiscono bisessuali. Il termine di gay e lesbica è stato adottato da un largo numero di individui omosessuali come l’espressione preferita per riferirsi al proprio orientamento sessuale, alla cultura ed alle comunità cui hanno dato vita.
Dal punto di vista sociale, negli Stati Uniti, esiste una bassa tolleranza per le varie espressioni dell’orientamento sessuale e il bisogno di identificare in modo assoluto i vari soggetti come o omosessuali o eterosessuali sembra essere categorico.
Per esempio, molte istituzioni militari, religiose, educative, e di volontariato mostrano, spesso, un vivo interesse nel conoscere l’orientamento sessuale dei loro membri e si riservano di decidere se avvalersi del supporto ed integrare le persone nel proprio ambito solo quando un’adeguata etichetta è stata applicata (Wood, 2000; Sobel, 2001).
L’intento è generalmente quello di espellere, o, in qualche modo, emarginare i soggetti omosessuali. Le gradazioni dell’orientamento sessuale non sono prese in considerazione ed un comportamento omosessuale è spesso sufficiente per definire come tale la persona. Questo atteggiamento obbliga la rappresentazione del mondo in categorie rigide ed è alla base di tante altre visioni e pratiche razziste.
Si pensi alla divisione del mondo in bianchi e neri ed alla difficoltà di ammettere in tale rappresentazione le persone meticcie. Diversamente, nel contesto di importanti istituzioni culturali ed artistiche, tale rigidità sembra non sussistere e gli atteggiamenti discriminatori sono meno presenti.
Alcune persone di spettacolo hanno addirittura trovato vantaggi economici nel coltivare l’immagine di una sessualità ambigua. Anche in questi contesti, tuttavia, l’espressione di una omosessualità vissuta consapevolmente e responsabilmente può significare per il soggetto andare incontro a potenziali rischi e penalizzazioni.
A complicare il quadro c’è che l’identità, l’orientamento ed il comportamento sessuali spesso non si allineano sullo stesso registro ma entrano in contraddizione nello stesso soggetto. Per esempio, alcuni che si pensano come eterosessuali hanno in realtà comportamenti omosessuali e viceversa.
Altri aspetti entrano in gioco nella scelta del proprio patner. Ad esempio, alcuni preferiscono avere un ruolo più o meno attivo, altri sono condizionati dall’età o focalizzano l’attrazione erotica su particolari aspetti.
Alcuni sono orientati verso relazioni esclusive, altri no; alcuni integrano la loro sessualità con altri aspetti relazionali, altri mantengono rapporti su un piano strettamente sessuale. Ci sono tipi di famiglie e stili di vita estremamente variegati che superano spesso la concezione tradizionale della società e dell’individuo.
Ripetiamo che l’omosessualità non è un disturbo psichiatrico e nel prossimo paragrafo rivedremo alcuni dei disturbi psichiatrici che hanno a che fare con la sessualità e sono spesso confusi con l’omosessualità.
Disturbo dell’identità sessuale
Noto anche come transessualismo, si tratta di una condizione in cui la persona si identifica in modo forte e persistente con l’altro sesso. Il soggetto sente con prepotenza ed in modo incoercibile che dovrebbe essere di sesso opposto.
Questa autopercezione causa frequentemente un’enorme sofferenza psicologica e riduce le capacità sociali dell’individuo. Tale disturbo si verifica sia in maschi e femmine ed è indipendente dall’orientamento sessuale. Il cambiamento di sesso attraverso trattamenti chirurgici, ormonali e cambiamento dello stile di vita sono la scelta di molti soggetti affetti da questo disturbo.
I transessuali sostengono che la propria condizione non sia da definirsi patologica. Essi ritengono che la sofferenza psichica sia legata esclusivamente alla discriminazione sociale di cui sono oggetto. Oggi, la psichiatria deve riconoscere e distinguere questa componente di sofferenza legata all’ambiente e tenere conto del punto di vista dell’individuo nel definire dei piani di trattamento. Ogni trattamento deve essere disegnato per migliorare le sofferenze individuali e l’integrazione sociale della persona nel rispetto dei suoi desideri, aspirazioni e convinzioni politiche, culturali e sessuali.
