Il rapporto tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia
Articolo di Aristide Fumagalli, docente di teologia morale, pubblicato sul mensile cattolico Vita Pastorale, n.1, anno CIX, gennaio 2021, pag.28-29
«Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge di convivenza civile. In questo modo sono coperti legalmente».
Le parole di papa Francesco contenute nel documentario di Evgeny Afineevsky, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2020, hanno suscitato clamore, innescando il conflitto delle interpretazioni. Vi è chi plaude alle parole del Papa, perché finalmente cambiano la dottrina magisteriale della Chiesa; vi è chi, proprio perché cambiano la dottrina, le biasima; vi è chi sostiene, invece, che le parole del Papa lascino immutata la dottrina.
La loro corretta interpretazione esige anzitutto di tenere conto del grado dottrinale al quale si pongono. Dovrebbe essere ovvio che le parole espresse in un’intervista giornalistica, quale quella riportata in un film documentario, non abbiano lo stesso valore dottrinale delle affermazioni contenute in un documento magisteriale. Per questo, qualora sorgano interrogativi o nascano dubbi, circa frasi espresse in modo informale, è opportuno chiarirle alla luce di quanto insegnato in forma ufficiale.
Le parole del Papa relative al «diritto di essere in una famiglia» sono state semplicisticamente intese come l’affermazione che le persone omosessuali hanno il diritto a unirsi in matrimonio e a formare una famiglia, esattamente come lo detengono le persone eterosessuali.
Questa interpretazione delle parole di Francesco, sia essa plaudita o biasimata, è comunque errata. Lo si può chiaramente dimostrare citando il suo documento più recente e autorevole sull’amore nella famiglia, cioè l’Esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia: «“Circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali. non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”; ed è inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso”» (n. 251 ).
Quando dunque il Papa sollecita una «legge di convivenza civile» che permetta agli omosessuali di essere «coperti legalmente» non intende che ciò debba avvenire equiparando le unioni civili omosessuali all’istituto civile e sacramentale del matrimonio.
Stante questa esclusione sembrerebbe che il Papa abbia semplicemente ribadito il precedente insegnamento magisteriale. Questa interpretazione non trova tuttavia conferma nei documenti ufficiali della Chiesa, che non solo escludono l’equiparazione, ma anche ogni riconoscimento legale delle unioni omosessuali.
Nel documento della Congregazione per la dottrina della fede sul tema, pubblicato il 3 giugno 2003 e intitolato Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legate delle unioni tra persone omosessuali, si legge infatti che «in presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali, oppure dell’equiparazione legale delle medesime al matrimonio con accesso ai diritti che sono propri di quest’ultimo, è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva» (n. 5).
L’argomentazione fondamentale che viene addotta contro il riconoscimento legale delle unioni omosessuali è che «considerando i valori in gioco, lo Stato non potrebbe legalizzare queste unioni senza venire meno al dovere di promuovere e tutelare un’istituzione essenziale per il bene comune qual è il matrimonio» (n.6). Il riconoscimento legale delle unioni omosessuali comprometterebbe – secondo il documento – l’istituto del matrimonio.
Rispetto all’insegnamento magisteriale pregresso, che escludeva positivamente il riconoscimento legale delle unioni, le parole di Francesco risultano innovative. Mostrare come questa novità non sia in contraddizione col precedente magistero, ma rappresenti un suo compatibile sviluppo, non si può ottenere “spremendo” le parole pronunciate dal Papa in un’intervista giornalistica, ma esige l’approfondimento proprio dei pronunciamenti ufficiali.
Corrispondendo a uno dei suoi principi programmatici, quello per cui «il tempo è superiore allo spazio» e quindi «si tratta di generare processi più che dominare spazi» (Amoris laetitia, 261), papa Francesco, pur in modo allusivo e informale, ha indicato un possibile sviluppo dell’insegnamento magisteriale circa il riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali.
Tale sviluppo consisterebbe nel riconoscere, sul piano giuridico, non solo i diritti individuali delle persone omosessuali, ma anche i loro diritti relazionali. La compatibilità di tale sviluppo con il precedente insegnamento magisteriale potrebbe essere argomentata tenendo presente che il riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali non verte, propriamente, sulla loro connotazione omosessuale, ma sul loro rilievo per la vita sociale.
Il diritto civile non è tenuto a riconoscere l’unione tra persone dello stesso sesso in quanto sono “omosessuali”, ma in quanto sono “persone”. nella misura in cui una relazione tra persone, anche dello stesso sesso, corrisponde ai criteri della vita civile, nel senso per cui vi è reciproco rispetto, mutuo aiuto e vicendevole promozione, anche lo Stato ne trae vantaggio in termini di incremento del bene comune e quindi può e anche deve riconoscerla.