Cos’ho fatto di male per avere un figlio omosessuale?
Testo pubblicato sul sito dell’associazione LGBT Interligne (Canada), liberamente tradotto da Carole Oulato
Cos’ho fatto di male per avere un/a figlio/a omosessuale? Ecco una delle prime reazioni, alquanto naturali, che ha la maggior parte dei genitori quando scopre l’omosessualità del proprio figlio o figlia.
Questa reazione è paragonabile a quella di ogni padre o madre nei riguardi di un figlio che decide di seguire un cammino differente da quello che speravano, a volte anche inconsciamente: ci sarebbe piaciuto che nostro figlio seguisse un percorso universitario e che non smettesse di studiare dopo il diploma; che trovasse un impiego stabile, e invece ecco che sceglie di viaggiare per il mondo con lo zaino in spalla.
Appena i figli si mostrano diversi da quello che avremmo voluto, comincia per i genitori quello che potremmo chiamare “il lutto del figlio ideale”.
Ma perché cercare di attribuirsi una colpa in quanto genitori? Perché ritenersi totalmente colpevoli della “sfortuna” dei propri figli? Quando un figlio ce la fa in maniera ammirevole nella vita (ad esempio, se guadagna una medaglia olimpica), ci attribuiamo forse il merito? Mi pare di no.
In quanto genitori, riconosciamo facilmente il ruolo che abbiamo avuto nel successo del figlio; riconosciamo le sue capacità fisiche, ma anche la sua determinazione ed i suoi sforzi personali, che molto spesso non hanno niente a che vedere con noi. Qui si tratta della stessa cosa: il/la figlio/a omosessuale ha delle motivazioni fisiche, psicologiche ed emotive che ci sfuggono, poiché si tratta di un essere, a tutti gli effetti, diverso da noi.
Forse è proprio questo che è difficile da accettare: rendersi conto che nostro/a figlio/a ci “sfugge”, che è un essere “separato” da noi. Vi è in questa tappa della vita l’inizio di un lutto, quello di lasciare il/la proprio/a figlio/a seguire la sua strada… Anche se si tratta di un cammino che non avremmo mai scelto per lui/lei.
Ho scritto Vivre avec l’homosexualité de son enfant (Vivere con l’omosessualità di un figlio) perché si tratta del libro di cui io e i miei genitori avremmo avuto bisogno quando ho fatto il mio coming out all’età di ventiquattro anni. Che cosa hanno fatto i miei genitori perché io diventassi lesbica? Non saprei dirlo, poiché ciò non dipende da loro ma piuttosto da caratteristiche fisiche, emotive e psicologiche, dalle esperienze che ho vissuto e da quelle che non ho vissuto.
Comunque, sono certa di una cosa: i valori di base che i miei genitori mi hanno inculcato permangono, e ciò mi permette di vivere una vita in sintonia con quello che mi hanno insegnato. E loro ne sono fieri.
Quando si domanda a un figlio gay o a una figlia lesbica che cosa abbiamo sbagliato come genitori affinché diventasse omosessuale, è come se gli/le dicessimo che è colpevole, che il nostro dolore e la nostra delusione dipendono da lui/lei, che è colpa sua se tutto d’un tratto ci ritroviamo tristi e disorientati.
Si tratta di un peso davvero grande da portare, specialmente per un adolescente che ha ancora bisogno del sostegno dei suoi genitori nell’atto di costruirsi una identità da adulto. Invece di chiedere al/la figlio/a che cosa abbiamo fatto di male come genitori, potremmo dirgli/le: “Sono deluso del fatto che tu sia omosessuale, poiché si tratta di una realtà che non conosco. Sono triste, ma tu rimani il figlio / la figlia che amo. La tua omosessualità non intacca l’amore che provo per te. Affronteremo questo cammino assieme. Dammi un po di tempo per abituarmi all’idea”.
Idealmente, non bisognerebbe mai domandare al/la proprio/a figlio/a che cosa abbiamo fatto di male. Perché non parlarne ad uno specialista della salute, ad uno psicoterapeuta? Poiché il senso di colpa e la delusione che sentiamo in quanto genitori non appartengono a nostro/a figlio/a, appartiene solo a noi.
Testo originale: Qu’est-ce que j’ai fait de mal pour que mon enfant soit homosexuel?