La disfunzione sessuale
Per disfunzione sessuale, si intendono un gruppo di disturbi correlati alle fasi della risposta sessuale. Si riconoscono 4 fasi della risposta sessuale: il desiderio, l’eccitazione, l’orgasmo e la risoluzione. In questo contesto il termine desiderio si riferisce al grado di interesse volto verso le attività sessuali indipendentemente dal loro oggetto. Disturbi delle altre tre fasi della risposta sessuale fisiologica portano a difficoltà o impossibilità di compiere atti sessuali od ad atti sessuali dolorosi.
Esempi sono la disfunzione erettile, o la riduzione della libido
Le parafilie
Le parafilie sono disturbi sessuali che interessano indistintamente maschi e femmine, etero- ed omo- sessuali e sono associate, spesso, a disturbi della personalità. Esse si esprimono in intensi e ricorrenti impulsi sessuali che coinvolgono oggetti, e provocano sofferenza psicologica per chi ne fa esperienza e per il proprio patner. Le parafilie sono, spesso, percepite come una ossessione-compulsione, pertanto come un qualcosa di tipo coercitivo. Tra le parafilie vengono collocate anche la pedofilia e lo stupro come pulsioni sessuali incontrollabili verso soggetti non consenzienti.
Epidemiologia della omosessualità
La prevalenza e l’incidenza della omosessualità è stata intensamente studiata (Michaels, 1996) ma i dati a disposizione rimangono limitati per due difficoltà metodologiche. Innanzitutto, la definizione di omosessualità. Poiché una chiara netta ed invalicabile distinzione tra omosessuale ed eterosessuale non è possibile, le varie casistiche si differenziano a seconda di chi includono come omosessuale.
In secondo luogo, c’è la riluttanza di molti individui di rivelare il proprio orientamento sessuale a causa della paura realistica di andare incontro a conseguenze negative.
Una stima incerta del numero e della distribuzione dell’omosessualità si attesta attorno al 10%. La stima deriva dalle pionieristiche casistiche di Kinsey. Il problema è che esse erano basate su un campione di persone selezionate e non su di un campione casualmente scelto della popolazione generale. L’utilità di tali studi è maggiore per cercare correlazioni con altri parametri nell’ambito dello stesso gruppo piuttosto che per inferire informazioni generali.
Gli studi di Kinsey hanno contribuito alla comprensione della natura dimensionale della omosessualità attraverso la gradazione delle esperienze omosessuali ed eterosessuali su una scala da 0 a 6 (da esclusivamente eterosessuale ad esclusivamente omosessuale). Kinsey riportò che maschi e femmine di questo campione scelto di persone si distribuivano su tutti i valori della scala e solo una minoranza degli intervistati dichiarava di avere o aver avuto esperienze solamente omosessuali.
Più recentemente alcuni studi hanno cercato di definire la frequenza dell’omosessualità nella popolazione generale. La casistica del National Health and Social Life, 1992, ha utilizzato una cornice mutidimensionale che tiene conto del comportamento, del desiderio e dell’identità sessuali (Laumann, 1994). Circa 10% dei maschi e 5 % delle femmine hanno avuto contatti omosessuali a partire dall’adolescenza e rispettivamente 5% dei maschi e 4% delle femmine hanno avuto esperienze omosessuali a partire dai 18 anni. La validità di queste stime è stata messa in discussione per questioni metodologiche ma resta il fatto che tale casistica produce risultati che echeggiano da vicino quelli di Kinsey e che mostrano come la sessualità sia una dimensione complessa e fluida senza una netta distinzione tra persona omosessuale ed eterosessuale.
Il censimento americano del 2000 ha fornito preziose informazioni riguardo alla composizione dei nuclei familiari negli Stati Uniti (US Census Bureau, 2001). Esso indica che esistono almeno 500000 coppie appartenenti allo stesso sesso e questa cifra è destinata a salire del 10-20%. Sembra che circa lo 0.5% degli americani viva in una relazione con un patner dello stesso sesso. La conclusione più importante di tale censimento è che la popolazione omosessuale è sufficientemente numerosa da dover essere presa in esame nella programmazione dei piani sanitari del paese.
