Il “Gesu’ di Nazaret” di Papa Benedetto XVI approda al “Guado”
Articolo di Daniela Tuscano
Li avesse visti, lo scorso 21 aprile alla sede del “Guado” (gay credenti di Milano), sarebbe rimasto disorientato. Loro, i “lontani“, “deviati“, “relativisti” e, addirittura, seminatori di un’anti-Genesi come li aveva descritti nel Venerdì santo 2006 – ma chissà se avrà apprezzato la recente risoluzione Ue contro l’omofobia, peraltro sottaciuta da tutti i tg nazionali – , si sono ritrovati non per qualche profanazione rituale, né per abbandonarsi a baccanali sfrenati ; ma per riflettere sul suo libro! Incredibile. Vuoi vedere che, davvero, non c’è più religione? O che, forse, è il caso di rivedere qualcosa?
Ma andiamo con ordine. Lui è il Papa, Benedetto XVI. Il libro cui accenniamo è il suo “Gesù di Nazaret”, fresco di pubblicazione. I ragazzi del “Guado”, li abbiamo già menzionati.
E’ toccato a Gianni Geraci, loro presidente, commentare l’ultima fatica papale. “Libro di bella leggibilità” secondo il Nostro, che vi ha trovato molte analogie col celeberrimo “Signore” di Romano Guardini.
Anche l’intento di Benedetto sembra essere lo stesso del filosofo italo-tedesco: redigere una biografia teologica di Gesù, per far comprendere ai lettori le linee-guida del Magistero e come ci si deve rapportare ad esso.
E, in effetti, questa è l’urgenza più impellente del Papa: “Egli ha ragione affermando che le numerose biografie di Gesù risultano spesso riflessi dei loro autori piuttosto che rivelazioni di una icona sbiadita. Tuttavia, anche il suo lavoro rispecchia l’uomo Ratzinger, o meglio, il Ratzinger papa, la sua radicatissima preoccupazione pastorale“. Che non sembra nutrire grande fiducia nella solidità spirituale delle sue pecorelle: “Benedetto menziona il ricorso al metodo storico-critico per studiare la Bibbia, ma non lo affronta mai“. Geraci ha ricordato che l’odierna ricerca ha ricevuto un suggello autorevole già nel 1943, grazie all’enciclica “Divino Afflante Spiritu” di Pio XII, un Pontefice non esattamente progressista.
“Eppure proprio quel Papa sosteneva che il metodo storico-critico era non soltanto utile ma necessario per evitare il fondamentalismo.
Dichiarazioni ribadite nella ‘Dei Verbum’. Del resto, già la lettura allegorica, iniziata con Orige ne, era un modo per contestualizzare la Scrittura“. “Gesù di Nazaret” è tuttavia percorso da un alone di diffidenza verso la comunità che legge la parola di Dio: “Quasi come se il deposito della fede sia esclusivamente, o quasi, nelle mani del Magistero: i credenti comuni devono tenersene un po’ lontani, per non correre il rischio di interpretazioni fuorvianti“.
E’ un approccio valido? Si può lasciare in secondo piano il contesto storico, sociale e spirituale in cui agì Gesù? Tacere, per esempio, il suo ebraismo? “Ratzinger è convinto che l’incontro con Gesù debba scaturire non solo come intima amicizia ma all’interno di una visione del mondo cattolico-romana. Per questo non si sofferma sullo Yoshua-rabbi di Nazaret“. Malgrado il titolo… “Può darsi affronti il tema nel prossimo volume“, ha ipotizzato Gianni.
D’altro lato, “cattolico” significa “universale” e una religione eccessivamente intimistica, confinata nel privato, non serve a nessuno: su questo il Papa ha tutte le ragioni. Ma non si tratta di un rapporto biunivoco? Se Cristo è per tutti, non è anche per ognuno, empaticamente vicino al singolo? Se è Dio, non è pure uomo, e un uomo vissuto in un determinato periodo storico, con le sue ansie, inquietudini, limiti? E’ solo l’Onnipotente, o anche e soprattutto il “debole” designato da padre Zanotelli? Non è, in ultima analisi, il sacerdote compassionevole della Lettera agli Ebrei? L’”immutabilità” ratzingeriana fin dove si identifica, in verità, col cattolicesimo ideologico dell’Ottocento?
Seguendo tale ragionamento risulta del tutto logica la confutazione del “Dio-Madre” di Giovanni Paolo I (ma un Papa non è tenuto a conformarsi all’altro, specie quando parla dal sacro balcone?…). Al contrario: Ratzinger concede che, sì, Dio non né maschio né femmina, ma in realtà opta per la prima ipotesi. Lo attestano quelle dure parole “Madre non è un appellativo con cui rivolgersi a Dio” e, più sotto, “noi preghiamo così come Gesù, sullo sfondo della Sacra Scrittura, ci ha insegnato a pregare, non come ci viene in mente o come ci piace. Solo così preghiamo nel modo giusto“.
Vengono in tal modo liquidati anni e anni di teologia femminista, che agli occhi del Pontefice non può che risultare un capriccio per assecondare le mode del momento, esse pure frutti avvelenati del “relativismo”, rilassamento etico e via di questo passo.
Logico che il “politically correct” qui non c’entra nulla; anzi, è una grande baggianata, poiché Gesù non era misogino né sessista, né tantomeno ossessionato da questioni di genere. Il suo “Padre” non era certo l’accigliato e impietrito tutore dell’ordine costituito, ma il “Babbino” che comprendeva anche la madre. Eccome. Ed in tal senso lo intendeva Luciani, il quale aggiungeva: “L’importante non è scrivere di Cristo, ma far sì che tutti si comportino come lui“.
Senza contare che il Dio del cristianesimo non è lontano da noi, superno nei suoi imperscrutabili empirei.
“Gesù di Nazaret“, ha concluso Geraci, è “insomma un libro che vuol confermare i fratelli nella fede“. Si propone di offrire certezze su un tema che, di per sé, agita e sconvolge. Gesù è una rassicurante immagine traslucida, o mette in crisi con la sua esigenza di carità?
Ignoro cosa avrebbe detto il Pontefice se fosse stato presente al “Guado”. Eppure, malgrado gli interrogativi emersi, e forse proprio per quelli, sono convinta gli sarebbe stato molto più difficile lanciare a quei ragazzi i suoi consueti anatemi.
Benedetto XVI (Joseph Ratzinger), Gesù di Nazaret, Rizzoli, 2007, 446 pagine
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