Cause
Il fenomeno dell’omosessualità è complesso ed i fattori implicati nella genesi della omosessualità sono molteplici. Come per le rilevazioni epidemiologiche anche lo studio delle cause dell’omosessualità è reso difficile dalla mancanza di una chiara definizione di omosessualità come pure dalla sovrapposizione di omosessualità e eterosessualità. La discussione seria sulle cause dell’omosessualità è, inoltre, spesso complicata dalla presenza di nozioni semplicistiche che di volta in volta vengono assunte dalle varie parti del dibattito per sostenere il proprio punto di vista politico, culturale e religioso (Stein, 1996). Il modello biopsicosociale della famiglia è un modello utile per organizzare le nostre attuali conoscenze sulle cause della omosessualità.
Fattori biologici
La teoria evoluzionistica è, forse, il livello più elementare del pensiero biologico sull’omosessualità. Gli evoluzionisti fanno fatica a spiegare il perché l’omosessualità sia così radicata nel comportamento biologico umano.
Una pressione evolutiva negativa verso l’omosessualità esiste già nel momento in cui si pensa che le persone omosessuali hanno, sicuramente, meno figli di quelle eterosessuali.
Una risposta attuale a questo quesito deriva dalla constatazione che le comunità umane con membri omosessuali hanno caratteristiche di sopravvivenza specifiche (Kirkpatrick, 2000; Muscarella, 2000). Il vantaggio può essere legato al fatto che, in tali gruppi, ci sono dei lavoratori in più, che permettono ad altri di prendersi maggiormente cura della prole. Comunque ogni teoria evoluzionistica sull’omosessualità è puramente speculativa.
Relazioni omosessuali si ritrovano anche nel mondo animale
La teoria della immunizzazione materna della omosessualità postula che l’orientamento sessuale è più probabile in uomini che hanno fratelli maggiori. La probabilità sarebbe maggiore all’aumentare del numero dei fratelli.
L’immunizzazione materna significa una qualche modificazione molecolare-genetica che avverrebbe nella madre a carico del feto maschio e la cui probabilità aumenta con l’aumentare delle gravidanze di feti di sesso maschile (Blanchard, 2001). Il sistema immunitario della mamma i risposta ai nostri fratelli maggiori, per chi ne ha, ci farebbe diventare gay agendo in qualche modo sulle nostre molecole.
Le basi biologiche della attrazione fisica basata su ferormoni (sostanze che evocano sensazioni odorose), odori ecc. è nota in molte specie animali. Negli uomini i segnali trasmessi dagli odori sono spesso sottili ed inconsci dato lo scarso peso della comunicazione consapevole mediata dall’olfatto (Kohl, 2001). Uno studio recente ha analizzato l’attrazione mediata da ferormoni in soggetti eterosessuali ed omosessuali (Martins, 2005).
In uno studio in cui si obbligava a scegliere, gli odori di maschi omosessuali erano i meno preferiti eccetto che tra i maschi gay che preferivano gli odori di altri maschi gay o di femmine eterosessuali.
Sia le femmine etero- che omo- sessuali preferivano gli odori di individui eterosessuali dell’altro sesso a quelli di soggetti omosessuali maschi o femmine. I maschi eterosessuali preferivano gli odori di maschi e femmine eterosessuali. I ferormoni potrebbero essere correlati alle basi bilogiche del diverso orientamento sessuale (Ober, 1997).
Altri studi hanno determinato un’associazione tra antigeni di istocompatibilità (molecole che caratterizzano il nostro sistema immunitario, la nostra interfaccia col mondo esterno) e l’orientamento sessuale.
Ormoni prenatali e sostanze chimiche sono state studiate come potenziali fattori che contribuiscono a determinare l’orientamento omosessuale. Un aumento delle capacità spaziali (funzioni cognitive impiegate nella elaborazione dello spazio interno ed esterno) sono state associate con l’esposizione prenatale ad androgeni.
Uno studio recente ha dimostrato una forte correlazione tra comportamento omosessuale e capacità spaziali in donne prima della menopausa, implicando pertanto un’associazione tra comportamento sessuale ed esposizione prenatale ad androgeni.
Un altro studio ha dimostrato una frequenza maggiore di femmine omosessuali tra le figlie di donne che avevano fatto uso di farmaci dimagranti a base di anfetamina o ormoni tiroidei sintetici (Ellis, 2005). Anche l’esposizione a nicotina sembra essere un elemento importante nella sviluppo di omosessualità femminile in modelli animali (Ellis, 2001).
Spiegazioni fisiologiche della omosessualità sono state cercate, ma non ne esiste nessuna definitiva (Byne, 1996). I fattori genetici possono avere un ruolo ma non c’è nessuna prova conclusiva.
Non esistono prove neanche di ereditarietà. I modelli di studio genetici standard sono stati applicati, compresa l’analisi dei pedigree, lo studio di gemelli omozigoti la genetica molecolare di linkage (associazione di diversi tratti genetici tra loro).
Gli studi su gemelli omozigoti (identici dal punto di vista genetico) mostrano una più alta concordanza in termini di omosessualità rispetto a gemelli eterozigoti. Tra gemelli identici le percentuali di concordanza (espressione dello stesso carattere) sono riportate nell’ordine di 48-60%, il che indica sicuramente un ruolo dei fattori genetici, anche se essi non spiegano completamente l’espressione della omosessualità.
Gli studi di associazione molecolare hanno suggerito che alcune regioni cromosomiche possano essere coinvolte nel conferire una predisposizione all’omosessualità (esempio Xq28), ma un gene specifico non è stato identificato.
L’ambiente ormonale in cui il feto si sviluppa influenza chiaramente l’anatomia sessuale ed il comportamento. Per esempio androgeni prenatali sono necessari per lo sviluppo dei genitali esterni del maschio in feti geneticamente maschi. Negli animali, è descritta una serie di conseguenze derivanti dalla manipolazione ormonale intrauterina.
Per esempio, ratti femmine, esposte a aumentati livelli di ormoni androgeni durante lo sviluppo fetale, mostrano comportamenti sessuali tipici dei maschi nella vita adulta. Verosimilmente, i fattori ormonali, genetici e biologici influenzano il comportamento determinando modificazioni strutturali e funzionali del cervello (Byne, 1996).
Nei roditori, differenze morfologiche del cervello sono legate alla diversa esposizione ad ormoni nella vita fetale. Differenze altrettanto chiare non sono state dimostrate negli esseri umani. Le regioni del cervello umano implicate nella espressione della omosessualità sono i nuclei interstiziali dell’ipotalamo anteriore, il nucleo sopraottico, la commissura anteriore, ed il corpo calloso.
Vari studi approdano, tuttavia, a risultati eterogenei.
Non esiste consenso riguardo all’esistenza di un cervello omosessuale, cioè morfologicamente e fisiologicamente caratteristico dell’essere omosessuale. In conclusione, i fattori bilogici esercitano un’influenza nei processi cognitivi ed emotivi che concorrono a formare il carattere, l’intensità del bisogno sessuale, il desiderio di sicurezza verso quello di avventura e simili tratti della personalità.
Queste caratteristiche influenzano il modo con cui l’individuo reagisce agli stimoli sociali e possono influenzare le sue scelte.
I sostenitori della importanza decisiva dei fattori biologici possono pensare che essi influenzino profondamente l’orientamento sessuale, ma non dispongono di dati sufficienti, al momento, per dire quale sia il loro contributo nel determinarlo.
Fattori psicologici
Nella prima adolescenza, la maggior parte delle persone hanno un senso interno già chiaro del proprio orientamento sessuale. Tuttavia, l’espressione della loro sessualità è fortemente influenzata dai comportamenti sessuali che essi osservano nell’ambiente in cui vivono e dalle opportunità che si presentano.
I dati del National Health and Social Life suggeriscono che durante l’adolescenza raggiungano un picco i comportamenti e le esperienze di “prova” con varie opzioni sessuali. L’individuo sperimenterebbe con le varie possibilità della sessualità. Con il proseguire dello sviluppo, l’identità personale si rafforza e le scelte del patner, del comportamento sessuale si fanno più coerenti.
Le teorie psicanalitiche si occupano dello sviluppo del desiderio e dell’identità sessuale in modo vario e con approcci diversi, attribuendo molto peso alle matrici familiari ed ai contesti relazionali in cui l’individuo vive ed ha vissuto, con l’obbiettivo spesso di arrivare ad una matura consapevolezza di se stessi.
Fattori sociali
Mentre i fattori biologici condizionano le preferenze sessuali quelli sociali influiscono pesantemente sulle scelte. Studi antropologici dimostrano che in alcune società il comportamento omosessuale è stato accettato in tutti gli aspetti del vivere quotidiano, ma in altre è stato considerato alla stregua di una pericolosa deviazione morale e, pertanto, punibile anche con la morte (Herdt, 1996).
Quindi, l’espressione dell’omosessualità varia anche in relazione al contesto sociale. Nel mondo occidentale, esiste una forte pressione a presentarsi in termini di orientamento sessuale. Ci si aspetta che ciascuno abbia una precisa identità e la manifesti pubblicamente. Talora una sorta di identità sessuale viene attribuita dal gruppo in cui il soggetto vive prima ancora che egli stesso sia pienamente consapevole di se stesso.
Quando i soggetti scelgono un’identità sociale omosessuale attraversano il rito del coming out, il venir fuori, la proclamazione di se stessi. Il processo inizia attraverso il riconoscimento della propria identità sessuale, passa per l’affermazione della propria identità e termina con la pubblica dichiarazione di essere omosessuali.
Come molti passaggi rituali, quello del coming out può essere facile, ma più spesso è particolarmente traumatico dal punto di vista emotivo e comportamentale, può portare a attriti forti nel contesto familiare e sociale della persona. Molti soggetti preferiscono mantenere nascosta la propria omosessualità per evitare censure e penalizzazioni sociali.
Il punto di vista della psichiatria
Il concetto di omosessualità nella teoria psichiatrica è stato profondamente rivisto negli ultimi 35 anni (Krajeski, 1996). Per la maggior parte del ventesimo secolo, l’omosessualità è stata considerata un disturbo della personalità, sintomo di malattia psichiatrica o malattia psichiatrica essa stessa.
All’inizio degli anni Settanta, l’omosessualità è stata rimossa dalla lista delle malattie mentali della Associazione Americana di Psichiatria con il riconoscimento che l’omosessualità di per sé non rappresenta una malattia mentale. Tale punto di vista è continuato fino ad oggi rafforzandosi sempre di più.
Ancora oggi una minoranza di psichiatri sostiene, tuttavia, che l’omosessualità sia sinonimo di malattia ma si tratta di voci esterne al pensiero psichiatrico contemporaneo.
Prima degli anni Settanta, la maggior parte degli psichiatri sposava la tesi comune secondo la quale l’omosessualità era un fatto immorale ed espressione di qualche difetto dello sviluppo della persona (Silverstein, 1996). Freud aveva preso posizioni più favorevoli pensando all’omosessualità come alla conseguenza di uno sviluppo interrotto.
Egli non riteneva che tale interruzione del percorso di sviluppo della sessualità fosse estremamente deleteria poiché gli omosessuali potevano essere psicoanalisti. Altri psicoanalisti vedevano l’omosessualità come l’espressione di problemi più profondi (Socarides, 1978).
Sulla scia di queste opinioni furono pensati ed offerti trattamenti per le persone omosessuali. Psicoanalisi e psicoterapie furono intraprese con l’obbiettivo di curare dalla omosessualità e dalla patologia psicologica che ne era alla base.
Con l’avvento delle teorie cognitive alcuni approcci comportamentali furono proposti (Cautela, 1967; Feldman, 1971; McConaghy, 1972). Talora venivano riportati risultati positivi, fatto non sorprendente, dato il largo numero di pazienti trattati.
Per i soggetti con una solida identità sessuale le prospettive di una “cura” apparivano rare. Ci sono autori e terapeuti che continuano su questa direzione (Nicolosi, 1991). Attualmente questi tentativi si configurano come degli sforzi fuorvianti e non dovrebbero essere ripetuti. Interventi ormonali e chirurgici bizzarri sono stati praticati ma essi non hanno spazio nella moderna medicina.
Negli anni Settanta iniziò la nuova era dell’omosessualità come condizione non morbosa. Nonostante la comunità psichiatrica abbia rivisto le sue posizioni la società persiste nel concepire l’omosessualità come un’anomalia, come conferma una casistica canadese (Sutherland, 2005): 495 degli intervistati ritiene un’anomalia l’essere omosessuale.
Nonostante l’omosessualità non sia un disturbo psichiatrico, gli psichiatri devono contribuire in modo importante al benessere psicologico delle persone omosessuali. Le persone omosessuali possono avere problemi psicologici specifici derivati dal contesto sociale non favorente.
Non è un caso che gli omosessuali siano a più alto rischio di suicidio, depressione ed ansia (Bailey, 1999). L’aumentato rischio di suicidio sembra sussistere in particolare tra i gay più giovani, sotto i trenta anni.
Nel 2004 uno studio inglese riportava che almeno 43% degli uomini e donne gay avevano un problema psicologico e 30% circa aveva tentato il suicidio. Perciò l’attenzione della psichiatria si è rivolta non più all’omosessualità come malattia, ma al trattamento di malattie e disturbi che originano frequentemente in rapporto alla condizione omosessuale che comporta un’ostracizzazione dell’individuo dalla comunità in cui vive.
Al fine di trattare efficacemente le persone, gli psichiatri devono capire la cultura omosessuale ed essere liberi da reazioni emotive verso l’omosessualità per interagire con i loro pazienti in modo compassionevole e professionale. Gli psichiatri devono ascoltare il paziente e comprenderne la cultura, i valori, il contesto esistenziale.
I problemi che lo psichiatra incontra sono spesso in relazione con la fase della vita del paziente. Negli adolescenti il riconoscimento dell’identità sessuale è di frequente riscontro, e la psicoterapia deve fornire il supporto sufficiente per sviluppare un senso di sé più forte e sicuro. Nei soggetti adulti le relazioni familiari e sociali possono rappresentare fonte di problemi e situazioni di sofferenza.
Gli omosessuali possono presentare disturbi di adattamento, risultante di stress cronico in relazione alle stigmatizzazioni e alle violenze sociali di cui sono oggetto. La discriminazione della società verso gli omosessuali è una realtà. Gli omosessuali subiscono più violenze degli eterosessuali (Russell, 2001). In più, gli omosessuali si portano dietro un’immagine negativa di se stessi e devono lottare contro forme di autopersecuzione.
Come le coppie eterosessuali anche quelle omosessuali possono avere problemi relazionali. La terapia di coppia può essere di aiuto. Le terapie di coppia sono simili a quelle proposte per gli eterosessuali e mirano a sviluppare le capacità di comunicazione, l’esplorazione dei valori positivi della coppia, le aspettative all’interno della relazione e le problematiche di realizzazione come singolo e come coppia (Glick, 2000). Nonostante queste somiglianze ci sono poi delle diversità specifiche nel cotesto delle relazioni omosessuali che meritano attenzione.
Negli Stati Uniti l’omosessualità continua ad essere oggetto di controversie. Molti si oppongono all’omosessualità adducendo ragioni etiche e religiose. Gay e lebiche rimangono emarginati e oggetto di discriminazione.
Il termine di omofobia è nato per esprimere il contesto negativo in cui gli omosessuali vivono. La maggior parte delle persone si trova a disagio nel trattare temi relativi all’omosessualità e nell’interagire con omosessuali. Essi superano il disagio evitando l’argomento. L’omofobia fa riferimento anche agli atteggiamenti di autodisprezzo e autocommiserazione delle perone omosessuali.
La società sta, in ogni caso, iniziando a rispondere ai bisogni legittimi delle persone omosessuali in molti modi importanti. Molte associazioni umanitarie come Amnesty International e l’Unione Americana delle Libertà Civili si stanno battendo per i diritti legali degli omosessuali.
Tematiche attuali sono l’estensione dei benefici delle assicurazioni sanitarie ai patners e ai figli di coppie omosessuali e l’introduzione di leggi che proteggono dalla discriminazione. Il cambiamento è stato promosso anche dal riconoscimento del forte potere di acquisto delle comunità gay.
Molte attività economiche hanno come oggetto i bisogni ed i desideri degli omosessuali, dal turismo agli investimenti sulla casa. I pubblicitari cominciano a dipingere ritratti positivi delle coppie omosessuali, incluse coppie con bambini.
In popolazioni confinate, come le comunità delle prigioni, comportamenti omosessuali sono frequenti. Essi prendono la forma, spesso, di violenze sessuali perpetrate dai più anziani che si percepiscono eterosessuali nei confronti dei più giovani o di soggetti da poco arrivati, specialmente se questi ultimi hanno atteggiamenti passivi ed effeminati o sono percepiti come deboli.
Lungi dall’avere qualcosa in comune con l’omosessualità del mondo esterno tale fenomeno trae le sue radici dall’assenza di soggetti di sesso opposto e dalle dinamiche di potere e di affermazione reciproca che non sono regolate e sorvegliate adeguatamente.
Le coppie di omosessuali si formano per soddisfare i seguenti bisogni: cibo, casa, sicurezza, espressione sessuale, procreazione, assistenza reciproca, stato sociale, comunione interiore, amore, affetto, pienezza di sé.
La natura ed il grado di coinvolgimento variano da coppia a coppia. I due soggetti possono vivere insieme e formalizzare la loro unione con cerimonie civili o religiose. Tali coppie sono sempre più presenti e riconosciute dalla legge, come attestano la legislazione del Vermont e del Connecticut che promuovono le Unioni Civili.
Nel Novembre del 2004 in occasione delle elezioni, 11 stati hanno approvato emendamenti alla propria costituzione a favore dei diritti dei gay. La maggior parte degli Americani pur continuando ad essere contraria al matrimonio gay vede con favore l’esistenza delle Unioni Civili.
La coppia omosessuale inizia su di un terreno particolare (Coleman, 1996; Herbert, 1996; McWhirter, 1996). Mentre gli eterosessuali all’interno del disegno di coppia accettano acriticamente ruoli, immagini e competenze, gli omosessuali compiono scelte più consapevoli e decidono e dirigono in modo più attivo la vita relazionale.
Essi decidono in maniera più consapevole il grado di indipendenza reciproca, la distanza emotiva da rispettare, e altri attributi della vita di coppia.
Almeno nel mondo occidentale, gli omosessuali più frequentemente scelgono consapevolmente la quantità e la qualità dei rapporti con altri soggetti, l’attribuzione dei ruoli interni e dello stile di vita, in generale. In più le coppie omosessuali elaborano al loro interno più di quelle eterosessuali strategie e modalità di rapporto al mondo esterno, probabilmente perché quest’ultimo è più ostile e difficile.
Anche se ogni coppia omosessuale è un mondo a parte, si possono fare alcune generalizzazioni. Ad esempio, le coppie gay differiscono da quelle lesbiche. Nelle coppie gay tendenzialmente maggiore enfasi hanno i rapporti sessuali, più deboli sono i legami tra coinvolgimento sessuale ed emotivo, c’è meno esclusività quanto a patners, più importanza per l’autonomia e l’esplorazione di esperienze diverse.
Anche i primi studi sull’omosessualità sono influenzati da questi aspetti e si sono concentrati su esperienze di piacere al di fuori di un contesto relazionale più complesso e duraturo. Gli omosessuali maschi hanno, generalmente, molti più patner sessuali degli eterossessuali.
Uno studio sui disturbi della erezione e della eiaculazione ha mostrato che la disfunzione erettile aumenta con l’età insieme all’ansia da prestazione sia in maschi omo- che etero- sessuali. Nel complesso mentre i maschi gay hanno livelli più elevati di ansia da prestazione, l’eiaculazione precoce affligge più frequentemente maschi eterosessuali (Bancroft, 2005).
I problemi legati al rischio AIDS sono motivo di paure e soffrenza per le coppie gay, specialmente quando uno dei due patner ha contratto l’infezione da virus HIV oppure ha comportamenti a rischio.
Le forme più frequenti di attività sessuale nei gay maschi sono la masturbazione ed il rapporto orale, la frequenza di pratiche sessuali a rischio di trasmissione di malattie infettive, come rapporti anali non protetti, o l’avere più patners, è cambiata in rapporto allo spettro della AIDS. Tuttavia, mentre dapprima la paura sembrava aver rafforzato comportamenti più prudenti, recentemente, sono ritornati prevalenti comportamenti più a rischio, associati ad indifferenza nei confronti delle campagne informative (Seal, 2000).
Se la malattia e la morte sono inesorabilmente presenti nella storia di ogni relazione, L’AIDS ha anticipato questo incontro per moltissime coppie gay.
Le coppie lesbiche hanno invece tipicamente espressioni diverse, dando meno importanza ai rapporti sessuali, e sottolineando gli aspetti di intimità ed esclusività della relazione, con una tendenza a mantenere rapporti fissi nel tempo.
Molte sono le donne omosessuali che hanno avuto precedenti relazioni eterosessuali, matrimoni e anche figli. Alcune di queste donne ritornano a relazioni eterosessuali al termine di un rapporto omosessuale.
Le più frequenti forme di attività sessuali tra le lesbiche sono rappresentate dai rapporti ora-genitali, e dalla masturbazione reciproca. L’autostimolazione è generalmente preferita. L’uso di peni artificiali, stimolazione anale e altre pratiche è decisamente meno frequente.
Quando si prendono in considerazione i bisogni medici degli omosessuali, si esaurisce spesso l’argomento riferendosi all’AIDS.
Gli omosessuali hanno altrettanti bisogni come gli eterosessuali ma spesso richiedono attenzione ancora più particolare per la maggiore problematicità sociale della condizione omosessuale, la maggiore frequenza di problemi di natura psicologica.
Medici ed infermieri sono, spesso, impreparati di fronte a pazienti gay e aspetti emotivi non elaborati da parte dei medici e dei pazienti possono compromettere la possibilità di una comunicazione efficace e di un rapporto proficuo.
Per questo motivo, i medici devono conoscere la realtà gay, favorire un clima di distensione e di apertura che consenta al paziente di affrontare tematiche legate alla propria sessualità che possono rimanere altrimenti celate per paura. I medici devono andare oltre i propri pregiudizi culturali e comprendere la persona gay nel rispetto dei suoi valori e delle sue scelte e cercando di alleviarne anche le sofferenze psicologiche che la condizione omosessuale può aggiungere a quelle fisiche per le quali il paziente si presenta all’attenzione dell’operatore sanitario.
Omosessuality (Omosessualità), articolo di Patricia H Bazemore, MD, Associate Professor of Family and Community Medicine, Psychiatry, and Pediatrics, University of Massachusetts Medical School; Chief, Department of Medicine, Worcester State Hospital
Coautori: William H Wilson, MD, Professor of Psychiatry, Director of Inpatient Psychiatry, Department of Psychiatry, Oregon Health and Science University; Douglas A Bigelow, PhD, Associate Professor, Department of Psychiatry, Department of Public Health and Preventive Medicine, Oregon Health and Science University
Per approfondire
Presentazione e introduzione alla traduzione italiana di “Omosessuality”
* Tradotto a cura di Francesco nell’ambito del progetto “traduttori di… buona novella”